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 2016  giugno 23 Giovedì calendario

I lavoro dei migranti vale 124 miliardi, l’8,7 del Pil

Gli immigrati come opportunità per il paese, con i dati che mettono in evidenza una realtà diversa rispetto a quella comunemente percepita. Primo elemento da mettere in evidenza è il loro contributo al pil: senza l’apporto di lavoro straniero il nostro prodotto interno lordo sarebbe stato di 124 miliardi più basso. «Sarebbe cresciuto meno negli anni di espansione e caduto di più durante la crisi». Il dato 2015 è appunto che il contributo diretto del lavoro degli stranieri in Italia è stato di 124 miliardi, l’8,7 del pil. Era 98 miliardi nel 2008, pari al 6,5 del pil. Tra il 1998 e il 2007 il lavoro straniero ha innalzato la crescita di 3,9 punti (dal 10,5 al 14,4%) ed ha frenato la crisi di tre punti (da -10,3 a -7,3) dal 2008 al 2015.
È quanto emerge dal rapporto del Centro studi di Confindustria, presentato ieri, dal titolo esplicito: “Immigrati, da emergenza a opportunità”. Solo il 14% degli italiani, ha detto il direttore, Luca Paolazzi, citando una ricerca Isfol, ritiene che l’immigrazione sia un bene per la nostra economia. L’indagine ha puntato a rispondere ad una serie di domande: se c’è un’invasione di immigrati, se rubano il lavoro agli italiani, se scavano un buco nei conti dello Stato, perché e come promuovere la loro integrazione, quanti e quali immigrati attrarre.
L’invasione non c’è, ha spiegato Francesca Mazzolari, che ha curato il rapporto insieme a Paolazzi: gli immigrati in Italia sono 5,8 milioni di persone, il 9,7% della popolazione totale. In crescita certamente rispetto ai 2,1 milioni del 2000, ma comunque in una percentuale inferiore rispetto al 14,9% della Germania, al 12,7 della Spagna e al 10,3% della media europea. Dai paesi extra Ue arriva il 60,1% degli stranieri che sono in Italia (erano il 91,9 prima dell’allargamento ad Est), più della metà è venuto per lavorare. L’immigrazione irregolare ammonta a meno di 300mila persone, il 6% dell’immigrazione totale.
Gli immigrati non ci rubano il lavoro, perché si concentrano sulle fasce di occupazione non qualificata, perchè in genere sono poco istruiti e anche quando hanno una laurea tendono a svolgere lavori poco qualificati e meno remunerati. Rappresentano il 10,6% del totale degli occupati, con punte del 39,9% nei servizi collettivi e personale, il 18,7% negli alberghi e ristoranti, 16,8% nelle costruzioni e 15,8% in agricoltura.
Gli immigrati, aggiunge il Csc, alimentano il progresso economico, garantiscono la sostenibilità del nostro welfare, ci salvano dal calo demografico». Non è nemmeno vero che siano un costo per lo Stato, come viene comunemente percepito: gli studi indicano che nell’aggregato l’impatto dell’immigrazione sulla finanza pubblica italiana è positivo: 12 miliardi di euro (dato 2009).
Sono i nuovi immigrati per ragioni umanitarie ad essere un «importante costo per lo Stato». La spesa per soccorsi in mare, accoglienza, sanità, è passata da 828 milioni nel 2011 a 2,6 miliardi nel 2015 ed è stimata a 3,3 nel 2016. «Per questo la flessibilità di bilancio accordata dalla Ue non può essere limitata all’incremento della spesa da un anno all’altro», ha detto Paolazzi.
L’importante è promuovere l’integrazione, come sostiene il Csc e come è emerso dal dibattito cui hanno partecipato Francesco Fasani dell’Università londinese Queen Mary, Stephane Jaquemet, rappresentante Unhcr per il Sud Europa, Andrea Tomat, presidente Lotto Sport Italia ed ex presidente degli industriali di Treviso. Secondo il Csc la politica dell’immigrazione in Italia va modificata prevedendo una programmazione di medio periodo e aggiustamenti annuali ex post sulla base dell’effettiva domanda di lavoro. La lista di occupazione deve poter essere ampliata in modo flessibile, per via amministrativa. A livello europeo bisogna appoggiare la proposta della Commissione per semplificare la concessione della Blue Card. Inoltre occorre finanziare, anche con l’emissione di obbligazioni europee, la proposta del governo italiano (Migration Compact) che prevede il sostegno economico per i paesi che controllano il flusso in uscita e reprimono il traffico illegale di migranti.