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 2016  giugno 16 Giovedì calendario

Giovedì in Inghilterra contro Brexit, domenica in Spagna con Rajoy, a ottobre in Italia con Renzi e a novembre negli Usa con la Clinton. La dura vita di Jim Messina, il guru delle campagne elettorali

Devo chiederti un favore. Devi guidare la campagna per la mia rielezione”. “Va bene, però dovrà essere completamente diversa dalla precedente”. “Ma quella è stata buona”. “Ora è tutto diverso”. I due protagonisti del dialogo sono Barack Obama e il suo “guru”, ovvero lo stratega delle sue campagne nel 2008 e nel 2012, Jim Messina. L’episodio è raccontato in un pezzo di aprile di Revista Veintitres, settimanale argentino, in occasione dell’ingaggio di Messina da parte del presidente Mauricio Macri per migliorare la comunicazione della Casa Rosada. Nel 2008, solo una minoranza degli elettori possedeva smartphone e padroneggiava i social media. E poi nel 2012 si trattava non di promuovere un leader di rottura, ma di far rieleggere un presidente usurato da quattro anni alla Casa Bianca.
Chissà, forse memore anche di questo, Renzi ha deciso di rivolgersi a Messina per condurre la battaglia referendaria di ottobre, che arriva in un momento in cui il suo consenso è in calo costante. Messina, classe 1968, originario di Denver, nel 2013 ha fondato la sua società “The Messina Group”, con sedi a Washington, San Francisco e Londra.
Accumula un incarico dopo l’altro, tipo uomo dei miracoli. Ma in realtà ormai il suo nome è associato a battaglie quanto meno a rischio: in maniera informale ha collaborato pure alla campagna dei candidati dem per le amministrative. E ha dato il suo contributo alla campagna per il No alla Brexit. Chissà se il vento per Jim (e per i suoi clienti) è cambiato.
Lo stanziamento del Pd per Messina non è piccolo: c’è un contratto col partito (la cifra che gira – finora né confermata, né smentita – è di 100 mila euro) e uno coi gruppi parlamentari (200 mila euro in tutto, 66 mila a carico del Senato, il resto della Camera). Messina arriva da un’altra campagna vittoriosa, quella per l’elezione di David Cameron in Gran Bretagna: lo ha fatto rimontare in tutti i sondaggi (peraltro battendo il suo ex compagno di strada nell’avventura obamiana, David Axelrod, che lavorava per Miliband). Un risultato tale che è stato ingaggiato anche dallo spagnolo Mariano Rajoy, in vista delle elezioni del 26 giugno. Il suo Partito Popolare è in vantaggio, ma le ultime elezioni (lo scorso 20 dicembre) hanno sancito l’impossibilità di formare una coalizione.
Giovedì prossimo, poi, c’è il referendum sulla Brexit. Messina si è esposto anche pubblicamente: uscire dall’Europa sarebbe perdente per l’economia britannica, ha detto. E ancora. Jim lavorerà nella campagna di Hillary Clinton per la presidenza: “Non c’è nessuna chance che chi ha votato per Bernie Sanders alle primarie possa scegliere Donald Trump alle elezioni”, la sua previsione.
Il “guru” è soprattutto l’inventore di un metodo: l’uso dei big data che permette, tramite una “targetizzazione” molto precisa degli elettori, di definire al dettaglio il messaggio e di mandare a ciascuno anche materiali ad hoc. Condizioni necessarie: il possesso di dati molto raffinati, lo stanziamento di risorse imponenti (per la rielezione di Obama, spese mezzo miliardo di dollari) e l’uso di software molto sofisticati per elaborare i dati suddetti.
Metodo esportabile? Basta prendere il caso italiano. Il Pd sta lavorando per arrivare a un database almeno di 3 milioni di dati. Che però sono generici e non contengono tutte le informazioni sui gusti e le caratteristiche delle persone, come servirebbe a Messina. Senza contare che quando è arrivato il super consulente, Renzi aveva già lanciato la bomba: “O vince il sì, o me ne vado”. Lui gli ha consigliato di focalizzare la comunicazione sui contenuti. Qualche correzione si è vista. Anche se Renzi e Boschi hanno sovrapposto il loro destino a quello del Paese: “Se vince il no, ci sarà l’ingovernabilità”.
Ormai il treno del plebiscito è partito e l’impressione è che non c’è “microtargeting” che tenga, rispetto all’ondata emotiva che ha trasformato il voto di ottobre in un Sì o un No al premier. E il software? “Faremo dei fogli Excel. E manderemo tanti Whatsapp”. Al Nazareno c’è chi la vede così. Auguri, Jim.