la Repubblica, 17 giugno 2016
«Il Gorilla? È una persona eccezionale, ma in campo si trasforma in un maiale». Il ritratto di Chiellini fatto dagli svedesi
Il Gorilla ha un’anima feroce in campo e un’indole tenera fuori, e magari è proprio questo contrasto che spiazza gli avversari. Se l’Italia si preoccupa di Ibrahimovic, la Svezia teme non poco Giorgione Chiellini, i suoi gomiti, la sua falcata, la sua furia cieca. E il diffuso sport di denigrarlo e provocarlo questa volta l’ha praticato Albin Ekdal, che ha giocato con lui nella Juventus. «Chiellini – ha detto il centrocampista svedese – in campo sa essere un maiale, se vuole. Quando arrivai alla Juve mi trattava benissimo, quasi come un fratellino, non avevo la patente e mi scorrazzava in giro. È una persona eccezionale, ma in campo si trasforma, diventa un altro. Gli piace fare scena e influenzare gli arbitri, classica roba italiana, e poi è un cascatore. Noi dovremo provare a fare altrettanto, a mandarlo fuori dai gangheri, anche se lui non è uno sprovveduto».
Del Gorilla hanno un po’ paura anche gli azzurri, perché adesso Giorgione è il compagno buono, d’accordo, ma gli scontri in campionato con maglie diverse mica si dimenticano. «Uno dei vantaggi di quest’Europeo è che non giochiamo contro di lui, diciamo che è un osso duro», sorride Florenzi. «Se Chiellini va spesso a terra è perché gli fanno tanti falli, poi lui è un generoso, si getta sempre sul pallone», lo difende Candreva. E chissà se si sente sollevato il neobianconero Miralem Pjanic, che due anni fa assaggiò i gomiti del bianconero. In fondo, al primo Europeo, nel 2008, il livornese in ritiro azzoppò Cannavaro, anche se poi pianse dal dispiacere.
L’unico ad aver trovato buono, anzi, buonissimo Chiellini è Luis Suarez, al punto che provò a mangiarselo a Natal, in Italia- Uruguay del mondiale brasile. Ma persino l’attaccante uruguaiano, poi stangato dalla Fifa per quel morso sfuggito all’arbitro, trovò il coraggio di scaricare la colpa sul difensore: «Io ho sbagliato, ma Chiellini è irritante, uno che ti infastidisce e ti provoca durante tutta la partita». Ibra lo teme e lo cita nella sua biografia, ha messo in guardia anche John Guidetti, l’attaccante di origini italiane considerato proprio l’erede di Zlatan: il tipo che l’anno scorso affossò l’Under 21 di Di Biagio all’Europeo di categoria poi vinto dagli svedesi.
Chiellini è fra i dieci azzurri più presenti della storia: se arrivasse in finale raggiungerebbe Del Piero, e fra quelli di questa spedizione è secondo per gol segnati (6, come Pellè), alle spalle di De Rossi. Racconta Giorgione che da bambino immaginava di essere Hulk, e più o meno gli è riuscito, anche se non diventa verde di rabbia. In partita è uno da duelli acerbi, abituato a giocare col turbante, a metterci e rimetterci il nasone, operato già quattro volte in carriera. Fuori, è un dottorino appassionato di matematica e tecnologie, di Kobe Bryant e dei gialli di Allan Folsom, ha scritto un libro su Gaetano Scirea e sta per prendere la laurea specialistica in Economia e Commercio, dopo essere uscito con 109/110 dalla triennale. E poi è costantemente impegnato nel sociale. Un duro a tempo determinato, che non ha tatuaggi e non ha mai visto in vita sua Il Padrino (ci credereste?), mentre la stampa straniera lo dipinge come un brutto ceffo.
La storia del Gorilla, poi, all’inizio era solo un’esultanza, i pugni battuti contro il petto dopo un gol, adesso è un marchio e un business: il logo delle app sviluppate dalla società che ha con il suo gemello Claudio (“Twin Group”), che vanno da un gioco di calcio a un flipper, fino a quella che consente di seguire e sapere tutto del giocatore.
E la disavventura con Suarez? Ha saputo prenderne spunto: da lì è nata l’idea di un gelato e di una campagna pubblicitaria durante l’Europeo: «Non mordere».