Il Sole 24 Ore, 17 giugno 2016
Venezuela e Stati Uniti, prove tecniche di riavvicinamento
Venezuela e Stati Uniti, prove tecniche di riavvicinamento. I due Paesi, che negli ultimi 15 anni non hanno dissimulato la loro reciproca inimicizia, potrebbero voltare pagina. Nei prossimi giorni lanceranno un round di colloqui ad alto livello per affrontare la profonda crisi politica ed economica del Paese sudamericano.
Il segretario di Stato americano John Kerry e la ministra degli Esteri del Venezuela, Delcy Rodriguez, si sono incontrati a margine della 46esima assemblea generale dell’Osa (Organizzazione degli Stati americani) e hanno sancito un nuovo inizio di relazioni bilaterali.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro, intervenuto durante un intervento televisivo, ha dichiarato che si tratta di «una nuova fase di dialogo». Mentre Kerry ha fatto sapere che invierà diplomatici Usa di alto livello a Caracas «il prima possibile». Riavvicinamento che alcuni osservatori salutano con entusiasmo e altri interpretano come un tentativo di intromissione da parte degli americani.
La situazione economica del Venezuela è piuttosto critica: la crisi porta con sé una scarsità diffusa di beni di consumo, nei mercati e nei supermercati del Paese. A Cumanà gli assalti ai negozi si sono conclusi con 400 arresti e sei feriti; Luis Acuna, governatore dello stato di Sucre, ha dichiarato che vi sono stati due morti e 25 feriti. Tentativi di saccheggio anche a Puerto La Cruz, dove la polizia è intervenuta e ha arrestato otto persone. Nelle ultime settimane vi sono stati tre morti in Venezuela in proteste contro la scarsità di beni alimentari avvenute a Caracas, nella regione di di Tachira e a Cariaco, nello stato di Sucre.
Il riavvicinamento è avvenuto dopo che il Segretario generale dell’Osa, Luis Almagro, uruguayano, aveva esercitato pressioni politiche affinché il Venezuela accettasse di indire il referendum revocatorio (che porterebbe alla riununcia di Maduro) sollecitato dall’opposizione. Posizione rigettata dal Venezuela che ha ricordato la irritualità di questo atteggiamento.
Va ricordato che il numero delle firme raccolte dai promotori del referendum revocatorio è pari a 1,8milioni, ne sono state “approvate” 1,3 milioni. Ne bastavano 200mila.
Si apre ora una fase di trattative delicate. Maduro ha dichiarato che il referendum per revocare il suo mandato non ci sarà. La raccolta firme «è stata invalidata» dal fatto che «oltre il 30% delle firme consegnate al Consiglio Nazionale Elettorale,(Cne) sono illegali e presentano difetti», pur ammettendo che sarà il Cne a decidere sulla questione.
Le tensioni politiche dominano la scena ma il Venezuela rimane un Paese appetibile per gli investitori. Parrebbe un paradosso, in un Paese in cui la gravità della crisi istituzionale, politica ed economica non ha eguali né in America Latina né in Europa.?A dispetto di un contesto politico così deteriorato molti investitori continuano a scommettere sul Venezuela. Il motivo trainante è il recupero del prezzo del petrolio, di cui il Venezuela è grande produttore. È il Paese che ha le maggiori riserve di greggio al mondo.