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 2016  giugno 23 Giovedì calendario

«L’Euro è fallito. Stiglitz sarà pure antipatico ma ha ragione». Ne è convinto anche Antonio Fazio, l’ex governatore della Banca d’Italia

L’euro è una istituzione fallita. La tesi è del premio Nobel per l’Economia Joseph Stiglitz. Ma da ieri la sottoscrive anche uno dei più autorevoli economisti italiani, Antonio Fazio, ex governatore della Banca d’Italia. Con toni felpati, ma con decisa convinzione, che si fonda su grafici e numeri di questi anni. Lo ha fatto ieri, in una delle sue rarissime uscite pubbliche di questi anni: una conferenza a braccio sull’economia europea, organizzata dalla Fondazione Formiche e dal team di comunicazione strategica SPIN, coordinato da Andrea Camaiora. Non aveva testo scritto, l’ex governatore, ma sapeva bene cosa voleva dire. Su due grandi fallimenti europei: la moneta unica e la vigilanza unica. L’occasione per dire quel che pensa dell’euro utilizzando le parole altrui è venuta appunto dalla citazione di Stiglitz. Il premio Nobel, ha ricordato Fazio, una settimana fa ha scritto un articolo contro la Brexit, «sostenendo che era da scongiurare, perché il “remain” è un bene per il Regno Unito, per l’Unione europea e per il mondo. È indubbio che quello che fa bene all’Ue fa bene al mondo. L’economia Usa vale 18 mila miliardi di dollari. Quella dell’area dell’euro 11 mila miliardi di dollari. Quella mondiale è circa 75-80 mila miliardi di dollari, e la Cina è un poco inferiore all’area dell’euro. La Germania pesa per 4 mila miliardi di dollari, l’Italia per 2 mila». Fazio a quel punto ha affondato sulla moneta unica: «Stigliz che dice queste cose sulla Brexit dice però anche che l’euro è una istituzione fallita. Lo conosco, come persona è antipatica. Ma gli hanno dato un premio Nobel per l’Economia, e bisogna sentire quel che dice».
Ed ecco i numeri, che secondo Fazio spiegano il fallimento dell’euro. «Fra il 2005 e il 2015 l’Italia è decresciuta del 5%», ha raccontato l’ex governatore, «la Germania è cresciuta del 15%, la Francia di circa il 9% e l’area dell’euro è cresciuta del 7.5-8%. In Italia il valore aggiunto dell’industria è circa il 20-22% del pil, e fra il 2005 e il 2015 la produzione industriale è caduta del 25%. Venticinque per venti fa cinque. Quindi la caduta del Pil è quella della produzione industriale. In 10 anni un quarto dell’industria italiana è andata a farsi benedire grazie al cambio e in presenza di provvedimenti che avrebbero dovuto stabilizzare l’euro. Il risanamento italiano oltretutto è stato fatto non pagando i debiti: la cosa più dannosa che può fare uno Stato. Anche in Germania inizialmente c’è stata una caduta, però poi si sono ripresi. Quindi c’è qualcosa nel meccanismo che non va». Il meccanismo: le regole dell’euro. «Stigliz», ha chiosato Fazio, «prima di dare certi giudizi ci pensa. E dice che l’euro è una istituzione fallita. O si fanno delle revisioni profonde, o è finita».
Che cosa ha provocato quel ko della moneta unica? Il comportamento di Germania e Olanda. Sentite qui. «La fluttuazione del cambio dell’euro prima che fosse stabilizzata ha messo ko quasi tutte le economie. Meno due : la Germania e l’Olanda, che hanno un surplus commerciale enorme». Un tempo li avresti costretti a rivalutare la moneta, ora non è più possibile. Ma come hanno costruito questo sbilanciamento dell’Europa Germania e Olanda? Così, prosegue la lezione dell’economista italiano: «Nel 2000 eravamo tutti in equilibrio. Gli Stati Uniti negli ultimi 12 mesi hanno un deficit della bilancia dei pagamenti di 434 miliardi di dollari. La Cina ha un surplus di 293 miliardi. E la Germania un surplus di poco inferiore, che è l’8% del prodotto interno lordo. Se all’interno di uno stesso sistema c’è una parte dei partecipanti costretta a restare in equilibrio con i conti con l’estero e a ridurre la spesa pubblica e una parte invece sta in forte surplus, questa assorbe il risparmio dal resto e non lo rimette in circolo, creando deflazione. Il surplus della bilancia dei pagamenti di Germania e Olanda (10% del Pil) con la Commissione che obbliga gli altri paesi a stare in equilibrio, crea deflazione. La deflazione da noi crea prezzi che si riducono e forte disoccupazione: in Grecia e in Spagna la disoccupazione è del 23-24%. In Italia pare che sia il 12%, ma in effetti è più alta perché c’è un altro milione-milione e mezzo di persone che sono scoraggiate e non cercano più: sono disoccupati anche quelli». Soluzione, a parte abbandonare la moneta unica? Secondo Fazio ancora c’è. Ma non ha molte strade. Una è «prendere quei 300 miliardi di surplus della Germania ogni anno e fare investimenti. Non necessariamente deve finanziarli la stessa Germania. Quando questa proposta è stata fatta alla Ue, alcuni commissari si sono alzati dicendo: “Non abbiamo i soldi”. Ma questi ragionano come il bottegaio: non hanno i soldi nel cassetto? Non sanno come si forma il risparmio in economia? Comunque quei soldi servono, sono gli unici che possono salvare l’euro». La seconda soluzione che Fazio vede per tenere in piedi l’euro è «una sorta di nuovo piano Marshall».

Ad aggravare l’architettura dell’euro secondo Fazio c’è anche l’attuale conformazione della Bce. E in particolare l’idea di centralizzare lì la vigilanza bancaria, cosa che non era prevista dai trattati. Un errore, spiega Fazio, perché «la vigilanza deve stare vicino ai vigilati. La vigilanza è preventiva e al massimo concomitante. Oggi si ha la sensazione che sia diventata solo successiva. Ma questa non è vigilanza, che deve indirizzare. Negli Usa la vigilanza mica la fa la Riserva Federale, ma le 12 riserve locali. Quando ero Governatore avevamo 90 direttori in 90 province e quando non andava qualcosa, quelli lo sentivano e segnalavano subito. Oggi mi sembra che succeda con la vigilanza come per le malattie. Ti danno sempre e solo gli antibiotici, dicendo che qualcosa faranno. Nelle banche solo aumenti di capitale, aumenti di capitale, aumenti di capitale e qualcosa accadrà. Solo che i malati poi non reagiscono, diventano immuni. Ci sono altre medicine».

Chiusura della conferenza dell’ex Governatore: qualcuno sta peggio dell’euro: l’Italia. E sta peggio proprio perché ha idolatrato l’euro. Anche qui numeri alla mano: «L’Italia ha una perdita di competitività paurosa. Molto del progresso tecnico è legato ai nuovi investimenti, ma se non cresce la produzione industriale non si fanno investimenti, e se non si fanno investimenti non c’è progresso tecnico. In questo momento non arretra la produzione industriale. Perché? Perché licenziano e buttano fuori dal mercato quelli a più bassa produttività. Così si attua la nostra Costituzione. Una Costituzione che ora nel suo primo articolo dice che la Repubblica è fondata sull’euro. Sull’euro, non più sul lavoro».