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 2016  giugno 17 Venerdì calendario

Ma su Nord Stream 2 ancora non c’è un accordo

C’è chi lo ha definito «un progetto killer» che può distruggere l’unità europea. Di sicuro Nord Stream 2 è uno dei progetti in grado di rappresentare molto bene la dis-unione tra i 28 membri dell’Ue. Nelle attese dei russi la visita di Jean-Claude Juncker dovrebbe segnare il disgelo tra Bruxelles e Mosca, e portare almeno una schiarita sul raddoppio del gasdotto del Mare del Nord. Ufficialmente Vladimir Putin e Juncker hanno parlato dei rapporti futuri, anche energetici. Nulla di più. Se e quali progressi ci siano stati sulla realizzazione della pipeline tra Russia e Germania probabilmente si saprà nei prossimi giorni. Di sicuro Juncker ha preso nota della sollecitazione formulata anche in pubblico dal vice premier russo Arkady Dvorkovich, il quale conta su una decisione della Commissione europea su Nord Stream 2 «il più presto possibile: nel giro di settimane o di qualche mese, non di un anno». È evidente che a Mosca ci sia preoccupazione per gli investimenti. Ma nell’Unione europea l’iniziativa russo-tedesca continua a sollevare molte pesanti obiezioni, di natura giuridica, ambientale ma soprattutto economica e quindi politica.
Secondo Dvorkovich, Bruxelles dovrebbe puntare a «forniture energetiche stabili, sicure, affidabili e dal prezzo ragionevole, che possono essere offerte benissimo da Gazprom». Ma è proprio questo il punto su cui la Commissione per ora non ritiene che ci siano le condizioni per dare il via libera al progetto, come ha spiegato poche settimane orsono all’Europarlamento il vicepresidente dell’esecutivo Ue, Maroš Šefcovic, con delega all’Unione per l’energia. «Così come è stato presentato finora – ha detto Šefcovic – Nord Stream 2 non rispetta le condizioni previste dalla politica energetica europea» che ha tra i principi chiave quello di diversificare le fonti di approvvigionamento, in termini di risorse naturali, di fornitori e di infrastrutture.
Al di là delle questioni legali, che comunque hanno un peso, Bruxelles e buona parte degli Stati membri (tra cui i nove dell’Europa centro-orientale che a marzo scorso hanno scritto una lettera a Juncker chiedendo di bloccare il progetto) temono effetti pesanti sul mercato interno del gas. Il progetto, infatti, essendo “chiuso” ad operatori “terzi”, rischia di vincolare l’approvvigionamento di gas ad una pericolosa dipendenza da un solo fornitore, il colosso di stato Gazprom, con effetti negativi prima di tutto sui prezzi. Il Terzo pacchetto energia entrato in vigore nel 2011 e in via di revisione, prevede che le infrastrutture di servizio debbano essere aperte all’accesso di altri operatori, proprio per evitare che si creino le premesse per una posizione dominante a danno dei consumatori.
A questi argomenti, tuttavia, non sembra molto sensibile la Germania che nei mesi scorsi ha dispiegato una energica quanto riservata operazione di lobbying anche nei palazzi delle istituzioni europee. E proprio ieri la cancelliera Angela Merkel non ha perso occasione per tentare di tenere separate le sorti del gasdotto, considerato un progetto nazionale, dalle vicende politiche che negli ultimi due anni hanno riportato indietro di qualche decennio le lancette nei rapporti con la Russia. «Nord Stream 2 è un progetto economico e dunque non è colpito dalle sanzioni» ha detto la cancelliera in occasione della visita a Berlino del primo ministro slovacco Robert Fico (la Slovacchia è uno dei paesi contrari al progetto). L’interesse del singolo paese prevale su quello dell’Unione.