Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 15 Mercoledì calendario

Portogallo-Islanda è finita 1-1. Storico pari per il più piccolo paese mai approdato a un Europeo

Qui si è fatta la storia per molti motivi, compreso il fatto che l’Islanda ha battuto il record mondiale (stabilito nel 1964 dalla Danimarca) dei cognomi in rima nella formazione di partenza. Cinquantadue anni fa c’erano stati dieci giocatori danesi che finivano in -sen, ieri a Saint-Etienne c’è ne sono stati undici (più le due riserve che sono entrate) che finivano in -son ma che, soprattutto, sono finiti in pareggio. Ronaldo s’è incagliato su questo scoglio lontano che non aveva mai messo piede all’Euro, né in qualunque parvenza di calcio di livello, e così la prima giornata della prima volta del torneo a 24 squadre si chiude con il denominatore comune dell’equilibrio: nessuno ha dominato nessuno e anche le tre partite finite con due gol di scarto (Germania-Ucraina, Italia- Belgio, Ungheria-Austria) sono rimaste in bilico fino al 90’, segno che nella vecchia Europa c’è un livellamento (verso l’alto? verso il basso?) che si estende alle periferie, e che allargare il ventaglio dei partecipanti è stata una buona idea, anche se Platini l’aveva pensata principalmente per un tornaconto politico.
Portogallo-Islanda è finita 1-1. Per un’ora i portoghesi avevano allungato una minaccia sul torneo, giocando in modo convincente e risalendo alla svelta la scala dei pronostici, che alla vigilia li avevano snobbati assai. Ma al secondo tiro in porta, l’Islanda (il primo era stato, proprio in apertura, di Sigurdsson) ha segnato e Cristiano e i suoi fratellini si sono come ibernati, quasi non si aspettassero l’apparizione di quell’iceberg. In realtà gli islandesi non hanno rubato nulla, perché hanno retto l’urto con disinvoltura dimostrandosi superiori perlomeno sul piano del ritmo e della velocità, territorio sulla quale la nazionale di Santos è molto carente. L’Islanda, che d’altronde è allenata da un uomo preparatissimo, lo svedese Lagerbaeck, ha giocato in maniera intelligente, con ordine e semplicità, mantenendo vicinissimi i reparti e cercando di fare le cose facili, non di inseguire le avventure improbabili. Ha concesso al Portogallo quello che è umano concedere a una formazione così: un paio di occasioni per Ronaldo (comunque vuoto, stanco, nemmeno capace d’arrabbiarsi), molto palleggio a centrocampo (dove ha brillato Andrè Gomes, desiderio juventino) e i cross dalla fasce dei terzini. Il gol (Gomes per Nani, girata d’anticipo nel cuore dell’area) ci stava, ci è stato. Ma l’Islanda ha retto, non s’è scomposta, ha dimostrato calma glaciale (toh) e ha pareggiato grazie a un cross da destra di Gudmundsson “bucato” da Vieirinha e incocciato sul parastinco di Bjarnason, che ha così segnato il primo gol all’Europeo nella storia del calcio islandese. Bjarnason ha giocato per un paio d’anni al Pescara, dove odiano l’Islanda perché, un anno fa, gli impegni della nazionale impedirono al centrocampista di partecipare ai play-off promozione degli abruzzesi, che persero in finale con il Bologna. I tifosi pescaresi si scatenarono inondando di mail la federcalcio di Reykjavik con messaggi tipo «Abbiamo invaso il Molise per molto meno» oppure «V’ammazzamm’ Bjork». Invano: il Pescara restò in B e Bjarnason prima restò in nazionale e poi se ne andò a fare la Champions League con il Basilea, rifiutando il Torino che già l’aveva comprato. È la vedette di una nazionale che ha il diritto di avere delle ambizioni e i cui sostenitori sono sbarcati in massa sul continente: a Saint-Etienne erano grosso modo diecimila, cioè il 4 per cento della popolazione intera (330 mila) della nazione. In proporzione, è più meno come se per una partita dell’Italia si muovessero due milioni di persone. Sarebbe storico.