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 2016  giugno 16 Giovedì calendario

Brexit e l’ottimismo: Andrew J. Belshaw, una voce fuori dal coro

È una voce fuori dal coro dei preoccupati e degli ansiosi quella di chi si dichiara oggi ottimista, a una manciata di giorni da uno dei più destabilizzanti rischi politici del 2016 – il referendum “Leave or Remain” sul Regno Unito nella Ue – e all’inizio di un secondo semestre dell’anno carico di incognite politiche (elezioni in Spagna e Usa, referendum italiano), economiche (crescita globale, americana e cinese) e finanziarie (andamento tassi, spread, QE). Ebbene, Andrew J. Belshaw, head of investment management di Western Asset del gruppo Legg Mason (700 miliardi di dollari circa in gestione su scala globale), lo è. È ostinatamente ottimista, nella consapevolezza che i tempi sono complessi, dominati da volatilità e instabilità, ma anche che di crisi grandissime i mercati ne hanno passate tante negli ultimi due decenni e le hanno superate tutte, perché hanno le spalle forti. Non riesce a vedere solo nero, parlando ai margini della investment conference a Londra di Legg Mason, durante la quale il co-director di Brandywine global Chen Zhao ha applaudito al cambio di passo della Federal Reserve (freno sul rialzo dei tassi che dovrebbero scendere) e della Cina che ha corretto il suo errore, avviando interventi tanto sul lato della domanda che dell’offerta. Qualcosa si muove, dunque, e nella direzione giusta. 
«La crescita in Europa potrebbe diventare la più alta del mondo», sbotta Belshaw in tono liberatorio, concedendosi solo di «escludere il rischio esogeno, ovviamente». Perché questo ottimismo? Nel caso di uscita dello UK dalla Ue, Belshaw vede principalmente un pericolo insidioso, che è quello di come finanziare il deficit delle partite correnti di un Paese «che prende troppo in prestito dall’estero». Il Regno Unito non può fare a meno degli investimenti diretti esteri, questo il suo problema dentro e fuori la Ue. Per il resto, un voto Brexit – dopo una turbolenza iniziale – non danneggerebbe il Regno Unito più di tanto, «tornerebbe sul lungo termine al suo status di lido sicuro». 
Neppure per l’Eurozona periferica, in caso di Brexit, Belshaw prevede scossoni violenti: «Lo spread BTp/Bund si allargherebbe in area 175 punti ma non si tornerebbe più indietro ai livelli del 2012, dopo il what-ever-it-takes di Mario Draghi tutto è cambiato». Brexit non spaventa perché c’è la rete di sicurezza della Bce, che molto può fare e più di quanto fatto finora. «Le banche centrali possono inondare il mercato di liquidità, comprando più bond, oppure anche azioni. Certamente la Bce non permetterà a Brexit di demolire quanto ha costruito negli ultimi due anni di politica monetaria molto accomondante. Hanno munizioni, e hanno un mandato ampio che gli consente di usarle». 
Nel suo portafoglio, in vista del voto del 23 giugno, Belshaw ha alleggerito le posizioni in corporate bond europei, non ha titoli di Stato spagnoli ma ha invece quelli italiani. «Il referendum inglese potrebbe diventare addirittura una finestra di opportunità per comprare rischio-Italia», dice sapendo di sconfinare nel campo della provocazione. «Perché no? Sono positivo sull’economia europea, la Bce ha rivisto al ribasso le sue stime, ma la crescita di sta riprendendo», incalza. «Prima c’era un problema di domanda interna, ma si sta risolvendo. E il motore si sta riavviando, partendo dalla Germania. Funziona così: la domanda interna sale in Germania e quindi aumentano le importazioni da Paesi come la Spagna e l’Italia. Questi ritrovano competitività, la fiducia delle imprese aumenta e con questa gli investimenti”. Serve più tempo. «Questo processo si è avviato 18 mesi fa – dice guardando avanti – secondo me servonoaltri 18 mesi prima che si vedano i frutti. La Bce ha fatto tantissimo e bene con Mario Draghi», insiste.
Ma i tassi negativi? Non stanno minando i bilanci delle banche europee in un’ economia che dipende per la quasi totalità dei suoi investimenti proprio dal credito bancario? Anche su questo tema scottante, Belshaw va un po’ controcorrente. «Le Tltro a tassi negativi sono uno strumento portentoso per aumentare gli impieghi – afferma con vigore – il costo del denaro nullo o addirittura sotto lo zero funziona, nel tempo, a incoraggiare famiglie e imprese a indebitarsi per investire». Il risparmio in eccesso altro non è che un rinvio dei consumi, spiega, e per questo la banca centrale con la sua politica accomodante di tassi bassi sta riportando i consumi in avanti. «Per fare questo, certamente servono i tassi negativi, Io sarei stato più aggressivo della Bce: li avrei introdotti prima, non avrei aspettato tanto, e anzi avrei mandato sotto zero il tasso di rifinanziamento principale. Questo perchè il denaro va impiegato, non parcheggiato nei depositi».
Quel che la Bce deve riuscire a portare a casa le aspettative sull’inflazione, che devono salire. Belshaw non ci sta con la deflazione importata. «L’inflazione può crescere anche attraverso i servizi, è tutta una questione di prezzi relativi. E se la Bce continua a stampare moneta, e continua a farlo in maniera aggressiva, l’inflazione aumenterà». Anche qui, è una questione di tempo. E Brexit, se dovesse andare così il referendum, secondo Belshaw diventerà una crisi che i mercati e le banche centrali saranno chiamati a gestire. Come tante in passato: «Negli ultimi 10, 20 anni, è successo di tutto: la crisi della Russia, dei mercati emergenti Latam, lo shock petrolifero con la guerra in Iraq, il subprime, la crisi del debito sovrano europeo, il referendum della Scozia. Siamo abituati: la recessione non tornerà. Ma a volte serve cadere molto in basso, con un andamento a “V”, per cancellare e ripartire».