Il Sole 24 Ore, 21 giugno 2016
«Schiereremo quattro battaglioni in Polonia e nei Baltici». Stoltenberg e le prossime mosse della Nato
L’ufficio del segretario generale della Nato, nella periferia di Bruxelles, è decorato in particolare da due quadri. Il primo è una grande cartina del mondo, nella quale gli alleati dell’organizzazione militare sono segnati in colore nero. L’altro è una fotografia dell’isola di Utøya, nella quale Anders Behring Breivik uccise 69 persone nel luglio del 2011. Dagli anni 70, Jens Stoltenberg è un regolare partecipante delle manifestazioni che il Partito laburista norvegese organizza annualmente nella regione di Tyrifjorden. I due quadri sono simbolici delle storiche minacce che la Nato è chiamata ad affrontare: l’instabilità internazionale e il terrorismo politico.
A ridosso del prossimo vertice dell’organizzazione militare fondata nel 1949, che si terrà a Varsavia l’ 8 e 9 luglio, il 57enne ex premier norvegese ha concesso una intervista a un gruppo di giornali europei. Spiega perché la Nato ha deciso un rafforzamento della sua presenza a Est; respinge eventuali responsabilità in una nuova corsa agli armamenti; tratteggia quale potrebbe essere il ruolo dell’organizzazione nel Mediterraneo centrale; ammette che l’eventuale uscita del Regno Unito dall’Unione europea potrebbe indebolire l’Alleanza atlantica.
A Varsavia, annuncerete ufficialmente lo schieramento di quattro battaglioni in Polonia e nei paesi baltici. Lei considera che con queste misure avete raggiunto il limite di quanto è considerato accettabile dall’Accordo costitutivo Nato-Russia, che esclude «dislocazioni permanenti di considerevoli forze di combattimento» nella regione? Oppure pensate di poter rafforzare ulteriormente la vostra presenza senza oltrepassare quanto si legge nell’accordo?
Siamo ancora ben al di sotto della definizione ragionevole di «considerevoli forze di combattimento». Questa espressione non è mai stata precisata nel dettaglio, ma se guardiamo alle discussioni del 1997, siamo ben al di sotto della definizione che fu discussa ai tempi. Le misure che abbiamo preso sono difensive, proporzionate, in linea con i nostri obblighi internazionali, compreso l’Accordo Nato-Russia. Non dimentichiamo che sono la reazione all’annessione della Crimea da parte della Russia e alla destabilizzazione della regione orientale dell’Ucraina da parte di Mosca.
Ciò detto, si tratta del più importante adattamento della Nato dalla fine della Guerra Fredda.
Sì, e del più importante rafforzamento della nostra difesa collettiva. Le misure decise in questi anni sono una risposta sia al rafforzamento della Russia a Est che all’instabilità a Sud, dal terrorismo all’emergenza rifugiati. Sono molto impressionato dal modo molto veloce in cui l’Alleanza è riuscita ad adattarsi in appena due anni: lo spiegamento dei quattro battaglioni è solo una delle misure. Tra le altre cose, abbiamo anche triplicato il numero di soldati nella Forza di risposta rapida della Nato per portarli a 40mila e creato otto piccole sedi Nato a Est. La natura multinazionale della nostra forza è un segnale per affermare che un attacco contro un alleato sarà considerato un attacco contro tutta l’Alleanza. Abbiamo anche iniziato ad aumentare la spesa per la difesa. Siamo ancora lontani dai nostri obiettivi, ma dopo molti anni di continuo declino, nel 2015 abbiamo registrato il primo piccolo aumento nella spesa per la difesa degli alleati europei e del Canada. Stime per il 2016 mostrano un ulteriore aumento.
Tornando all’Accordo tra la Nato e la Russia: ai vostri occhi potete effettuare un ulteriore rafforzamento della vostra presenza a Est senza violare l’intesa?
Continueremo a valutare la situazione. Dobbiamo essere sempre in grado di difendere tutti gli alleati. Non vogliamo uno scontro. La Guerra Fredda è storia. E vogliamo che rimanga tale. Continueremo a lavorare per una relazione più costruttiva con la Russia. Ci stiamo consultando per organizzare una nuova riunione del Consiglio Nato-Russia, anche perché sono convinto che con un aumento delle attività militari, delle esercitazioni militari e della presenza militare, vi è un aumento del rischio di incidenti. Vogliamo che le linee di comunicazione siano attive per evitare queste evenienze. Se dovessero poi accadere, vogliamo evitare che gli incidenti scappino di mano e creino situazioni pericolose. Siamo ansiosi di trovare modi per evitare forme di escalation.
A questo proposito, Lei si congratula dell’aumento della spesa in difesa. Non temete però di gettare le basi di una corsa al riarmo, complice anche il vostro rafforzamento a Est?
Dal 2000, la Russia ha triplicato la propria spesa militare. Ha usato le forze armate per modificare il tracciato delle frontiere in Europa. Sta facendo esercitazioni-lampo senza notificarle. Ha una retorica dell’intimidazione nei confronti di alcuni Paesi, come la Georgia, la Moldavia, l’Ucraina. Rispetto a questo rafforzamento militare, le nostre misure sono responsabili. Non fare nulla sarebbe stato irresponsabile. Dobbiamo concentrarci sul modo in cui difendere i nostri alleati. Lo ripeto: la nostra risposta è stata difensiva e proporzionata. Nessuno aveva mai parlato di un rafforzamento della Nato a Est prima dei fatti ucraini. Peraltro, i quattro battaglioni nei Baltici e in Polonia si traducono in una presenza militare limitata. Non vogliamo provocare, ma prevenire un conflitto. Siamo convinti che una difesa più forte, una deterrenza più forte, l’unità e la solidarietà della Nato sono il modo migliore per prevenire un conflitto. Siamo trasparenti su quanto facciamo. Qualsiasi contromisura russa sarebbe ingiustificata.
E dal canto suo, la Russia sta rispettando l’Accordo costitutivo con la Nato?
No. Non lo sta rispettando perché Mosca non ha rispettato l’integrità territoriale dei Paesi della regione. Lo abbiamo visto in Georgia e in Ucraina.
Oltre a Est, la Nato è anche presente a Sud, nell’Egeo. Come sta andando la missione decisa in febbraio per meglio contrastare contro i flussi migratori irregolari? Quale è il valore aggiunto della Nato?
La nostra missione è nata nel giro di 48 ore su iniziativa della Germania, della Grecia e della Turchia. Ha due capitoli. Da un lato, la Nato raccoglie informazioni pratiche che vengono trasmesse a Frontex, e alle autorità greche e turche. Dall’altro, offre una piattaforma per consentire una cooperazione tra la Grecia e la Turchia. L’operazione sta avendo successo, contribuendo a un netto calo degli arrivi di migranti.
Quali sono le prospettive del vostro coinvolgimento anche nel Mediterraneo centrale?
Abbiamo chiesto ai nostri esperti di valutare se e come rafforzare la nostra presenza. Stiamo trasformando la missione Active Endeavour, che esiste dal 2001, in una operazione più ampia di sicurezza marittima, con la capacità di lottare contro le minacce terroristiche. Stiamo anche valutando come rafforzare col nostro apporto la missione europea Sophia (al largo delle coste libiche, ndr). Qualche giorno fa il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha votato una risoluzione che adotta l’embargo di armi nei confronti della Libia. Stiamo studiando come eventualmente collaborare all’embargo.
A questo proposito, come sta evolvendo la collaborazione con l’Unione europea?
C’è un nuovo impulso nella cooperazione, a cominciare da quanto potremo fare insieme nel Mediterraneo centrale. Tra le altre cose, le minacce ibride hanno offuscato le frontiere tra minacce militari e minacce non militari. Né la Nato, né l’Unione hanno tutti gli strumenti necessari per far loro fronte, e quindi la collaborazione è importante.
In questi giorni, il futuro del Regno Unito è in bilico: il Paese deve decidere il 23 giugno se uscire o meno dall’Unione europea. È una questione che la preoccupa?
Tocca al popolo britannico decidere se rimanere o lasciare l’Unione. Io posso dire ciò che conta per la Nato. Una Gran Bretagna forte in una Europa forte è bene per la Gran Bretagna e per la Nato. L’unità e la stabilità sono importanti come mai in passato, in un contesto di sfide per la sicurezza senza precedenti a Sud e a Est. Non abbiamo bisogno di una Europa frammentata, che aggiunga imprevedibilità e instabilità. Ciò non aiuterebbe la nostra sicurezza. La Gran Bretagna è il primo fornitore di truppe in Europa, e il secondo Paese a spendere di più per la difesa dopo gli Stati Uniti. Il Regno Unito è importante sia per l’Unione europea sia per l’Alleanza atlantica.
Un’ultima domanda. Spesso lei afferma che la Nato è composta da 28 democrazie. Vi sono derive nazionaliste in alcuni Paesi, dubbi in particolare sulla Turchia. È ancora l’alleato fedele che è stato per tanti anni?
La Turchia è l’alleato più colpito dalla crisi in Siria e in Iraq. Ospita tre milioni di rifugiati, ha subìto numerosi attentati, è attaccata con missili provenienti dalla Siria. Al tempo stesso, la Nato ha valori propri: lo stato di diritto, le libertà individuali, valori a cui io personalmente attribuisco molta importanza. Ho sottolineato questo aspetto nei miei colloqui ad Ankara.
E anche a Varsavia...?
A Varsavia, ad Ankara e in numerose altre capitali.