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 2016  giugno 23 Giovedì calendario

«Battere la Spagna non è impossibile». Parola di Roberto Donadoni

Donadoni, tutto partì da quella sera in cui le tolsero la panchina della Nazionale perché eravate stati eliminati ai rigori, ai quarti di finale dell’Europeo: Vienna, 22 giugno 2008.
«Non sono un grande esperto di statistica, ma in effetti da quel passaggio in semifinale, contro di noi, mi pare che gli spagnoli qualcosa abbiano vinto».
Due Europei e nel mezzo un Mondiale.
«Gli spagnoli sono stati i più continui nelle vittorie, in questo periodo, e si sono messi sullo stesso piano di Italia, Germania e Francia. Tecnicamente lo erano anche prima: mancava soltanto quell’ultimo passo, che ti porta nella storia».
Forse, però, l’apice è già lontano: il 4-0 della finale di Euro 2012, massimo grado dell’allergia azzurra alla Spagna.
«La partita di Kiev fu condizionata da una serie di episodi sfavorevoli alla Nazionale di Prandelli».
Persi Xavi e Puyol, con Casillas ai margini e Iniesta invecchiato, non è cominciato il declino spagnolo?
«Non mi sembra. Magari avranno perso e perderanno qualche giocatore per via dell’anagrafe. Però a me pare che i ricambi all’altezza li abbiano, eccome».
La sconfitta con la Croazia li ridimensiona.
«Se Sergio Ramos avesse segnato il rigore, credo che avrebbero vinto. Il discorso, semmai, è un altro: se affronti la Spagna in maniera timorosa, prima o poi il modo di farti gol lo troverà sempre. Se invece la attacchi e la tieni sotto pressione, qualcosa ti concede».
Non sarà semplicemente che le squadre di club dominano le coppe europee, mentre la Nazionale è in fase calante?
«Alcuni tra i giocatori più forti del mondo, come Cristiano Ronaldo, Bale, Messi e Neymar, sono nella Liga, non tutti. Parecchi stanno in Inghilterra e in Germania. Questo dimostra che il calcio spagnolo conserva un notevole valore medio e che loro sono stati bravi ad alimentarlo. Comunque la Spagna non è imbattibile».
La differenza di talento, rispetto alla Nazionale italiana, resta evidente.
«Ma possiamo farcela, tirando fuori caratteristiche diverse: lo spirito di gruppo, l’organizzazione. Se non hai la stessa qualità di palleggio, attingi ad altre componenti».
Alla tattica, che Conte inculca alla squadra dall’inizio del ritiro a Coverciano?
«Una componente non basta mai. Tatticamente bisogna tenerli lontani il più possibile dalla nostra porta, attaccandoli non scriteriatamente».
Che cosa le è piaciuto, finora, di questa Italia?
«La prima partita mi è piaciuta molto, la seconda meno. Nella terza è stato giusto cambiare, per dare a tutti la possibilità di mettersi in mostra e per tenere tutti sul pezzo, uniti».
Giaccherini, suo giocatore al Bologna, è un protagonista.
«Mi auguro che possa esserlo ancora, ha la carica giusta. Ci siamo messaggiati, gli ho fatto i complimenti per il gol di classe al Belgio».
Lei rimpiange di non avere avuto qualcuno dei campioni di allora, quella famosa sera del 2008 a Vienna?
«L’ho archiviata. Mancavano Pirlo, Gattuso e Cannavaro, ma facemmo una partita assolutamente all’altezza».
Ma è vero che lei poteva tornare, da ct del dopo Conte?
«Poteva succedere e la stima del presidente della Figc Tavecchio mi ha fatto piacere. Ma è sfumata la possibilità e io sono più che convinto di portare avanti un progetto di prospettiva col Bologna».
Il compito di Ventura ct è complicato: c’è sempre la Spagna di mezzo, sulla strada verso il Mondiale.
«Molto dipenderà anche da questo Europeo e dalla basi sulle quali partirà il nuovo ciclo».
Conte, in questo biennio, ha denunciato gli stessi problemi che lei mise in luce e che Prandelli ribadì.
«Significa che i ct passano, ma che nel calcio italiano cambia un po’ pochino».
Se l’Italia uscisse agli ottavi, sarebbe la fotografia dello stato del movimento calcistico?
«È presto per le conclusioni. Passare il primo turno era necessario, adesso tutto può accadere. Il livello delle avversarie, nell’eliminazione diretta, si alza. Ma battere la Spagna non è impossibile».