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 2016  giugno 17 Venerdì calendario

Come ha fatto Renzi a inimicarsi tutta la sinistra

Anche se lui non lo avesse detto di voler votare Virginia Raggi, il caso Massimo D’Alema segue la regola non scritta, ma vecchia come il cucco, secondo cui: il nemico del mio nemico è mio amico. E se ogni tanto si provasse a uscire dalla somma ipocrisia del qui lo penso e qui lo nego, per affrontare la realtà della vita, sarebbe da domandarsi perché mai l’ex Lìder Massimo, con tutti i difetti, dovrebbe sentirsi vincolato a una qualsiasi forma di solidarietà elettorale con l’uomo che dopo averlo rottamato e poi elevato a simbolo del male (come quel Lucifero evocato da Repubblica ma non eleggibile a Roma) oltretutto manda i suoi bravi a pretendere che faccia campagna per Roberto Giachetti (Giachetti chi?)? Che nel catalogo della superbia dalemiana sarebbe come dire Totti che porta la borsa a Manicone. Anche perché il vero nocciolo della questione si chiama Matteo Renzi, mentre la voce dal sen fuggita alla Volpe del Tavoliere è solo l’epifenomeno.
Infatti, parlando di politica e non di vendette private, tutto nasce dal clima (avvelenato) di plebiscito permanente inaugurato dal boy scout di Rignano sull’Arno. Da quando ha tracciato una linea rosso sangue sul referendum di ottobre annunciando urbi et orbi: chi non è con me è contro di me, ma se perdo giuro che torno a casa e ci resto. Ragion per cui subito il partito di chi non è con lui è andato gonfiandosi con entusiasmo unendo, bisogna riconoscerlo, tutto e il contrario di tutto poiché (va ugualmente riconosciuto), Renzi sta sulle scatole, e parecchio, a una moltitudine di esseri viventi.
E dunque capita che pur di liberarsene sia come sia, ai ballottaggi di domenica Salvini dica di votare per quei Cinque Stelle con i quali non avrebbe preso neppure un caffè. Che a Milano, Dario Fo pur di affondare il renziano Giuseppe Sala, ipotizzi di votare per il candidato del centrodestra Stefano Parisi. Che Renato Brunetta giudichi “un imbroglio” il decreto governativo che licenzia i furbetti del cartellino (comunque un passo avanti rispetto all’attuale lassismo): sì proprio quel Brunetta che da ministro voleva passarli per le armi.
In questo clima di union sacrée perfino Silvio Berlusconi se si mostra nemico del nostro nemico a Palazzo Chigi merita rispetto e umana considerazione (e non solo per l’operazione al cuore) da parte di quel vasto mondo che per un ventennio lo considerò una sorta di male assoluto. E non è tanto “il livore che si scioglie nella solidarietà” (Corriere della Sera), perché se una volta ritornato in sella l’ex Cavaliere, con una delle sue piroette, dovesse riscoprirsi Nazareno come il patto sottoscritto e poi rinnegato con Renzi (evento non impossibile), quello stesso vasto mondo tornerebbe ad augurargli le peggio cose.
Così va il mondo e, se non è un bello spettacolo di coerenza politica, lo stesso Renzi dovrebbe interrogarsi se sia stato saggio alimentare in tutti i modi questo partito del risentimento e le sue buone ragioni. Perché non si può passare il tempo a deridere ed emarginare i compagni del Pd non allineati. A occupare tutto il potere occupabile. A distribuire poltrone e prebende esclusivamente agli amici del bar dello sport, vecchi e nuovi. Tutto ciò senza che qualcuno, tra quelli che hai trattato a pesci in faccia te la faccia pagare: oggi votando Raggi e domani votando No. Per poi poter dire: Renzi chi?
Certo, quella della divisione può essere una buona strategia se hai una visione assolutista della democrazia. Ma se pure vincesse il Sì, come si potrà poi governare un Paese intossicato dalle polemiche e spaccato a metà come una mela? A D’Alema dedichiamo infine questa frase di Hermann Hesse: “Quando odiamo qualcuno, odiamo nella sua immagine qualcosa che sta dentro di noi”.