la Repubblica, 18 giugno 2016
«Non so quanto ballerò ancora. Non mi pongo la domanda. Vivo la libertà dell’oggi invece della paura del domani. In amore mi sento più libera di quand’ero giovane». Parola di Alessandra Ferri
Può un simbolo di freschezza come la Giulietta shakespeariana avere cinquantatré anni e contare su un giovane e aitante Romeo, prodigo di slanci atletici e abbracci appassionati? Sì che può, almeno nel caso di Alessandra Ferri, una delle massime icone del balletto internazionale, oggi più che mai sovrana del proprio itinerario. Star carismatica e dall’indole tenace, Alessandra è convinta che l’età, anche o soprattutto per una donna, non sia altro che «un atteggiamento, un’angolatura dello sguardo, una maniera di sentirsi nella vita al di là di forzature sociali». Ma aggiunge che «solo la piena consapevolezza del cambiamento ci fa comprendere quel che possiamo ottenere da noi stesse, anche una volta approdate alla cinquantina. Discorso che tocca sia la danza che l’amore». La sua intesa col 35enne argentino Herman Cornejo, Principal Dancer dell’American Ballet Theatre, riveste un ruolo forte in tale prospettiva. Artista d’intenso appeal, bruno e focoso, oltre che sorretto da una tecnica di danza mozzafiato, Herman confessa di vivere il suo incontro con la Ferri come «un’esperienza assoluta». Il loro affiatamento in palcoscenico ricorda la leggendaria partnership tra Margot Fonteyn e Rudolf Nureyev, la cui sintonia non si fece turbare da una distanza di quasi vent’anni.
Tutto ebbe inizio col balletto “Chéri”, montato a Broadway nel 2014 da Martha Clarke e successivamente visto anche in Italia. Ispirato all’omonimo romanzo di Colette, narra il ciclone di “amour fou” che lega il seducente ragazzo Chéri alla matura e spregiudicata Léa. Lo spettacolo segnò il “coup de foudre” fra due artisti di età ed esperienze diverse, rimescolando le carte fra danza e vita, «perché la mia vita dipinge i personaggi e viceversa», riferisce Alessandra, «nella magia di un reiterato gioco degli specchi». Da allora la coppia Ferri-Cornejo è inseparabile.
«C’è chi pensa che stare accanto a una persona più giovane metta una donna in una posizione fragile e insicura, ma non è così», sostiene Alessandra. «Se hai più esperienza hai anche più risposte. Il nostro rapporto, nato e cresciuto sulla condivisione dell’arte, si nutre di un alternarsi continuo di forza e vulnerabilità, stati d’animo che viaggiano in tutte e due le direzioni». Sarà Herman a interpretare Romeo, insieme ad Alessandra come Giulietta, il 23 giugno al Metropolitan Opera di New York, in occasione dell’attesissima recita celebrativa del balletto shakespeariano presentato nella versione coreografica di riferimento di Kenneth McMillan, autore inglese di cui la Ferri fu l’ultima musa. L’evento si preannuncia accolto da un trionfale sold out: il pubblico newyorkese sta facendo follie per accaparrarsi i costosissimi biglietti, addirittura messi all’asta. «L’invito è giunto dall’American Ballet Theatre, compagnia dove sono stata a lungo prima ballerina», racconta Ferri. «Ero perplessa, titubante, ci ho pensato su. Poi ho detto a me stessa: il personaggio di Giulietta ti appartiene nel profondo, è una vita che lo balli; e allora vai e divertiti».
Reduce dalla vittoria, qualche mese fa, dell’Olivier Award, il maggiore riconoscimento inglese per le arti sceniche, conferitole a Londra per “Oustanding Achievement in Dance”, la Ferri a metà luglio sarà ad Amburgo per vestire i panni di Eleonora Duse nel balletto sulla mitica attrice italiana che l’anno scorso ha montato a misura del suo charme il grande coreografo John Neumeier. Ancora a Londra, nel gennaio prossimo, la diva che non teme l’avanzata del tem- po riprenderà con il Royal Ballet, compagnia che la lanciò nel mondo quando aveva diciannove anni, la parte di Virginia Woolf in “Woolf Works”, premiatissimo lavoro (meriterà pure una versione filmata) dedicatole da Wayne McGregor, coreografo britannico più che mai sull’onda: «Fantastico che in quest’epoca della mia vita ci siano autori geniali pronti a modellare ruoli apposta per me», esulta Alessandra, avvertendo di aver scoperto «che i limiti non esistono, se non come una convenzione dalla quale si può decidere di affrancarsi».
Il trascorrere degli anni non è forse un confine e un condizionamento? «Certo, il mio rapporto con il tempo si è modificato. Ma solo nel senso che non penso al futuro né riguardo alla mia vita personale né rispetto a quella artistica. Non so quanto ballerò ancora. Non mi pongo la domanda. Vivo la libertà dell’oggi invece della paura del domani. In amore mi sento più libera di quand’ero giovane. Libertà di testa, di scelte, di coraggio, di essere chi sono e come sono adesso. A cinquant’anni puoi ballare, e amare, con la bellezza e l’entusiasmo che possiede questa fase. Naturalmente lo devi volere molto, tenendo a mente che le cose non sono facili come a venticinque. Tutto dipende da dove ti focalizzi e a quale risultato punti. Sei tu a formare il presente».
Nel 2007, a 44 anni, sposata con il celebre fotografo Fabrizio Ferri e divenuta madre di due figlie, Alessandra aveva dato il suo addio alle scene: «Quel tipo di carriera era concluso. Non riuscivo più a identificarmi con la mia arte. Ero perseguitata dal timore del confronto con una me stessa più giovane. Perciò dovevo smettere». In seguito è arrivato il divorzio dal marito, «dopo quindici anni di amore meraviglioso: distacco traumatico e inatteso. Ma poi, piano piano, ho preso atto di una metamorfosi. Basta con il riflettersi nell’amore di un uomo. Basta col terrore di essere sola. Spaventati dalla solitudine, noi accettiamo troppi compromessi. Quando ho imparato a stare bene con me stessa, la mia anima, o forse il mio cuore, mi ha chiesto di tornare a danzare. Però in un modo diverso dal passato e con obiettivi differenti. Fuori dalla prigione del dover essere o apparire a tutti i costi giovane. D’altra parte ho l’impressione che il mondo cominci a essere stufo di questo giogo».
Il suo ritorno alle scene è stato salutato da un successo dietro l’altro, e lo scalpore suscitato dalla renaissance ha trasformato Alessandra in un vessillo del fascino che può avere una cinquantenne. Al punto che la nota catena Boots l’ha scelta come testimonial della sua linea cosmetica Number 7, destinata alle signore mature. I poster con la sua immagine guizzante e principesca, e le sue pubblicità in televisione, hanno invaso l’Inghilterra e altri 26 paesi, mentre il video in cui Ferri sembra ballare con una se stessa diciannovenne conquista migliaia di fan su Youtube: «Credo di essere diventata l’emblema di un certo modo di affrontare la vita. Quando mi proposero questa campagna risposi che avrei accettato a una condizione: dire la verità. Non volevo diffondere un messaggio falso o gonfiato. Mi hanno persuasa facendomi sperimentare il nuovo siero e ho scoperto una serie di prodotti favolosi per la pelle. “I am ready for more”, dichiaro nello spot. Sono pronta ad avere di più».
Proprio come nella realtà? «Esatto. Penso davvero che le nostre possibilità siano infinite: spetta a noi scovarle. È meraviglioso che si possa cambiare fino all’ultimo giorno in cui si è vivi».