La Stampa, 23 giugno 2016
«Il Ministro cospirava contro gli indipendentisti». Rajoy e lo scandalo delle intercettazioni a quattro giorni dal voto
Se qualcuno in Spagna si annoiava, ecco la scossa: nastri rubati, indagini sui rivali politici e polemiche durissime. La campagna elettorale ha vissuto ieri la sua giornata più tesa, allontanando le ipotesi di larghe intese.
A quattro giorni dalle elezioni sono spuntate le intercettazioni ambientali del ministro degli Interni, Jorge Fernández Díaz che in un colloquio con il capo dell’agenzia antifrode catalana, si affanna nella ricerca di prove che incastrino i politici indipendentisti di Barcellona. Le registrazioni audio dell’incontro sono state pubblicate dal quotidiano online «Publico», accendendo una campagna elettorale finora sottotono.
«Il presidente sa tutto»
La riunione tra il ministro e il capo degli ispettori è avvenuta quasi due anni fa, alla vigilia della consulta catalana sull’indipendenza (illegale, secondo il tribunale costituzionale). Daniel De Alfoso, capo dell’agenzia antifrode, si presenta a Madrid con una serie di vaghi pettegolezzi contro i familiari del leader della sinistra repubblicana, Oriol Junqueras e di Francesc Homs, del partito Convergencia. Il ministro replica: «Queste cose dovrebbero finire in tribunale. Parlo io con la procura». E poi altre decine di frasi poco opportune, tra cui un presunto riferimento a Rajoy, «il presidente sa tutto».
Fernández Díaz, esponente del Partito Popolare, già accusato di indagini faziose in passato, deve affrontare una situazione imbarazzante per almeno due motivi: aver utilizzato gli strumenti investigativi per fabbricare scandali contro gli avversari ed essersi fatto registrare nel suo ufficio al ministero degli Interni. Il premier Mariano Rajoy, «una manovra elettoralistica», ma nel Partito Popolare, finora in testa nei sondaggi, ieri è scoppiato il panico. Il ministro non si dimette (tecnicamente sarebbe complicato): «La cospirazione è contro di me».
Il giallo
Parallelamente alla polemica politica, si è aperto il giallo: chi ha registrato le frasi del ministro? Chi ha fornito al giornale gli audio nelle ultime ore della campagna elettorale? Essendo in due in quella stanza, il primo sospettato è stato Daniel De Alfonso, il quale però nega, spostando le accuse su qualche collaboratore del ministro. Le opposizioni chiedono le dimissioni di Fernández Díaz. «Mi vergogno ad avere un ministro così», dice il segretario socialista Pedro Sánchez. «Invece di proteggere i cittadini, si impegna contro gli avversari», dice Pablo Iglesias, leader di Podemos. Duro anche il presidente del movimento centrista Ciudadanos che commenta: «Una cosa degna del regime venezuelano».
Le reazioni più indignate arrivano dalla Catalogna, specie dai settori indipendentisti. «Le strutture dello Stato vengono utilizzate contro di noi», dice il vicepresidente della Generalitat, Oriol Junqueras, uno degli obiettivi delle presunte trame del ministro. Il presidente catalano, Carles Puigdemont, parla di «Gal mediatici», un riferimento agli squadroni paramilitari utilizzati contro l’Eta. Il suo predecessore, Artur Mas, individua nel governo spagnolo dei «tic franchisti». Da lunedì bisognerà mettersi intorno a un tavolo, le premesse non sono un granché.