Corriere della Sera, 26 giugno 2016
Le prime 36 ore di libertà di Rudy Guede
VITERBO Accampati davanti al carcere di «Mammagialla», oggi come nove anni fa, ci sono i fotoreporter del Telegraph e del Daily Mail : per i giornali inglesi l’interesse è immutato. «Siamo qui per la Guexit, altro che Brexit», scherzano i due inviati: cioè l’uscita (dal carcere viterbese) di Rudy Guede, 29 anni, ivoriano, l’unico condannato (dopo l’assoluzione definitiva di Amanda Knox e Raffaele Sollecito) per l’omicidio – primo novembre 2007, notte di Halloween – di Meredith Kercher, 21 anni, studentessa di Londra uccisa a Perugia ancora senza un perché.
Le sue prime 36 ore di permesso premio, dopo nove anni di detenzione. Ma alle 9 del mattino c’è già un sole accecante e Rudy Guede, appena fuori dal cancello, in jeans e camicia bianca, sembra indugiare. In mano ha una busta rossa in cui ha infilato il suo pigiama per una notte. Barcolla al centro del piazzale deserto, mentre la truppa dei media muove verso di lui. «Temevo di svenire – racconterà più tardi agli operatori della casa d’accoglienza “Gavac” dov’è stato assegnato agli arresti domiciliari – perché ho visto il sole per la prima volta grande e pieno sopra di me. Ho avuto paura anche ad attraversare la strada, ma è stato bello tuffarsi nella realtà...». Già. Quella realtà che per Mez, però, svanì in un lampo, tradita secondo i giudici proprio dall’amico di cui più si fidava.
Guede è stato condannato nel 2007 a 16 anni per concorso in omicidio e violenza sessuale: ma ha un senso parlare di concorso dopo l’assoluzione di Amanda e Raffaele? Se lo chiedono gli avvocati romani Tommaso Pietrocarlo e Monica Grossi, che stanno preparando l’istanza al Tribunale di Firenze per chiedere, agli inizi di luglio, la revisione del processo. Il permesso dell’ivoriano scadrà questa sera alle 21 e il ragazzo ha così tanta paura di rovinare tutto che ha già chiesto al suo amico e portavoce italiano, il giornalista Daniele Camilli, di accompagnarlo in carcere «almeno un’ora prima». Ma in 36 ore si possono fare tante cose: affacciarsi mille volte da una finestra senza sbarre, leggere tutti i messaggi dei 3.352 amici su Facebook, telefonare all’amica giornalista Rai Franca Leosini, che lo intervistò per Storie Maledette. E oggi riabbracciare la maestra perugina Ivana Tiberi, che sin da piccolo si prese cura di lui. A Daniele Camilli, invece, Rudy ha chiesto una scacchiera, un profumo e un melograno, frutto fuori stagione: l’amico ha girato mezza Tuscia, ma alla fine l’ha trovato. Quando gli operatori della casa d’accoglienza ieri notte sono andati via, gli hanno lasciato le chiavi. Una prova di fiducia, malgrado tutto.
Il tribunale di sorveglianza di Roma ha concesso in appello questo permesso premio a Guede perché lui negli anni avrebbe mostrato una «positiva evoluzione personologica». Una decisione però in netto contrasto con il parere espresso in precedenza dai colleghi viterbesi, che ritengono invece la pericolosità di Rudy ancora «non cessata» in virtù della «mancata assunzione di responsabilità in ordine ai gravissimi reati commessi».
Il 16 luglio la commissione dell’università di Roma Tre entrerà in carcere per sancire la sua laurea triennale in Storia contemporanea con tesi sui mezzi d’informazione di massa. «Che con lui in passato non sono certo andati per il sottile: negro, ladro, stupratore...», chiosa amaro il criminologo Claudio Mariani, coordinatore del gruppo nato per sostenere l’innocenza dell’ivoriano. «Nessun rancore per Amanda e Raffaele – giura il ragazzo, fine pena 1 settembre 2021, salvo sorprese —. Ma sogno anch’io un giorno di poter vivere da uomo libero. In Italia». I genitori di Meredith, però, tramite l’avvocato italiano Carlo Dalla Vedova, hanno già manifestato il loro disappunto per il permesso accordatogli. I sogni di Mez sono stati spezzati.