la Repubblica, 20 giugno 2016
Trent’anni fa la Mano de Dios segnò il gol argentino all’Inghilterra. Così Maradona si vendicò per le Malvinas
Un gol di rapina, da ribelle, violando le regole, un gol di bellezza, ristabilendo le regole, il più forte che si beve i più deboli. C’è sempre un trucco, un tocco sbagliato che però alla fine si rivela giusto, una manina buttata lì, che diventa un pugno che sfonda il cielo, seguito da uno slalom, una fuga tra gli ostacoli, come una poesia che scappa, nelle classifiche del mondo. Era il 22 giugno ‘86, quarti di finale mondiali, il sole scottava a Città del Messico, a volte le Waterloo hanno altre geografie e secondi tempi micidiali. Era il 51’, Peter Shilton, portiere dell’Inghilterra, era alto 1,85, Diego Maradona, fuoriclasse dell’Argentina, era venti centimetri di meno. Eppure il nano si arrangiò e il gigante si sfaldò. Diego Armando fregò tutti: l’arbitro, il calcio, la storia. E nella leggenda rimase «la mano de Dios». Quattro anni prima l’Inghilterra aveva vinto la guerra per le isole che lei chiamava Falkland, ma che per l’Argentina erano le Malvinas. Diego Armando vendicò quella sconfitta segnando di mano, in maniera irregolare, da Houdini. Dispiace scomodare Soriano, ma ci vuole, e lui disse: «Alle volte immagino di dividere le cose tra quelle umane e quelle sovrumane. Borges e Cervantes avevano qualcosa di indefinibile che li poneva al di là, ed è per questo che perdoniamo loro un sacco di cose. Maradona è così, non è di questo mondo». Alla fregatura del secolo, seguì il gol del secolo. Un grande non può fare cose meschine. Quelle sono solo un espediente. E infatti cinque minuti dopo il piccoletto ne scartò cinque, ne sedette sei, vinse una partita, pareggiò una guerra, sorprese un secolo. In dieci secondi, quindici tocchi, sessanta metri, scavalcò e ridicolizzò 179 anni di saggi difensori inglesi, capitanati dalla Thatcher. Shilton, portiere, ingannato dall’ultima finta, non voleva crederci e si mise a battere i pugni sul prato. Non sapeva ancora che lo aspettava l’etichetta «left behind». Il telecronista inglese, un po’ tonto, non capì che l’arte è una forma di inganno e disse all’inizio che Maradona gli sembrava «rickety». Traballante, come no.
Burruchaga, numero 7, corse accanto a Diego per fare la sponda, ma subito si scostò, perché capì che il sicario non era stanco, né bisognoso di aiuto. La palla rimase buona buona, attaccata ai piedi di Diego come un bimbo col padre sull’ottovolante, e ci rimase male quando finì banalmente in porta, perché Diego non aveva più niente e nessuno da scartare. In sei minuti le Falkland tornarono Malvinas, due gol fecero più di un esercito, l’Argentina non era più desaparecida. Quel sinistro buttato lì in corsa, prima di ruzzolare, riscattò la storia, invecchiò un’epoca, ringiovanì il futuro.
Emanuela Audisio
***
In quella partita non ci fu soltanto la “Mano de Dios”, ci fu anche la “Nuca de Dios”, scherza oggi Julio Olarticoechea, ricordando la sfida nello stadio Azteca di Città del Messico tra Inghilterra e Argentina, il 22 giugno del 1986. Fu la partita, vinta 2 a 1 dall’Argentina, che incoronò Maradona come il più grande calciatore di tutti i tempi, il quarto di finale che spianò la strada alla vittoria del Mondiale. Giocato appena quattro anni dopo l’umiliazione nazionale della sconfitta nella guerra per le isole Falkland/Malvinas, persa da Buenos Aires contro l’Armata navale britannica di Margaret Thatcher.
«Sapevamo» racconta Olarticoechea, «che quella partita dovevamo vincerla a tutti i costi, altrimenti non saremmo potuti tornare a casa. Era in tutti noi vivissimo il ricordo dei ragazzi mandati a morire dai generali della dittatura militare con la folle idea di riconquistare con le armi le Malvinas, l’affondamento del Belgrano (323 morti), l’idea di tornare a casa anche noi sconfitti dagli inglesi ci terrorizzava. Alla vigilia per molti di noi fu quasi impossibile riuscire a dormire. Ricordo che la giocammo come se fosse una finale, battuta l’Inghilterra vincere quel Mondiale fu una passeggiata».
Che cos’è la “Nuca de Dios”?
«Il salvataggio sulla linea della nostra porta al 42’ del secondo tempo. Lo feci io per miracolo colpendo la palla con la nuca e anticipando Lineker. Vincevamo 2 a 1 e sarebbe stato il loro pareggio a tre minuti dalla fine. Ancora oggi, quando ci incontriamo, i compagni che giocarono con me quella partita mi accarezzano dolcemente la nuca. Senza quel colpo incredibile sul cross di Brown dalla sinistra che evitò il secondo gol degli inglesi chissà come sarebbe finita».
Vi accorgeste subito che Maradona al 5° minuto del secondo tempo aveva segnato un gol irregolare colpendo la palla davanti a Shilton con la mano?
«No, lo giuro. Io non me ne resi conto. Avevo iniziato io a centrocampo quell’azione ma ero una decina di metri dietro quando vidi la palla saltare il portiere inglese e finire nella porta. Certo, ho avuto una sensazione strana pensando a come avesse fatto Maradona a battere Shilton in uscita visto che è molto più basso di lui. Ma poi ho visto Diego che festeggiava e il guardalinee, il bulgaro Bogdan Dotchev, che correva verso il centro del campo».
È vero che era già successo in allenamento?
«Diego è piccolo e sui cross in area di testa non ci arriva quasi mai. A volte, in allenamento, quando segnava su un cross tutti ridevamo dicendo che lo aveva fatto colpendo la palla con la mano alzata. E spesso era proprio così».
Chi inventò il termine “Mano de Dios”?
«Se non ricordo male fu un giornalista argentino dell’Ansa. Negli spogliatoi dopo la partita tutti chiedevano a Diego come avesse segnato il primo gol e lui rispondeva “Non lo so”. Così, quasi rassegnato, il giornalista dell’Ansa disse “Allora sarà stata la mano di Dio” e lui voltandosi disse: “Sarà stata”. Da quel momento “la mano de Dios” fece il giro del mondo».
Oggi Jorge Valdano, che giocò con lei quella partita, pensa che se Maradona avesse confessato subito di aver segnato un gol irregolare, l’Argentina sarebbe un Paese migliore.
«Io penso che fu semplicemente l’istinto. Sono episodi che in una partita possono succedere. È come quando un difensore ha il gesto d’istinto di fermare con la mano una palla diretta in porta. Sa che è rigore se l’arbitro lo vede ma è l’istinto che lo fa agire. D’altra parte con il secondo gol meraviglioso che fece dribblando tutta la difesa inglese, Maradona pareggiò i conti».
Potrebbe ancora succedere con tutte le telecamere che ci sono in campo oggi?
«Finché non verrà sdoganata la moviola e non sarà possibile rivedere subito una azione contestata, accadrà».
È vero che eravate rimasti senza magliette e quelle per la partita contro l’Inghilterra vennero comprate il giorno prima a Città del Messico?
«Sì è vero. Non avevamo più magliette per giocare. Quelle della partita con l’Inghilterra oggi sono da collezione, introvabili, anche perché lo stemma dell’Argentina sul petto è diverso dagli altri, non è quello ufficiale».
Quando foste sicuri che avreste vinto il Mondiale in Messico?
«Dopo la partita con l’Inghilterra. C’era una magia in tutto quello che accadeva e sapevamo che nulla avrebbe potuto più fermarci»”.
Perché l’Argentina non ha più vinto un Mondiale da allora?
«Perché per vincere un Mondiale si devono allineare i pianeti e succede di rado».
Omero Ciai