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 2016  giugno 14 Martedì calendario

Il processo Olivetti per i morti di amianto: l’accusa chiede il carcere per i De Brenedetti: 6 anni e 8 mesi per Carlo, 6 anni e 4 mesi per Franco

Brutta grana per i fratelli De Benedetti. Ieri i pm di Ivrea, durante il processo sull’amianto all’Olivetti, hanno chiesto per loro una pesante condanna: 6 anni e 8 mesi per Carlo (ex presidente e amministratore delegato nel periodo 1978-’96), 6 anni e 4 mesi per Franco (ad dal ’78 all’’89). L’accusa è quella di omicidio e lesioni colpose per la morte di sette ex dipendenti dell’azienda eporediese e la malattia di altri due, tutti colpiti da mesotelioma pleurico causato dall’esposizione all’amianto. I magistrati hanno chiesto la condanna anche per altri 13 ex dirigenti (una posizione è stata sospesa per gravi motivi di salute), proponendo pene variabili dai 4 anni agli 8 mesi: 3 anni e 6 mesi per l’ex ministro Corrado Passera (alla Olivetti dal 1992 al ’96) e 3 anni e 4 mesi per Camillo Olivetti, assolto dall’accusa di lesioni. Per Roberto Colaninno è stata chiesta l’assoluzione: la vittima per cui era a processo avrebbe incubato la malattia in un periodo precedente al suo arrivo in Olivetti. Dai capi di imputazione sono stati stralciati pure tre casi di morte (due dei quali contestati ai De Benedetti): dopo un riesame dei campioni biologici degli ex lavoratori scomparsi, i decessi sono stati attribuiti a tumori polmonari, anziché a mesoteliomi, e per questo la procura ha chiesto la trasmissione degli atti per procedere per la nuova ipotesi.
Dettagli a parte, il processo ruota intorno ai De Benedetti brothers, anche per l’imbarazzo che sta suscitando il processo in provincia di Torino, dove il giornale che meglio lo aveva seguito, La Stampa, nel frattempo è passato sotto il controllo dell’Ingegnere, tessera numero 1 del Pd. Non sarà quindi facile per i lettori raccapezzarsi nella delicata vicenda giudiziaria. Tanto più che non ci troviamo di fronte a uno dei processi ad alto tasso mediatico dell’ex pm Raffaele Guariniello, la toga esperta di inchieste sull’asbesto. In questo caso la procura guidata da Giuseppe Ferrando ha scelto un basso profilo. Chissà se basterà a ottenere una sentenza di condanna da parte del giudice Elena Stoppini.
Di certo i pm Laura Longo e Francesca Traverso, nelle sei ore di requisitoria, si sono battute con puntiglio per far valere le proprie ragioni e dimostrare come i vertici dell’azienda sino agli anni ’90 non si siano realmente impegnati nella salvaguardia della salute dei dipendenti e come la responsabilità di queste omissioni non possa che ricadere sugli ex presidenti, amministratori delegati e sui loro stretti collaboratori. Alla fine di cinque mesi di udienze intense e molto tecniche, i magistrati hanno depositato due memorie per smontare punto per punto le obiezioni delle difese sul nesso di causalità tra amianto in azienda e mesotelioma e sulla questione delle deleghe. Su questo tema l’accusa ha chiesto la condanna di De Benedetti & c. perché ritiene che sino al 15 giugno del 1993 non fosse stata conferita alcuna delega che avesse i requisiti previsti dalla legge per essere considerata tale e quindi esimere dalle responsabilità il delegante. «Prima non c’erano deleghe o solo deleghe generiche in cui non erano specificati i compiti e non era prevista nessuna autonomia di spesa» chiosa l’avvocato Laura D’Amico, legale di parte civile della Cgil. Solo nel 1993 Carlo De Benedetti conferisce una delega specifica a sette dirigenti. Dopo pochi mesi l’ad Corrado Passera aggiunge un’altra procura nel settore igiene e lavoro. Gli inquirenti contestano la mancata preparazione specialistica degli otto incaricati e un’autonomia di spesa relativa, circoscritta a interventi sino a 300 milioni di lire. Per cifre superiori i delegati dovevano chiedere l’autorizzazione. Ma nel ’93 era già stata evidenziata da almeno sei anni una massiccia presenza di amianto negli impianti Olivetti, e addirittura si sapeva dal 1981 dell’esistenza del talco killer a base di tremolite utilizzato in alcune lavorazioni «e sostituito con grave ritardo, solo 5 anni dopo», ha sottolineato Longo. Non basta. Alcune mense aziendali furono bonificate addirittura nel 2001 e il capannone di San Bernardo, a Ivrea, è tuttora considerato uno dei siti più inquinati d’Italia («una cattedrale d’amianto», l’ha definito un consulente). Per i due pm la responsabilità dei ritardi è della Olivetti e «i controlli e le monitorazioni arrivarono soltanto da input esterni e dai lavoratori».
Ieri le parti civili hanno iniziato a chiedere i risarcimenti: la città di Ivrea ha reclamato 600 mila euro per i danni non patrimoniali (per esempio quello d’immagine), 500 mila la città metropolitana (ex Provincia). Restano da quantificare i risarcimenti alle vittime, i danni patrimoniali e i costi per le bonifiche. L’avvocato di De Benedetti, Tomaso Pisapia, non ci sta: «Siamo sorpresi per la richiesta di condanna avanzata dai pubblici ministeri di Ivrea. La loro posizione non tiene per nulla in considerazione quanto prodotto dalla difesa in sede di dibattimento a proposito dell’articolato sistema di deleghe vigente in Olivetti nel periodo considerato, né i documenti che dimostrano inequivocabilmente l’assenza dell’uso in azienda di talco contaminato da amianto almeno fin dalla metà degli anni ’70. Tale documentazione conferma la totale estraneità dell’Ingegner De Benedetti alle accuse che gli vengono rivolte. Continuiamo, pertanto, a essere fiduciosi sull’esito del processo». Il prossimo 18 luglio, giorno previsto per la sentenza, scopriremo se questa fiducia sia stata ben riposta. riproduzione riservata L’INGEGNERE Il 5 ottobre del 2015 Carlo De Benedetti – 81 anni, imprenditore torinese tra le altre cose presidente del Gruppo Editoriale L’Espresso, che edita il quotidiano La Repubblica – viene rinviato a giudizio insieme ad altre 16 persone, tra cui Corrado Passera e Roberto Colaninno, in riguardo alle indagini per le morti d’amianto di dipendenti della fabbrica Olivetti di Ivrea – De Benedetti è stato presidente della Olivetti dal 1978 al 1996. Il processo è iniziato lo scorso 23 novembre: ora i pm hanno chiesto una condanna a sei anni e otto mesi di carcere per omicidio colposo plurimo e lesioni personali gravissime.
LE ACCUSE
Secondo l’accusa sostenuta dalla Procura, la presenza di amianto nocivo nelle lavorazioni e negli ambienti della Olivetti venne ignorata nonostante fosse nota ai vertici, e le bonifiche rinviate o addirittura omesse fondamentalmente per motivi economici». A Carlo De Benedetti, dunque, i magistrati attribuiscono la responsabilità diretta di sette morti, e di altri due casi di dipendenti ancora in vita ma sofferenti di mesotelioma pleurico, la malattia di cui le perizie hanno dimostrato il legame diretto proprio con l’esposizione all’amianto. Per altri quattro casi, di cui le perizie hanno escluso o messo in dubbio la causa di morte, i magistrati hanno chiesto l’assoluzione.