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 2016  giugno 21 Martedì calendario

Il Sud America sta cambiando, dal populismo alle marce di protesta contro la corruzione

Il mondo non sta interpretando nel modo corretto i cambiamenti che stanno avvenendo in America Latina. Si sono diffuse in particolare tre idee, che pur avendo qualche fondamento reale non rispecchiano adeguatamente quello che sta succedendo nella regione.
1. “L’AMERICA LATINA HA RIPUDIATO LA SINISTRA E HA DATO UNA SVOLTA A DESTRA”
Non è così. Gli elettori latinoamericani non hanno subito una profonda mutazione ideologica, hanno subito una profonda delusione economica. I governi di sinistra che hanno governato la regione dall’inizio del XXI secolo hanno potuto fare affidamento sul denaro generato dagli alti prezzi internazionali delle materie prime che esportano per stimolare massicciamente i consumi. E questo, ovviamente, li ha resi popolari. Quando il valore delle esportazioni è diminuito, e di conseguenza è diminuita la capacità del Governo di continuare a finanziare i consumi, il sostegno popolare a quei regimi è venuto meno: la famiglia Kirchner ha cessato di governare l’Argentina e il loro candidato ha perso le elezioni; in Brasile, Dilma Rousseff è fuori gioco e Lula ha perso prestigio; in Venezuela, il successore di Hugo Chávez, Nicolás Maduro, deve gestire una catastrofe economica e politica senza precedenti; in Perù, il prossimo presidente sarà Pedro Pablo Kuczynski, un imprenditore; in Bolivia, Evo Morales è stato sconfitto nel suo tentativo di cambiare la Costituzione per puntare a un nuovo mandato presidenziale.
Ma queste classi dirigenti «di sinistra», ora rimosse dal potere, non rimarranno fuori dai giochi in eterno. Gli aggiustamenti di politica economica che i nuovi Governi della regione si vedranno costretti a fare saranno impopolari e creeranno opportunità per quei politici capaci di capitalizzare la nostalgia per i bei tempi di Chávez, Kirchner e Lula.
2. “È FINITO IL POPULISMO”
No. La propensione dei politici a dire quello che gli elettori vogliono sentire è eterna. È una pratica di sinistra e di destra, di laici e religiosi, di verdi e industrialisti. Nessun politico si può permettere il lusso di disdegnarla e questa è la ragione per cui il populismo esiste ovunque, dagli Stati Uniti al Sudafrica. Il populismo si trasforma in un problema quando i politici perdono qualsiasi ritegno nel proporre cose che sanno di non poter mantenere, nel promuovere seduzioni politiche che nella pratica sono nocive o nel lanciare iniziative che dividono la società. E naturalmente, un problema ancora più grande della disonestà di certi politici populisti è l’ingenuità dei milioni di seguaci che credono alle loro allettanti menzogne.
L’abbondanza economica che ha vissuto l’America Latina all’inizio di questo secolo ha consentito al populismo “di sempre” di trasformarsi in “superpopulismo”, raggiungendo i livelli inediti osservati nel Venezuela di Chávez e nell’Argentina dei Kirchner. È questo populismo sfrenato che è finito. Non perché la gente non creda più nelle idee, sbagliate ma attraenti, promosse dai populisti, ma perché non ci sono più soldi per finanziarle, e dunque tornerà il populismo “normale”.
3. “L’AMERICA LATINA STA FINALMENTE LOTTANDO CONTRO LA CORRUZIONE”
In parte sì. Però… È indubbio che la defenestrazione politica della presidentessa del Brasile ha molto a che vedere con il gigantesco scandalo di corruzione consumatosi durante il suo Governo e quello del suo predecessore, Lula Da Silva. Anche il presidente del Guatemala è stato destituito e ora è in carcere con l’accusa di corruzione. In Messico, il Governo di Enrique Peña Nieto è fortemente debilitato dagli scandali che vedono implicati molti dei suoi esponenti principali. Anche Michelle Bachelet, in Cile, è stata colpita da uno scandalo che ha coinvolto suo figlio e sua nuora. In Argentina, l’ex presidentessa Cristina Fernández e personaggi della sua cerchia più stretta devono far fronte a gravi accuse.
Le grandi marce di protesta contro la corruzione sono diventate comuni in molti Paesi dell’America Latina. Il ripudio popolare nei confronti della corruzione è servito come leva a nuovi protagonisti che stanno facendo la differenza in questa lotta: giudici e procuratori coraggiosi che combattono con successo i corrotti, anche quelli che sembravano intoccabili per il potere politico o economico che detenevano.
Questa nuova intolleranza verso la corruzione è benvenuta, così come i successi dei giudici «caccia- corrotti». Ma bisogna fare attenzione: la lotta contro la corruzione non deve dipendere dalla buona volontà o dal coraggio degli individui, ma dall’esistenza di istituzioni e regole che disincentivino la corruzione, eliminino l’impunità e aumentino la trasparenza negli atti di Governo. Pubblicare su internet i bilanci pubblici e consentire che tutti sappiano come viene speso il denaro dello Stato, ridurre il numero di decisioni discrezionali che possono prendere i funzionari pubblici o sviluppare una cornice legale efficiente e affidabile sono esempi di modi più seri per lottare contro la corruzione, invece di scommettere sull’apparizione di un presidente onesto o di un giudice coraggioso.