Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 15 Mercoledì calendario

Ancora polemiche sul caso Consob

Andrea Greco per la Repubblica

Le polemiche dei politici sul “caso Consob” continuano. Ma alla vigilia della riunione che in Commissione avvia il chiarimento sull’operato del presidente Giuseppe Vegas, entra in scena la Guardia di Finanza. Il nucleo tributario di Firenze ieri ha infatti sentito, come teste, Marcello Minenna, dirigente dell’authority che aveva guidato l’ufficio analisi quantitative, poi smantellato. I finanzieri, che agiscono per delega della procura di Arezzo, hanno interrogato a lungo il docente di matematica finanziaria che fino a metà 2012 fu responsabile dell’ufficio che introdusse in Italia gli scenari probabilistici; e che in seguito alla loro cancellazione ha subito diversi ridimensionamenti dalla presidenza Vegas. Sembra che gli inquirenti vogliano capire meglio se ci fu effettiva tutela del risparmio nell’autorizzare il documento informativo del bond subordinato da 60 milioni emesso da Banca Etruria a fine 2013. L’assenza da quel documento degli “scenari probabilistici” di guadagno o di perdita dell’investimento, infatti, ha permesso di considerare quel prestito a basso rischio, e quindi venderlo al largo pubblico senza trasgredire la direttiva Mifid. In effetti quel bond fu venduto per il 97% al dettaglio: e due anni dopo il suo valore fu azzerato dal salvataggio della banca di Arezzo. Il filone “Consob” dell’inchiesta, che segue il pm Roberto Rossi, per competenza potrebbe essere presto stralciato e trasferito a Roma.
A Roma, oggi, si riuniscono anche i cinque commissari Consob. Non sembra sia all’ordine del giorno il chiarimento sulla gestione degli “scenari probabilistici” introdotti dalla Commissione nel 2009, ma espunti dalla prassi informativa nel 2011 – chiesto formalmente da Giuseppe Maria Berruti settimana scorsa, e che per il regolamento interno andrà disimpegnato entro venerdì 17. Quello di cui oggi si dovrebbe discutere, invece, è il reintegro di Francesca Amaturo, segretaria di Vegas da lui promossa dirigente senza concorso. Un’inchiesta penale romana è stata archiviata sul caso, ma il consiglio di Stato ha dichiarato illegittima la stabilizzazione di Amaturo, e giorni fa la Commissione ha deciso di chiedere un parere all’Avvocatura dello Stato. Quindi si annunciano le prime discussioni, preludio a quelle di venerdì, in un clima di nervosismo. Non solo nel collegio della Commissione, dove le nomine fatte dal governo Renzi (Anna Genovese l’anno scorso, Giuseppe Maria Berruti e Carmine Di Noia a febbraio) hanno riequilibrato i poteri interni, che negli anni passati si erano appiattiti sulla figura di Vegas mentre i governi non reintegravano i commissari uscenti.
Nell’arena politica, intanto, proseguono le dichiarazioni e i silenzi, secondo schieramenti che riecheggiano le forze in campo a fine 2010, quando il governo di Silvio Berlusconi nominò il viceministro dell’economia Vegas a capo della Consob. «Il governo non può e non deve attaccare l’autorità di garanzia – ha detto il ministro dell’interno Angelino Alfano (Ncd) -. In ballo non c’è Vegas, peraltro stimato per la sua serietà e competenza, ma la corretta relazione tra le istituzioni». Forza Italia, con Renato Brunetta, torna a parlare di «indecente attacco alle istituzioni», chiedendo «una commissione di inchiesta sull’operato di Consob e Bankitalia» (mossa che avrebbe il probabile effetto di bloccare ogni tentativo di sostituzione dei vertici fino alla scadenza di fine 2017). Le alte sfere del Pd continuano a tacere, ma il ministro Carlo Calenda ha precisato il tiro della vigilia, quando aveva parlato di «errori gravi» di Vegas: «Ho solo dato un giudizio, normalmente evito le polemiche, mi spiace se ne ho provocata una».
 
***
 
Marco Galluzzo per il Corriere della Sera
«Il governo non deve e non può attaccare le Autorità di Garanzia. In ballo non c’è la persona del presidente Vegas, peraltro stimato per la sua serietà e competenza, ma una corretta relazione tra le istituzioni». Lo ha detto ieri il ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Il caso Consob fa un salto di qualità: era un problema di rapporti fra le istituzioni, fra governo e Autorità di garanzia e controllo dei mercati, ora è anche un affare interno di maggioranza. Per di più con una postilla di non poco conto: «C’è una grande questione di opportunità – ha aggiunto Alfano – gli osservatori della riforma costituzionale rilevano l’assenza o la debolezza di un sistema di organi di bilanciamento o di garanzia rispetto al rafforzato ruolo dell’esecutivo, al punto che l’anno rimanente dopo il referendum e prima del voto dovrà essere impiegato per realizzare quanto è carente in termini di sistemi di garanzia. Di fronte a queste obiezioni, cominciare ad attaccare le autorità indipendenti di garanzia, può rappresentare un pessimo presagio sul futuro e un ottimo argomento per i sostenitori del No alla riforma».
Non c’è bisogno di leggere fra le righe per notare che lo stop di Alfano ha caratura politica ed è un messaggio diretto al presidente del Consiglio. Insomma il caso Consob ne schiude uno più grande, che riguarda anche le altre autorità di garanzia e anche i rapporti interni alla maggioranza.
Ieri il ministro Carlo Calenda ha tenuto a precisare che il suo non era un attacco diretto al presidente della Consob, Giuseppe Vegas: «Io evito normalmente le polemiche, mi spiace se ne ho provocata una. Ho solo dato un giudizio, fine, non voglio fare nessuna polemica con nessuno».
Le opposizioni, intanto, hanno stigmatizzato le critiche del governo (nei giorni scorsi anche quella del viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti) alla Consob: «Inaccettabili e indecenti scaricabarile, si dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la pochezza, la mancanza di senso dello Stato, di senso delle istituzioni e l’arroganza di Matteo Renzi e del suo governo», per Renato Brunetta. «Il governo sta scatenando un’offensiva nei confronti della Consob forse con l’obiettivo di distrarre gli italiani dalle colpe della famiglia Boschi per la vicenda Banca Etruria», aggiunge Maurizio Gasparri.
Resta comunque un dato: anche se a Palazzo Chigi ufficialmente tacciono, come al ministero dell’Economia, non è difficile cogliere un giudizio diffuso dentro l’esecutivo, condiviso dallo stesso premier. Quella di Vegas infatti viene bollata come una gestione «autocratica e poco collegiale», in cui l’ex esponente di Forza Italia escluderebbe sistematicamente i quattro membri della commissione dell’autorità dalle questioni più importanti.
Nel governo si fa notare che in questo momento a nessuno conviene una crisi dell’organismo, i mercati fibrillano già abbastanza per varie ragioni, a cominciare dalla Brexit, troppe per aggiungere una polemica interna e con implicazioni istituzionali.
Viene aggiunto però che nella prossima riunione della Consob dovrebbe esserci un chiarimento interno fra i commissari e Vegas, nell’interesse dell’efficienza della stessa Authority. Niente a che vedere con una sfiducia, ma solo la richiesta di un riequilibrio dei rapporti interni, a beneficio di un organismo maggiormente funzionale.

***
Francesco Verderami per il Corriere della Sera

Il rischio c’è, e Alfano lo rappresenta pubblicamente a Renzi: attento a non diventare sponsor involontario del No al referendum. Perché attaccando un’autorità di garanzia come la Consob «il governo» offre un «pessimo presagio del futuro» e fornisce «un ottimo argomento» a quanti avversano la riforma costituzionale. Il problema per il titolare del Viminale non è la polemica sollevata dal ministro Calenda, che intanto ha fatto un passo indietro rispetto allo scontro con Vegas, a testimonianza che in questa fase internazionale turbolenta non c’è la voglia (né ci sarebbe la forza) di cambiare gli equilibri ai vertici di Consob.

Piuttosto, il punto che evidenzia Alfano è tutto politico: infatti non cita il responsabile dello Sviluppo economico, ma si rivolge dritto al «governo», cioè al premier. Evidenziando anzitutto il buco legislativo che «andrà colmato», dopo l’approvazione della riforma costituzionale, per bilanciare i rapporti tra authority indipendenti ed esecutivo. Non vanno solo evitati pericolosi precedenti, con certi atteggiamenti, bisogna fare in modo che il sistema venga messo al riparo, «è necessario premunirsi per il futuro», perché a Palazzo Chigi potrebbero arrivare i Cinquestelle se vincessero le elezioni «nel 2018».

Alla vigilia del ballottaggio per le Amministrative del 2016, si registra invece un ulteriore segnale dei rapporti cordialmente tesi tra i leader delle forze di maggioranza, storia che va avanti ormai da qualche tempo. E se Alfano nei giorni scorsi non ha replicato alle ripetute punture di spillo di Renzi (e della Boschi) sul ruolo dei «partitini» e sui «governi dell’inciucio», non ha esitato a muoversi davanti alle manovre su Vegas, al centro delle polemiche dopo il crac di alcune banche: «Se c’è da difendere una personalità di garanzia, non ho timidezze a farlo». Per di più se certe «personalità» vengono dall’area di riferimento del leader di Ap, che reclama «maggior rispetto» verso il presidente Consob, già esponente del governo Berlusconi.

Ma l’avviso a Renzi riguarda il presente ed è proiettato sul prossimo futuro, sul referendum costituzionale dove le forze del No — con questa polemica sulle authority — hanno ammucchiato altre munizioni. Non a caso l’ex ministro forzista Matteoli, richiamandosi all’«onestà intellettuale di Alfano» ha sottolineato come la riforma determini «un modello sbilanciatissimo». Il timore del ministro dell’Interno è che, oltre alle obiezioni tecniche, la campagna del fronte contrario alla modifica della Carta sia alimentata dall’idea che il nuovo sistema rappresenti solo uno strumento per l’occupazione delle istituzioni.

L’immagine del «governo acchiappatutto» è cavalcata dagli avversari di Renzi, ed è una rappresentazione che Renzi ha sempre confutato. Se ieri il suo alleato a Palazzo Chigi ha inteso porre un altolà alla manovra di accerchiamento del presidente di Consob, ribadendo la «difesa delle ragioni per il Sì al referendum», è stato per marcare la propria posizione di «partito delle istituzioni» e per avvertire il premier dei rischi che alcune situazioni possono creare. Perché basta poco per diventare sponsor involontari del No.