L’Espresso, 17 giugno 2016
Cosa è successo in Consob?
Partiamo da un esempio. Il capo dei vigili urbani riceve una denuncia non circostanziata in cui si afferma che i suoi agenti obbligano le automobili a viaggiare a 30 all’ora, in una strada dove il limite sarebbe a 70. Che cosa dovrebbe fare? La logica vorrebbe che il comandante chiami l’autore della denuncia per capire che concretezza abbiano le accuse. E poi, una volta effettuate le verifiche, faccia partire un’indagine per scovare gli eventuali responsabili.
Che cosa è successo in Consob, invece, nella primavera 2011? Anche qui, in ballo c’era un rischio. Non la velocità eccessiva ma quello dei prodotti destinati ai risparmiatori, i cui rischi dovevano essere ben esplicitati, perché andavano in mano alle famiglie, non solo a investitori qualificati. Il 28 marzo l’Assonime, la lobby delle società di capitali, scrive a Giuseppe Vegas, presidente dell’autorità che vigila sui mercati e sul risparmio. La lettera è lunga undici pagine e contiene una serie di proposte che l’Assonime avanza in vista della revisione delle regole sulla tutela degli investitori. Gli argomenti sono vari e il tono elevato. Nelle due pagine introduttive, le uniche firmate da Stefano Micossi, presidente di Assonime, si chiede alla Consob di semplificare le normative per la raccolta di capitale precisando che «l’adozione di regole meno dettagliate non implica un’attenuazione dei livelli di protezione dei risparmiatori, soprattutto se l’attività di supervisione dell’autorità di vigilanza risulti non solo rigorosa ma anche veloce e trasparente nelle istruttorie».
Nelle restanti nove pagine, quelle con le proposte specifiche, c’è però un passaggio che balza subito agli occhi. Perché è una denuncia. Riguarda gli “scenari probabilistici”, un metodo di rappresentazione molto efficace dei rischi di un prodotto finanziario, che due anni prima la Consob aveva raccomandato di inserire nei prospetti informativi destinati ai risparmiatori (i lettori ne trovano un esempio a pagina 32, relativo a un bond della Popolare di Vicenza). Scrive l’Assonime, che agli scenari è contraria: «Benché la raccomandazione finale non sia stata ancora emanata, la Consob già richiede che tali informazioni vengano incluse nei prospetti come condizione per accelerarne l’approvazione». Accelerare? La Consob fa dunque dei favori a qualche emittente di titoli?
Lasciate stare il fatto che, con queste pressioni, la Consob si sarebbe comportata un po’ come i vigili dell’esempio, imponendo dei vincoli ancora più stringenti per tutelare il risparmio. Sarebbe stato esattamente come vietare di superare i 30 all’ora quando i limiti da codice della strada direbbero invece 70. L’accusa di favoritismi resta grave, anche se arriva dalla lobby dei soggetti vigilati dalla Consob, che in teoria avrebbero ogni interesse a indebolirne i controlli. E come reagisce Vegas? Lo ha spiegato lui stesso, rispondendo il 7 giugno scorso alla conduttrice della trasmissione “Report”, Milena Gabanelli, che due giorni prima ne aveva chieste le dimissioni. Con la lettera, ha scritto Vegas, l’Assonime «stava evocando l’ipotesi che gli uffici tenessero una condotta non corretta, in quanto non in linea con la normativa di riferimento». Per cui «il presidente si è doverosamente attivato di conseguenza, tramite la direzione generale, per far luce sulla segnalazione».
Quali prove ha prodotto Assonime per dimostrare il comportamento scorretto? Non si sa. E Vegas, se mai ha ottenuto queste prove, ha preso dei provvedimenti disciplinari nei confronti dei suoi dipendenti scorretti? Anche questo non si sa. Interpellata in merito da “l’Espresso”, la Consob ha risposto di «non avere aggiunte da fare» rispetto alla nota mandata a “Report”. Quel che è noto, dunque, è soltanto il contenuto delle rassicurazioni fornite a Vegas il 3 maggio 2011 nella lettera mostrata in televisione, firmata da un dirigente dell’autorità e mandata in onda dalla trasmissione della Rai: «A prescindere da qualsiasi valutazione in merito all’opportunità, gli uffici (della Consob stessa, ndr) inviteranno gli emittenti a non inserire le informazioni sugli scenari di probabilità nel prospetto e ne richiederanno l’eliminazione nel caso in cui il prospetto dovesse comunque riportare per autonoma iniziativa del proponente».
È questo il documento che ha scatenato l’ondata di polemiche che ha travolto Vegas e la sua gestione della Consob. A condire il contenuto, c’è anche la firma posta in calce: Claudio Salini, responsabile della divisione emittenti della Consob, poi promosso segretario generale, infine nel 2013 passato alla presidenza della Banca Federico Del Vecchio, una controllata della Popolare dell’Etruria. Un nome, quello dell’istituto toscano, che ovviamente ha finito per gonfiare le critiche, visto che l’Etruria è una delle quattro banche che il governo è stato costretto a salvare alla fine del 2015, con la procedura del bail-in. Un’operazione che di fatto ha bruciato i risparmi che migliaia di clienti avevano investito negli ormai famigerati “prestiti obbligazionari subordinati” delle stesse banche, collocati ovviamente senza la scheda prodotto di poche, sintetiche pagine che la Consob aveva iniziato a chiedere agli emittenti nel 2009, con gli scenari di probabilità. Chissà se i risparmiatori si sarebbero fidati lo stesso se avessero avuto in mano un dépliant di tre pagine con sopra riportate avvertenze come quelle che “l’Espresso” aveva fatto elaborare per il numero dello scorso 17 dicembre. Due esempi. Bond Banca Etruria 2013-2018: c’era una probabilità del 47,73 per cento di ritrovarsi alla scadenza dei cinque anni con un capitale inferiore ai 100 euro investiti. E, in questo caso, il capitale sarebbe stato in media solo di 28,34 euro. Bond Banca Marche 2012-2018: c’era una probabilità di perderci pari al 35,6 per cento, e di ritrovarsi alla fine con un capitale pari, in media, a soli 50,13 euro, sempre sui 100 investiti.
Nella sua difesa, Vegas ha insistito sul fatto che la Consob aveva iniziato a fare marcia indietro sugli scenari già prima della sua nomina, arrivata alla fine del 2010 su indicazione del governo di Silvio Berlusconi e del ministro dell’Economia dell’epoca, Giulio Tremonti. E ha sostenuto che dal 2012 le normative europee sono cambiate, escludendo che questo genere di informazioni possano essere incluse nei prospetti dei prodotti. Questa sua posizione, però, è stata oggetto di forti critiche, dentro e fuori il mondo politico. Salvatore Bragantini, commissario Consob dal 1996 al 2001, ha spiegato che gli scenari, anche se non danno esiti sicuri, sono gli stessi «algoritmi che le banche utilizzano per stabilire a che condizioni emettere i bond» e che, consentendo che venissero tolti, l’autorità presieduta da Vegas ha non solo «tolto un elemento di giudizio importante» per i risparmiatori, ma anche fatto gli interessi delle banche. «Le banche avevano l’esigenza di assicurarsi i finanziamenti, ma dovevano farlo rispettando le regole, invece le hanno forzate. La Consob, consentendo loro di non mettere più quegli scenari, non ha tutelato a pieno i risparmiatori», ha detto Bragantini al “Fatto quotidiano”.
Un’analisi altrettanto critica è arrivata da Vincenzo Visco, secondo il quale non è per nulla vero che le norme europee impediscono gli scenari di probabilità. Per l’ex ministro delle Finanze del governo Prodi, Vegas è caduto nella tipica trappola che minaccia le autorità di vigilanza. Il suo caso, ha detto, «in gergo si definisce cattura del vigilante da parte del vigilato. Una posizione tenuta magari anche a fin di bene, se così si può dire, per tenere conto delle condizioni dell’industria finanziaria. Però il compito della Consob non è quello di preoccuparsi della stabilità delle banche, per cui ci sono Banca d’Italia e Bce. La Consob deve assicurare la trasparenza e la tutela dei risparmiatori».
La sintesi del pensiero di Bragantini, di Visco e di numerosi altri osservatori è questa: negli anni passati alcune banche si sono accorte di avere conti traballanti. Per salvarsi, hanno piazzato prodotti ad alto rischio fra i clienti. E, per non intralciare l’operazione salvataggio, la Consob avrebbe adottato una linea più morbida sul modo di evidenziare i rischi per i risparmiatori. Accusa che ovviamente Vegas respingerebbe ma che non gli ha risparmiato le richieste di dimissioni arrivate dal viceministro all’Economia, Enrico Zanetti, e dal neo ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, considerato molto vicino al premier Matteo Renzi. Anche il Movimento 5 Stelle c’è andato giù duro, chiedendo al governo la revoca del mandato di Vegas e ipotizzando un intervento della magistratura, mentre in difesa del presidente della Consob si è schierato il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, suo ex compagno nelle file di Forza Italia.
Al di là della posizione di Vegas, per l’immediato futuro c’è però una questione che merita la massima attenzione. La Consob ha reagito alle forti critiche arrivate nei mesi passati, dopo il tracollo delle quattro banche del Centro Italia, avviando una nuova consultazione con il mercato su come scrivere i prospetti informativi. Ha pubblicato un documento, datato 9 maggio, in cui delinea quali informazioni dovranno essere fornite ai risparmiatori, sollecitando le osservazioni da parte degli interessati. Nel documento, però, ancora una volta non si parla di scenari probabilistici ma si privilegiano altre modalità. Anche se le indicazioni sono ancora provvisorie e vanno in qualche misura interpretate, “l’Espresso” ha chiesto a Nicola Benini, vicepresidente di Assofinance, associazione dei consulenti finanziari indipendenti, di elaborare la scheda sui rischi del prodotto, così come verrebbe sia con gli scenari probabilistici sia con il metodo proposto dalla Consob. L’esperimento è stato fatto con due prestiti subordinati, lanciati da Banca Etruria nel 2013 e da Popolare Vicenza a fine 2011. Per motivi di spazio è riportato nella figura qui sotto il secondo, che già mostra diversi punti d’interesse. Il primo punto è che i costi impliciti a carico del consumatore che emergono con la proposta Consob sono minori di quelli che emergono con gli scenari. Perché? Il motivo è come si calcolano i costi: con la proposta della Consob si considerano quelli dichiarati dalla banca nel prospetto; con gli scenari si tiene conto invece di quanto il titolo paga in termini di cedole rispetto ai rischi assunti dall’investitore. Se il bond della banca offre troppo poco, significa che c’è un costo occulto scaricato sul cliente. Nel caso della Vicenza la differenza è significativa ma contenuta (10,79 euro su 100 con gli scenari, 7,44 euro su 100 con la proposta Consob), per il bond dell’Etruria il gap è invece enorme. Nel prospetto, la banca toscana dichiarava infatti che non c’erano costi di emissione a carico del cliente, mentre con gli scenari era possibile stimarli in 29,82 euro, sempre su un prezzo di 100. Il secondo aspetto interessante è il grado di rischio associato al prodotto: con gli scenari è più alto, con la proposta Consob più basso (vedi scheda).
«Gli scenari probabilistici vengono costruiti attraverso un modello che elabora tutte le possibili variazioni nel rendimento di un titolo, tenendo conto sia dei rischi di mercato sia del rischio che l’emittente si dichiari insolvente», spiega Nicola Benini. «La loro forza», continua il vicepresidente di Assofinance, «è che riescono a esprimere con un grafico facilmente comprensibile a tutti le probabilità di guadagnarci o di perderci».
Tocca ora alla Consob dare un seguito al documento del 9 maggio scorso su quali informazioni fornire ai risparmiatori. E se deciderà di proseguire seguendo la linea tracciata da Vegas, senza scenari, spiegarne il motivo. Perché fra i diversi soggetti che hanno risposto alla consultazione, si dice che molti abbiano chiesto alla commissione di fare marcia indietro, tornando proprio agli scenari.