Libero, 15 giugno 2016
McCurry, il fotografo che ha girato il mondo per vedere ragazzini tirare calci a un pallone
C’era una volta una strada d’asfalto che ti sbucciava le ginocchia appena le appoggiavi a terra; o un prato verde, sconnesso, che faceva traballare le caviglie. C’erano borse, felpe e maglioni a segnare le porte. E c’erano palloni di tutti i colori e di ogni tipo: di cuoio, di gomma, bianchi, rossi e blu. Ma soprattutto c’eri tu bambino che correvi avanti indietro per segnare un gol e urlare che nemmeno Tardelli a Spagna ’82. E il tuo mondo era tutto lì, a rincorrere quel pallone. Oggi quella strada è piena di macchine e motorini, il prato ha l’erba lunga che nessuno taglia. Quel mondo non esiste quasi più, eppure è un pezzo di te, inalienabile dalla tua memoria. Un ricordo che si riaccende ogni volta che, in barba ai nativi digitali e alle Play Station, vedi un bimbo che tira calci ad un pallone. E questa immagine la trovi ovunque, da Est a Ovest, da Nord a Sud del pianeta, non ha confini, colori o religioni. E non conosce ceti sociali. Tutto questo e molto di più ti torna alla mente osservando Football&Icons, la mostra fotografica di Steve McCurry, allestita da Biba Giacchetti nella Torre del Castello dei Vescovi di Luni a Castelnuovo Magra (Sp) e aperta fino all’11 settembre.
McCurry, nel suo funambolico peregrinare in giro per il pianeta ha fotografato i bambini e i ragazzi che giocano al calcio nelle location più affascinanti e drammatiche del mondo. Ci sono i bonzi che, fasciati nei loro drappi arancioni, giocano a driblarsi ai piedi di un tempio in Birmania, o si appoggiano ai muri imitando le gesta di Holly e Benji o ancora sono lì che giocano tra gli schizzi delle onde con una carretta del mare sullo sfondo. E poi i ragazzi un po’ sgarrupati che palleggiano in ciabatte tra le strade martoriate di Herat, in Afghanistan o quelli libanesi che, in una foto del 1982, tirano calci sullo sfondo dei palazzi devastati dalla guerra con Israele. Fino ad arrivare a piccoli calciatori che sgambettano sulle spiagge di Al Mukalla, nel Golfo di Aden, in Yemen e quelli che, sul calar del giorno, tirano calci tra le strade de L’Avana, a Cuba. In tutto venticinque scatti, uno più bello dell’altro, che fanno capire la globalità di quella sfera alla quale tutti, giovani o meno giovani, non riescono a non tirar calci. E che vengono esposti tutti assieme per la prima volta. La mostra, che si snoda su sei dei sette piani della Torre di Castelnuovo Magra allestiti per l’occasione da Peter Bottazzi, si chiude con una selezione delle cinque foto più rappresentative di McCurry, compresa la famosissima «La ragazza afgana», scelta come copertina per il National Geografic Magazine nel 1985. La stessa ragazza fu ripresa, un quarto di secolo dopo, dallo stesso fotografo nella stessa posizione; e quell’immagine fece di nuovo il giro del mondo. L’insieme delle fotografie è forse uno degli spaccati migliori per descrivere il lavoro di McCurry, che da oltre trent’anni attraversa il pianeta per testimoniarne i cambiamenti. McCurry, originario di un sobborgo di Philadelphia, negli Stati Uniti, dopo aver studiato cinema alla Pennsylvania State University e aver lavorato per alcuni giornali locali, mette in valigia pochi stracci e una manciata di rullini fotografici e parte alla volta dell’India. Durante il suo viaggio, durato mesi, incontra un gruppi di rifugiati che lo aiutano ad attraversare clandestinamente il confine tra Pakistan e Afghanistan. Steve, barba lunga e vestito come i suoi compagni di viaggio, non smette di scattare foto, diventando il primo occidentale a testimoniare con le immagini l’invasione russa, proprio mentre le frontiere venivano chiuse ai giornalisti occidentali. Da allora McCurry non si è mai più fermato e la sua copiosa produzione è lì a testimoniarlo.
Come spesso accade ai grandi (McCurry ha ricevuto alcuni dei premi più prestigiosi, come il Robert Capa Gold Medal, il National Press Photographers Award e ha vinto per quattro volte il World Press Photo) il suo lavoro è da sempre stimolo per un dibattito tra chi lo celebra e chi lo critica per la sua eccessiva ricerca del bello. Questo però non gli impedisce di essere di gran lunga il fotografo più amato dal pubblico. McCurry sarà a Castelnuovo Magra il prossimo lunedì, quando si concederà ai suoi fan nel corso di un’intervista pubblica che dovrebbe tenersi sulla piazza del paese. La mostra Football&Icons osserverà i seguenti orari di apertura: tutti i giorni (escluso il lunedì) dalle 10 alle 12.30 e dalle 17 alle 23. Il biglietto d’ingresso costa 10 euro (5 il ridotto). riproduzione riservata Steve McCurry (Philadelphia, 24 febbraio 1950) è un fotoreporter Usa, noto per la fotografia “Ragazza afgana”, pubblicata come copertina del National Geographic Magazine di giugno 1985, divenuta la più nota uscita della rivista. La sua carriera è stata lanciata quando, travestito con abiti tradizionali, attraversò il confine tra il Pakistan e l’Afghanistan prima dell’invasione russa.