16 giugno 2016
Raggi Giacchetti, ultimo confronto
Mattia Feltri per La Stampa
Dalla splendida piazza del Campidoglio, dice e ripete il conduttore. Eccola la grande novità del confronto fra i candidati: la scenografia. Bisogna inventarsi qualcosa per evitare l’effetto replica. Le buche da riempire, la spazzatura da spazzare, il debito da rinegoziare, Roma mia bella che torni bella davvero. E sennò saremmo qui – come infatti siamo – a capire che cosa farà, per il tramite del blog di Beppe Grillo, la candidata dei Cinque stelle, Virginia Raggi, in caso di avviso di garanzia. O, meglio ancora, saremmo qui – eccome se ci siamo – a ricalcolare le cubature dei casaletti di Subiaco, che sono diventati il cuore estetico di questa campagna elettorale. Per i digiuni del 730 di Roberto Giachetti, l’uomo del Pd, tutto il mondo sta cercando di capire se i casaletti siano davvero casaletti o una specie di Graceland, come denunciano i Cinque stelle. Vabbè, paiono proprio casaletti, sebbene alla notizia che Giachetti vi abbia ricavato una piscina, dalla curva del Movimento si diffonde un mugolio di orrore. Eccola la seconda trovata della regia di Sky: le curve. Un centinaio di democratici sul lato sinistro della piazza, un centinaio di grillini sul lato destro. Hanno regole d’ingaggio: si può applaudire, niente cori né tantomeno urla di disapprovazione, e se ne ricava un automatico e dunque tedioso battimani ogni sessanta secondi, il tempo a disposizione dei candidati per ciascuna risposta.
Quindi, aggiunto lo sfondo col tricolore, aggiunta un’annotazione sul disperato tentativo di rianimare il format con simpatici quiz (fantastica la cartina muta sui cui Raggi e Giachetti dovevano individuare questo o quel municipio, e quale drammatico guaio lo affliggesse, o la domanda su quale sia il percorso del 30 bis), bisognerebbe spiegare che cosa vogliono nel concreto gli sfidanti e chi dei due abbia prevalso sull’altro. Giachetti vuole le Olimpiadi, Raggi no. Giachetti pensa di regolare Uber (il taxi privato on line), Raggi vuole spazzarlo via. Giachetti conta di abbassare le tasse, Raggi pure. Giachetti vuole ripulire la città, Raggi pure. Giachetti vuole rinegoziare il debito, e stavolta lo vuole anche Raggi. E insomma, politicamente il nulla. Giachetti è un uomo competente ma gli servirà a poco. Raggi è esordiente e nervosa, ma chi se ne importerà fra gli elettori romani? Giachetti annuncia la squadra (con l’ex pm Alfonso Sabella, oltre a Livia Turco, Marco Rossi Doria, l’ex prefetto Francesco Tagliente) e Raggi no – deve ancora pensarci su – ma è un’indecisione che sposterà mezzo voto? Giachetti parla dei polsi che gli tremano per la gravosità del compito, e Raggi parla di rendicontazione e scontrini fiscali, ma sono questi tempi per il sentimentalismo della politica? Giachetti (altro momento Mike Bongiorno) vorrebbe dedicare una via di Roma a Marco Pannella e Raggi non ne ha idea, «chiederò ai cittadini», ma basteranno alcuni momenti di pochezza a domare la rabbia che agita questa tornata elettorale?
E, ancora, avrà una portata la rinnovata virilità di Giachetti che, stanco di farsi trattare come un associato a delinquere dello sfascio planetario, ha abbandonato il fair play e ci ha dato dentro, si è gagliardamente ribellato a sciocchezze sull’onestà di cui nessuno è titolare per autoproclamazione? Tutto questo piccolo show in questa grande, meravigliosa piazza disegnata da Michelangelo sposterà di un centimetro la furia cieca dei romani, che correi non si vogliono proprio considerare? Che aria tira se, andando via, uno spiritoso consiglia la cronista: «Si goda il Campidoglio, perché non lo vedrà più».
Fabrizio Roncone per il Corriere della Sera
«Oddio, non voltarti…».
«Perché? Chi c’è?».
«Porca miseria… c’è lui, Giachetti…».
«Mhmm… Fai finta di niente, dai… ma dimmi tu… manco la barba s’è fatto… stattene a casa, no?».
Due simpatizzanti grilline chinano lo sguardo e allungano il passo.
Giachetti scende dalla moto, si asciuga il sudore, posa il casco, guarda l’orologio.
Vigile urbano solerte: «Onoré, a Raggi se sta già a truccà…».
Manca mezz’ora.
Andiamo a vedere se c’è ancora gioco, partita, tra Virginia Raggi e Roberto Giachetti, salendo la stradina che in tornanti finisce sulla piazza del Campidoglio davanti a un tramonto magnifico, bello da togliere il fiato: la statua di Marc’Aurelio a cavallo, gabbiani in picchiata e il sole che va giù, sparisce tra cupole e tetti, mentre la città, sotto, agonizza strangolata dal traffico e sommersa dai rifiuti.
Organizza Sky, in diretta tv.
Hostess vestite di nero su tacchi da trapeziste legano ai polsi nastrini colorati. Gialli per i fans del M5S, rossi per quelli che il Pd ha spedito quassù, ad applaudire (o a cercare di applaudire). Cinquanta per schieramento: ma, dopo un sommario colpo d’occhio, è chiaro che i polsini sono inutili. I grillini sfoggiano una spavalderia evidente, occhiate risolute, il solito fastidio.
Lei si chiama?
«Non posso dirglielo».
Come non può: e perché?
«Meglio di no».
Ma di cosa ha paura?
«Non ho paura. Però mi hanno ordinato di non parlare con voi giornalisti. Di non rilasciare interviste. Niente, mi scusi: io devo stare zitto».
Coraggio, non faccia così: è un adulto… quanti anni ha?
«Trenta».
Ecco, bravo, si rilassi: e che lavoro fa?
«Sono avvocato. E sono anche candidato al consiglio comunale per il M5S».
Bene: allora se mi dice come si chiama, può pure farsi un po’ di pubblicità.
«Sono… Angelo».
Angelo come?
«Sturni. Sono Angelo Sturni. Ma… ma la prego, parli con il nostro capo, quel signore lì…».
Dopo, forse.
Adesso c’è la Raggi che ha concluso le operazioni di trucco nella sala del Carroccio (sempre seguita da un tipo tarchiato, che dà ordini a tutti in tono perentorio, e ancora non si capisce se davvero abbia un ruolo nel suo staff, o se piuttosto sia solo un piccolo gorilla troppo intraprendente). Comunque anche Giachetti è andato a farsi mettere un filo di fard. Così sugli appunti finisce Francesco Fornaro, 24 anni, studente iscritto al Pd (è insieme a Livia Campo, coetanea e solo simpatizzante): due facce un po’ mogie.
«I presagi sono pessimi – dice Fornaro – Giachetti è riuscito nell’impresa di arrivare al ballottaggio… chiedergli di più, sarebbe assurdo. Il partito è devastato dalle vicende di Mafia Capitale. La gente è furibonda. Roberto paga colpe non sue».
Però è stranamente sereno.
Rilassato? Dire rilassato forse è un po’ troppo: ma certo un Giachetti così forse non s’era mai visto in questa campagna elettorale. Ha ritmo, è ironico quando dev’essere ironico e minuzioso, credibile quando le domande diventano toste.
Conduce Gianluca Semprini e non fa sconti.
Nemmeno alla Raggi.
Che, invece, rimane dentro un atteggiamento rigido, con la voce piana, le risposte piatte e tutte intinte nei rassicuranti concetti di onestà e democrazia diretta: i romani potranno esprimersi su ogni questione o «tramite il blog di Grillo» o «utilizzando il sito del Comune di Roma». Giachetti intitolerebbe una strada a Marco Pannella, lei farebbe «decidere ai romani».
Quando Semprini chiama la pubblicità, i due candidati vengono raggiunti da consiglieri e massaggiatori mentali, un po’ come accade durante gli incontri di pugilato. Giachetti fa segno di sì, ammicca, tranquilli, sto bene, va bene. Raggi si morde il labbro, tossisce, poi le viene fuori finalmente un mezzo sorriso.
I fans sono abbastanza composti. Applausi, grida di evviva, qualche fischio: ma la severa e perfetta organizzazione di Sky impedisce qualsiasi eccesso. I fans siedono ai lati: mentre, davanti ai due candidati, c’è la platea degli ospiti, di quelli arrivati qui per invito e ci vuole poco, quando lo sguardo scorre sui loro ranghi – sono manager, notabili, qualche faccendiere – ci vuole poco a capire che molti di loro torneranno qui già la prossima settimana, a chiedere un colloquio con il nuovo sindaco.
Semprini continua a fare domande. Tira un po’ di vento. Un cameraman si volta: «Ma che per caso dopo se magna?».