Corriere della Sera, 23 giugno 2016
Il debutto di Virginia Raggi in mezzo a Boschi, Bindi, Alfano & Co.
Sul cartoncino d’invito c’è scritto: «Celebrazione giubilare per le donne e per gli uomini impegnati nelle istituzioni pubbliche». Nel cortile della Pontificia Università Lateranense auto blu blindate in coda, agenti di scorta che scendono e aprono sportelli, inchini, baciamano e alti prelati – chicchissimi nei loro abiti tagliati da sarti con il gusto per la spalla a «camicia» – che fanno strada. «Signor ministro... prego, di là».
Peeeee! Peeeee!
Cos’è questo clacson a trombetta?
Il gruppone dei fotografi e dei cameraman ondeggia. Ci voltiamo tutti. Chi c’è in quella minuscola macchina elettrica?
Sì, ragazzi: c’è lei. È arrivata.
Eccola Virginia Raggi mentre scende da una Renault Twizy (guidata, spiegano i routiniers del Campidoglio, da Daniele Frongia, che della Raggi potrebbe presto diventare capo di gabinetto). Eccola che viene avanti con il sorriso che conoscete, fermo e indecifrabile anche in questo pomeriggio in cui deve tenersi addosso due emozioni diverse e mai provate: la fascia tricolore, che ora infila per la sua prima uscita pubblica (è stata proclamata sindaco un’ora fa); e la notizia che la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per indagare su alcuni compensi ricevuti dalla Asl di Civitavecchia e che avrebbe omesso di denunciare.
Le piovono un po’ di domande.
Lei risponde con tono monocorde.
«Come mi sento? Sono onorata di poter servire la mia città». «Volete sapere quali saranno i nostri primi atti? Quelli che ci hanno chiesto i cittadini... Quindi vogliamo incidere immediatamente sulla mobilità, sul decoro, sulla trasparenza... e comunque vogliamo anche agire sul debito, come abbiamo sempre detto di voler fare».
Basta, è anche troppo. La prendono sotto al braccio, l’allontanano in modo sbrigativo. Così bisogna andarla ad aspettare nell’androne dell’aula magna (la cosa divertente, in queste situazioni, a Roma, e sia pure in Vaticano, è che basta indossare una giacca blu e tutti ti lasciano passare, convinti di trovarsi davanti o a un poliziotto in borghese o a un politico).
Sindaco, che peccato.
«Che peccato cosa?».
Un giorno così bello sporcato dalla notizia che la Procura...
«È solo un atto dovuto».
Intanto, però, c’è un fascicolo.
«Sono tranquilla, mi creda».
Ma perché lei quelle consulenze non le ha dichiarate?
«Sono tranquilla».
Va su, sale la scalinata larga ed entra nell’aula magna. Le va incontro monsignor Enrico Dal Covolo, il rettore della Pontificia Università.
«Mia cara... Che felicità... Che bello...».
Raggi: «Grazie, padre...» (con il sorriso di prima).
«Ma lo sa che noi abbiamo un amico in comune?».
«Ah sì?».
«Sì, il dentista! Ma ci pensa?».
La Raggi non replica e si congeda con una stretta di mano formale. La stessa con cui saluta, poco dopo, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Poi, va a sedersi. Le hanno riservato un posto in seconda fila, sul lato destro: giusto davanti all’ingresso.
Ed è lì che sta, seduta e sola con la sua grossa fascia tricolore, quando cominciano ad entrare molti rappresentanti del governo. Entra il ministro Maria Elena Boschi, e si ignorano. Entra il ministro Angelino Alfano, e pure lui tira diritto. Entra il ministro Stefania Giannini e, con passo deciso, va a salutare Alfano. La Raggi sempre lì, immobile e come se fosse trasparente (si sono avvicinate solo un paio di consigliere comunali grilline e le hanno chiesto un selfie).
Fotografi furibondi. «Ma te pare che questi del governo nun la salutano? Boh».
Arrivano l’ex sindaco Gianni Alemanno, il presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, Stefano Fassina, il presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro Marianna Madia. Che si siede, con la coda dell’occhio scorge la Raggi e allora si alza e, sfoggiando disinvoltura, va a salutarla. Sì, lei va. La Raggi allunga la mano e rimette su il suo sorriso.
Iniziano i canti, seguono le orazioni.
Un’ora scarsa.
Poi, in processione, tutti si trasferiscono nella Basilica di San Giovanni: per attraversare la Porta Santa ed assistere alla messa.
Raggi: molto attenta a restare defilata, ben distante e distinta dai rappresentanti del governo (nel frattempo, Boschi e Alfano, trovandosela davanti, a un metro, l’hanno salutata: notata freddezza reciproca). Cammina accanto alla Bindi. Maurizio Gasparri, poco avanti. Ma quando la Bindi arriva al primo banco e fa per sedersi, la Raggi è già seduta. Ha l’aria di una che pensa: il più, è fatto.
E invece no. Perché da dietro una colonna compaiono quelli del cerimoniale. «Prego, sindaco... dovrebbe spostarsi».
Accanto alla Boschi.
Da non crederci.
Proprio accanto alla Boschi la fanno sedere.
Virginia Raggi guarda fisso verso l’altare. Poi, improvvisamente, prende la borsa e se la mette, letteralmente, sopra le scarpe. Coprendo scarpe e tacchi.
La messa può iniziare.