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 2016  giugno 18 Sabato calendario

La marcia di riavvicinamento fra Bernie Sanders e Hillary Clinton è cominciata

  La marcia di riavvicinamento fra Bernie Sanders e Hillary Clinton è cominciata, anche se manca ancora l’appoggio formale del senatore del Vermont per l’ex segretario di Stato, proprio mentre Trump inizia a perdere colpi nei sondaggi. Un rilevamento nazionale di Bloomberg arriva a darlo indietro di 12 punti, mentre continuano ad alzarsi le voci dei dissidenti nel suo Partito repubblicano, come l’ex vice di Colin Powell Richard Armitage, che ha promesso di votare Hillary se Donald sarà il candidato del Gop.
Nei giorni scorsi Sanders aveva incontrato Clinton, e ieri ha tenuto un discorso di 23 minuti in cui non ha dato ancora il suo sostegno ufficiale, ma ha chiarito che non pensa più di contestare la sua nomination: «Il principale compito politico che avremo nei prossimi cinque mesi – ha dichiarato – è assicurare che Donald Trump venga sconfitto, e sconfitto malamente. Io intendo cominciare personalmente il mio ruolo in questo processo in un periodo di tempo molto breve». Nello stesso tempo, però, Bernie ha aggiunto: «Sconfiggere Trump non può essere il nostro unico obiettivo. Noi dobbiamo continuare lo sforzo di base per fare dell’America il Paese che sappiamo può diventare».
La traduzione è abbastanza chiara. Se la priorità di Sanders è sconfiggere Trump, l’unica maniera per centrare questo obiettivo è aiutare Clinton a vincere. Quindi è logico aspettarsi che Bernie a breve annuncerà la fine della sua campagna, comincerà a fare comizi per Hillary, e inviterà i suoi sostenitori delle primarie a votare per lei, o comunque non abboccare alle lusinghe di Donald. La ragione per cui questo passo non è stato ufficializzato è che il negoziato sulle contropartite è ancora in corso. Sanders non si aspetta e non vuole la nomina a vice presidente, perché pensa di poter essere più influente con un ruolo di leadership nel Senato, soprattutto se i democratici ne riprenderanno la maggioranza. Però vuole influenzare il programma del Partito alla Convention di Philadelphia, cambiare alcune regole come quella sul ruolo dei superdelegati nelle primarie, e fare fuori la presidentessa democratica Debbie Wasserman che lo ha osteggiato. Nel frattempo l’ala sinistra che lui rappresenta sta già convergendo su Hillary, come dimostra la visita fatta ieri al suo quartier generale di Brooklyn dalla senatrice Warren, considerata tra i possibili vice, e comunque ormai schierata con Clinton contro Trump, che la chiama «Pocahontas» perché avrebbe mentito sulle sue origini indiane. 
Questo processo di unificazione avviene mentre Trump inizia a perdere colpi nei sondaggi. A parte quello di Bloomberg, forse esagerato, anche l’ultimo rilevamento nazionale della Cbs lo vende indietro di 6 punti. La sua reazione alla strage di Orlando evidentemente non è piaciuta, e lo Speaker Ryan, anche se lo appoggia, ha detto che gli farebbe causa se da Presidente bandisse davvero i musulmani dagli Usa. Nel Partito repubblicano sta rialzando la testa chi vorrebbe non candidarlo alla Convention di Cleveland, ma lui risponde che la sua campagna non è nemmeno cominciata e alla fine schiaccerà Hillary.