la Repubblica, 16 giugno 2016
Renzi e D’Alema, quando l’uno è la nemesi dell’altro. Ma senza esagerare
E insomma, per metterla giù un po’ brutale: se Renzi è Renzi, e senza scrupoli fa Renzi, è anche vero che senza nemici personali, assillanti ed esclusivi, D’Alema non ci sa proprio stare.
Di questa compulsiva attitudine si può chiedere utile conferma a diversi personaggi della vita politica italiani degli ultimi 25 anni fra cui Occhetto, Prodi, Veltroni, più vari ed eventuali figure minori. C’è su questo una vasta letteratura giornalistica e anche una diffusa collezione di fonti, testimonianze e memoriali prossimi ormai alla storiografia, se non funzionali anche alla esplicitazione di un mito, anzi due o tre.
Ecco perciò D’Alema Moloch, antica divinità divoratrice connessa ai sacrifici umani; o D’Alema Scorpione che, come nella favola, punge chiunque perché farlo «è nella sua natura»; o anche, e qui si varcano le soglie dell’esoterismo, può avvicinarsi, sempre D’Alema, all’Arcano della Vittoria nello Zodiaco nero. Insomma, e comunque: si salvi chi può.
Renzi, certo, è ancora troppo giovane per aver accumulato su di sé una tale quantità e qualità di ombre e di illustri vittime. Ma promette bene, benissimo. Anche lui si sceglie i nemici perché ne ha bisogno. Anche lui, si direbbe, ne ha indispensabile bisogno più per affermare se stesso che un’idea, una linea, un progetto, una politica. Anche Renzi, come D’Alema, è auto-centrato e bello arrogante – sia pure di un’arroganza più giovanile e istintiva, meno pedagogica e intellettuale.
Ovvio dunque che i due classici galli, galletto giovane e gallo attempato, sarebbero giunti al super-combattimento che per la verità, come possono documentare i cronisti politici della Terza Repubblica, conosce oggi il suo quarto o quinto sviluppo.
Nel format fondante della rottamazione, le penultime puntate hanno colorato il psyco-duellone delle più varie e colorite interazioni. Renzi mostrava la foto D’Alema nei suoi comizi per scatenare ira e dileggio (e un fan con la maschera baffuta si fece ritrarre asfaltato sotto il camper del fiorentino). D’Alema raccontò, con qualche plausibilità, che Renzi arrivava nelle città con l’aereo e poi saliva sul camper per fare il fico. Renzi rispose che D’Alema, allora presidente Copasir, lo faceva spiare dai servizi. E così via.
Sia consentito di non dilungarsi sulle questioni più propriamente politiche (riforme, alleanze, poltrone, democrazia nel Pd, etc), del resto abbastanza secondarie in tempi post-ideologici. Sintomatico semmai, e non solo per i toni, lo scontro cosiddetto del pop-corn, per cui D’Alema annunciò un certo intervento in tv, Renzi per dire che non gliene fregava niente disse «ah, bene, stasera mi metto davanti al video con i pop-corn», e allora D’Alema concluse che con i pop-corn doveva andarci piano perché era già ingrassato.
Ecco. Il tutto però reso più buffo, stucchevole e insieme malinconico da una lunga serie di astuti ricongiungimenti, ambigui ammiccamenti, strategici ma finti avvicendamenti culminati nella pubblica e vana consegna, da parte di D’Alema, nientemeno che della maglia di Totti al premier. Il quale premier, forse, o di sicuro, ma chissà, gli aveva promesso un posto in Europa.
E D’Alema, ingannato e umiliato come un politico alle prime armi, si era tenuto l’sms nella memoria del telefonino e con aria d’amara e teatrale incredulità lo mostrava a questo o a quello per avvalorare il mendacio di Renzi; mentre questi si compiaceva di definirlo, tra le risate cortigiane: «Una vecchia gloria del wrestling»; e Lotti, che non parla mai, si permetteva di rifargli il verso («diciamo»); ed Esposito diceva: «D’Alema chi?»; e tutti i più accesi ex dalemiani, il celebre staff di Lothar pelati e devoti, sono diventati ultrà del renzismo.
Ora quando i caratteri, più che le politiche, prendono la mano, gli osservatori forse sbagliano, ma nel frattempo si ritengono in qualche modo autorizzati a interpretarne le parole come chiacchiere e le mosse come come pezzetti di teatro, quasi mai spettacoli degni di questo nome.
«Odio distillato» sente Renzi da D’Alema. Altrettanto sente quest’ultimo dal premier. Quando l’uno è la nemesi dell’altro – ma senza esagerare.