la Repubblica, 15 giugno 2016
L’Italia, un gruppo senza stelle ma in grado di accendere la luce. Il commento di Gianni Mura
Si percepisce una gran voglia di appiccicare etichette sulle cosiddette filosofie calcistiche. Accantonato il cholismo ecco partire il carro del contismo. Importa solo che il carro appartenga al vincitore. Partita bella e strana, che accomuna nel plauso Trapattoni e Sacchi, ma sarebbe piaciuta anche a Brera e a Palumbo. Un catenaccio scelto, non subìto. Organizzato. Rivisitato, direbbe uno chef alla moda. La linea maginot tanto cara a Rocco schierata non ai bordi dell’area ma più in là. In gergo, difesa alta. Costante ricerca della profondità, vedi azione dell’1-0 provata più volte nelle ultime amichevoli. Due-tre passaggi per arrivare al tiro, altra via non esiste. L’abilità di Conte, puntuale all’appuntamento, sta nell’avere scelto il gioco migliore in rapporto ai giocatori che ha. E di avere creato un gruppo senza stelle ma in grado di accendere la luce. Squadra operaia nel senso dei vecchi valori: solidarietà nella fatica, assistenza reciproca. Bonucci ha parlato di palle quadre, Giaccherini di anima. Ci si muove tra la caserma e il lirismo, è un’Italia che invita all’ossimoro: ha precisi limiti ma non sappiamo il suo limite. Non è bellissima ma piace. La sua forza è nella consapevolezza di non essere forte se non come gruppo.
Il genio della lampada ce l’hanno altri, noi no. Ma non sempre il genio della lampada è sufficiente. Il 2-0 al Belgio, fin troppo ricco di stelle, ci ricorda che il calcio è uno sport di squadra. Troppo spesso ce ne dimentichiamo. La Svezia, col suo totem Ibrahimovic, è stata presa a pallate dagli irlandesi, che per anima e spirito un po’ somigliano all’Italia, ma più scarsi. Oltre ai genietti del Belgio, anche Pogba, Rooney, Mueller, Morata non hanno riempito gli occhi. Mentre i mercanti del calcio e molti imbonitori costruiscono monumenti ai top, ai super, ai big. Mentre l’individualismo anche fuori dal calcio sembra avere mandato in soffitta il valore del gruppo, della squadra, del collettivo saldato e motivato, dai campi francesi arriva, almeno per ora, una differente visione del calcio, o vogliamo dire della vita. Può essere smentita, forse lo sarà, ma ricordiamoci della Danimarca, della Grecia, che un Europeo lo vinsero contro ogni pronostico e con la forza del gruppo. Quando Giaccherini evoca l’anima, non è un modo di dire. Due flash. Contropiede di Lukaku, e chi lo rincorre per tutto il campo? Eder. Pellé segna a pochi secondi dalla fine. Assist di Candreva, che è stanchissimo e non si sottrae a cinquanta metri di corsa per un pallone che sembrava perso. Ecco, questo è metterci l’anima.