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 2016  giugno 16 Giovedì calendario

Ibrahimovic per la Svezia, Ronaldo per il Portogallo, Bale per il Galles, quando il gruppo segue il singolo

Dietro al totem. Non è solo la tattica della Svezia che l’Italia si trova davanti domani, è proprio uno schema di questo Europeo. Ibrahimovic, Ronaldo per il Portogallo, Bale per il Galles, quando il gruppo segue il singolo: una dipendenza che non sempre spinge al massimo.
Per Zlatan l’assolo non è mai stato facile e nemmeno immediato, l’Italia è il suo punto di innesco e la sua storia in nazionale parte davvero nel 2004, con quel gol di tacco che ci ha sfregiato e ha portato lui in trionfo. Standing ovation a fine partita. Zlatan, senza codino zen da grande maestro dell’arte calcistica, si è messo al centro e non si è spostato più.
Nella rosa olimpica
Ha trainato e anche guardato perché hai voglia a sentirti superiore, serve lo stato di grazia e l’avversario giusto altrimenti da solo ti annoi. All’esordio contro l’Irlanda ha fatto la differenza, ma il pari gli va stretto e nemmeno può abbandonarsi ai soliti commenti caustici. Troppo presto, ha già liquidato la Francia così, declassata a campionato che gli va stretto, non può girare le spalle alla Svezia perché è casa sua e non è pronto al ritiro. Sta nella rosa olimpica, ancora allargata eppure indizio interessante. Un ultimo atto da fuori quota gli consentirebbe un saluto più importante. Questo Euro è un affare complicato, Ibra ci tiene anche se avrebbe voluto fare un salto a Manchester per controllare le clausole del futuro e sotto i calzettoni ufficiali si è messo i parastinchi del Psg. Dice che è qui «per vincere» ma è più che altro per farsi notare: pompa l’ego, altra caratteristica in comune con Ronaldo.
Non parla degli altri, solo di sé, «nella storia delle leggende sono un passo dietro Ali», non considera troppo l’allenatore Erik Hamren, noto più per l’eleganza in panchina che per le doti di guida. Zlatan pensa solo a Zlatan. Sa che l’Italia è il suo incrocio perfetto, il ritorno all’inizio del ciclo.
Luna di traverso
Per De Rossi Ibra «è il più forte centravanti dopo Van Basten, al pari di Ronaldo», altro monumento già con la luna di traverso. Meno incisivo di Ibra all’esordio, si è pure lasciato dietro una polemica con gli islandesi, quasi un’impresa: «Hanno festeggiato il pari come avessero vinto l’Euro, mentalità chiusa», gli hanno risposto che quello con le vedute strette è lui. Veterano dell’Europeo che non ha ancora trovato il modo di splendere con la maglia del Portogallo. Le statistiche dicono che è un faro anche lì, e se lo ripete anche da solo «Sono il miglior giocatore presente»: i risultati chiariscono che non è abbastanza. Al suo compagno di club il lavoro sembra riuscire meglio.
Bale è all’inizio, ha già portato il Galles a una qualificazione storica, ha segnato al debutto contro la Slovacchia, ha migliorato la squadra Totem. La trama è sempre dai la palla all’uomo più pagato del calcio, solo che si è evoluta. Lui salta come nessuno e allora fioccano le palle alte, lui tira punizioni pericolose e tutti le cercano. Più al servizio di Bale che dietro a Bale. Ibra non ha il tempo di plasmare il gruppo, preferisce farsi esaltare dal confronto con l’Italia, il posto dove è diventato idolo, dove è tornato per fare il pieno di autostima. Anche questa sfida è una questione privata.