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 2016  giugno 21 Martedì calendario

Se la Gran Bretagna se ne va, l’export italiano rischia di perdere 1,7 miliardi

Brexit o Bremain, sul fronte dell’export, per l’Italia non sono proprio la stessa. 
L’esito del referendum britannico di dopodomani – se la scelta dovesse essere di ammainare la “Union Jack” dal perimetro della Ue – potrebbe avere conseguenze pesanti anche sulle vendite di “Made in Italy” oltremanica.
A fare i conti e proiezioni è la Sace, che rielaborando in chiave “micro” lo scenario macroeconomico proposto da Oxford Economics, ha sviluppato delle previsioni per l’export italiano in caso di vittoria del “leave” (cioè l’addio alla Ue). 
«Nel nostro ultimo rapporto – ha spiegato Alessandro Terzulli, chief economist di Sace – prevediamo una crescita media annua dell’export italiano verso il Regno Unito del 5,5% nel periodo 2017-19, ipotizzando una vittoria del ”remain” nel referendum di giovedì. Ma in caso di uscita della Gran Bretagna, l’effetto sarebbe in due tempi: nel 2016 la Brexit si tradurrebbe in una minore crescita per l’export italiano verso Londra di circa 1-2 punti percentuali nel 2016 (pari a 200-500 milioni di euro in meno beni esportati). Nel 2017 l’impatto sarebbe maggiore con una contrazione del 3-7%, tra i 600 milioni e gli 1,7 miliardi di euro in meno». 
Un impatto inizialmente contenuto perchè subito, modalità e tempi di uscita, sarebbero tutti da definire, che diverrebbe più importante però l’anno prossimo. 
I settori più penalizzati – sempre secondo Sace – meccanica strumentale e mezzi di trasporto, che pagherebbero il dazio maggiore. Nel 2016 la flessione potrebbe essere tra 100 e 200 milioni. Ma nel 2017,la contrazione dei beni di investimento potrebbe andare dal -10% al -18 per cento. Un calo di fiducia degli investitori britannici che si innesterebbe sulla riduzione degli investimenti esteri oltremanica.
Al contrario, le vendite di alimentari, vino e tessile – aciclici per definizione e destinati a un segmento di consumatori che risentirebbe meno di un’eventuale crisi – non subirebbero, almeno nel breve periodo, variazioni negative. Anzi, il 2017 potrebbe pure portare a un rimbalzo.
Il Regno Unito è, in ogni caso, un mercato molto rilevante per l’export italiano, la qualità dei beni richiesti e le opportunità (elevate).
Nel 2015 il nostro interscambio commerciale è stato pari a 33,1 miliardi di euro, in aumento del 5,9% rispetto al 2014, con un saldo positivo per l’Italia di quasi 12 miliardi. Il nostro export – pari a 22,5 miliardi – è aumentato del 7,4% sul 2014. Se il Regno Unito resterà nella Ue, la crescita media annua potrebbe restare comunque sopra il 5 per cento.
Il 16,8% di tutto l’export italiano è dato dalla meccanica strumentale. In particolare, pompe e compressori, macchine per sollevamento e movimentazione, rubinetti e valvole, impianti di refrigerazione e ventilazione. Il 14% è costituito da mezzi di trasporto e il 10,1% da alimentari e bevande. Anche noi acquistiamo di più da Londra (+2,8% rispetto al 2014, per lo più mezzi di trasporto e prodotti chimici). 
Segno di un legame a doppia mandata che se Brexit non può spezzare certamente può inceppare.