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 2016  giugno 25 Sabato calendario

Il boom degli scambi sulle Borse oscure

Un vero e proprio botto. Ieri, nella giornata tra le più nere per le Borse europee, le dark pools sono salite in cattedra. Gli scambi nelle “piscine oscure”, a livello di mercato cash azionario, hanno toccato livelli record. Il loro controvalore, secondo Bats Europe, si è assestato a 12,6 miliardi. Vale a dire una quota di mercato, rispetto ai principali listini del Vecchio continente, pari a circa il 10 per cento.
Il numero, a ben vedere, è realmente impressionante. Basta pensare che, seppure queste piattaforme oscure hanno acquisito nel tempo sempre più importanza, il valore medio dei loro scambi negli ultimi 5 giorni è stato intorno a 3,3 miliardi. Insomma, le dark pools sono entrate in orbita.
Ciò detto viene da chiedersi: per quali motivi? Una delle principali cause, indicate dagli esperti, è legata proprio al crollo dei listini. Le Borse oscure, è noto, sono piattaforme elettroniche di scambio che, grazie a specifiche deroghe previste dalla normativa, consentono di operare senza dare informazioni sulle compravendite.
In tal senso vengono sfruttate dagli investitori istituzionali quali, ad esempio, i fondi pensione. Questi, nel momento in cui vogliono vendere o comprare una grande quota di titoli, temono l’impatto del mercato sull’operazione stessa. L’entità della compravendita, infatti, può indurre un rialzo, o ribasso, sull’asset interessato. Con il che il grande investitore si troverebbe in difficoltà. Ecco quindi l’esigenza di ricorrere al listino “oscuro”.
Ebbene, nel momento in cui le Borse ieri tracollavano, è probabile che molti abbiano voluto operare nelle dark pools. Proprio per tentare di ridurre l’impatto dell’ondata di vendite.
Al di là di questa considerazione, però,la dinamica oscura mostrata ieri dai mercati non è comunque un bel segnale.
In primis perchè, da qualunque parte la si giri, siamo di fronte all’espansione di piattaforme opache. Di mercati poco trasparenti che non contribuiscono alla stabilità della finanza. E, poi, perchè la grande maggioranza delle società che gestiscono questi listini sono (guarda caso) anglosassoni. Hanno la sede in quella Londra che ha deciso di abbandonare l’Unione Europea.
Una condizione che, rispetto ad esempio all’introduzione della nuova Mifid, prevista per l’inizio del 2018, pone diversi problemi. «In effetti – spiega Anna Kunkl, partner di Bee consulting – il tema dell’applicazione della normativa esiste.» È ben vero che gli intermediari dell’Unione europea «rimangono assoggettati alle nuove regole. E, tuttavia, le società di gestioni delle dark pools potrebbero» trovarsi in una situazione di inaspettata ulteriore deregolamentazione.
Una condizione che, a fronte dell’attuale drammatico contesto, è meglio evitare.