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 2016  giugno 29 Mercoledì calendario

La strage all’aeroporto di Istanbul è stato un assalto in stile militare

Le stragi in Turchia possono avere sempre molti padri, a volte ambigui. Per la polizia i sospetti maggiori sono sull’Isis. In attesa di dettagli fissiamo alcuni punti.
Il modus operandi
Azione suicida multipla per seminare morte, la copia di quello avvenuto in marzo in Europa. Quando i terroristi dispongono della logistica sufficiente utilizzano la massima potenza di fuoco. Ovviamente per fare un alto numero di vittime, ma anche dare un carattere «militare» al loro assalto.
Il momento
La strage segue l’annuncio della normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Israele, così come le prove di disgelo turco-russe. Una fase internazionale di grande attenzione, dunque la finestra «ideale» per molte fazioni. Anche se non è detto che esista un legame diretto e i killer non sempre hanno bisogno di un pretesto.
Crisi siro-irachena
La Turchia è coinvolta nella crisi siro-irachena, in quanto muove le sue pedine e ospita gli aerei Usa che conducono i raid. Due conflitti che vedono un arretramento parziale dell’Isis, con perdite pesanti a Falluja e Manbij. Tuttavia il movimento è sempre in grado di contrattaccare e compiere manovre diversive che rendono la vita difficile agli avversari. Iniziative che comprendono atti terroristici di ampia portata nel teatro e ovunque ci sia un’opportunità (come in Yemen). L’intento è quello di destabilizzare e ribadire il suo ruolo mentre il Califfato «festeggia» il suo anniversario.
La Turchia su troppi fronti
Lo Stato Islamico ha colpito ripetutamente sfruttando la rete esistente sul territorio, con molte cellule composte da militanti pronti al suicidio. Inoltre è relativamente facile attraversare la frontiera e i turchi pagano il lassismo nei confronti di alcune formazioni estremiste. I jihadisti hanno così un doppio vantaggio: c’è un network, esistono complicità e simpatizzanti magari anche all’interno dei siti presi di mira. Al tempo stesso le autorità turche devono fare i conti con i curdi, protagonisti di attentati gravi. Un prolungamento della guerra nel Sud-Est. E con il rischio di un’estate «calda», visto che una fazione dissidente del Pkk – i Falchi – ha minacciato di prendere di mira il turismo.
Ripercussioni sulla sicurezza
Il massacro avrà nuove ripercussioni nel campo della sicurezza che vanno oltre la Turchia. Già dopo l’attentato in Belgio si è discusso come proteggere meglio gli aeroporti. Risposta non facile. Gli scali sono già dei bunker, ma ai terroristi è sufficiente agire all’esterno. Tra i taxi, vicino alle fermate delle navette e nei saloni dei check-in. È chiaro che servono nuovi filtri per tenere lontani gli «assalitori», ma dove inizia la prima linea di difesa? All’ingresso? Lungo la strada che porta all’installazione aeroportuale? Il setaccio stretto – come quello adottato con efficacia in Israele – comporta tempi d’attesa lunghi e molte risorse. Senza dimenticare che il numero dei potenziali target è drammaticamente alto.