Il Sole 24 Ore, 14 giugno 2016
Le Borse sono ostaggio dei sondaggi
Accadde qualcosa di molto simile in occasione del referendum sull’indipendenza scozzese. Fu un sondaggio di YouGov a pochi giorni dal voto a dare la sveglia a un popolo – e a un governo – ciechi all’evidenza dei fatti. All’epoca avanzava il fronte secessionista pronto a dividere il destino di Edimburgo da quello di Londra. Ora avanza quello che pretende di divaricare il cammino di Londra da Bruxelles. Lo dicono i sondaggi e i mercati impazzano, scossi (anche) da una speculazione che non crediamo sia aliena a quanto sta accadendo.
Sarebbe tuttavia un errore liquidare i tremori di queste ore sulle piazze finanziarie solo all’azione di chi sente l’odore del sangue. L’accelerazione di Leave è un fatto anche se resta estremamente difficile quantificarne la forza. Il circolo vizioso di sondaggi-allibratori-analisti crea un quadro che nella sua diversità ci conferma la progressione del fronte anti Ue. Gli opinion polls on line assegnano spesso la vittoria ai brexiters, ma il margine di 10 punti del più recente è sorprendente; i telephone polls confermano la forza di Remain, ma senza più la solidità registrata in passato; gli allibratori incrociano questi elementi e abbattono, per la prima volta, le loro quote; gli analisti si convincono che l’improbabile sia divenuto un poco più possibile e correggono il margine di rischio-Brexit al di sopra del 30 per cento. Tutto ciò basta, crediamo, per suggerire che l’avanzata di Leave sia autentica sebbene, lo ripetiamo, valutarne la forza resti impossibile.
Dieci giorni di campagna referendaria sono pochi, ma sufficienti per cambiare un trend in corso, bloccando quell’erosione di consenso a Remain che va oltre ogni previsione. Il punto da sollevare non è più quello economico stravinto dagli eurofili: se i brittannici non si sono convinti dopo il diluvio di numeri precipitato da ogni think tank europea, americana, asiatica non c’è che da rassegnarsi. Crediamo, pertanto, che l’abbiano capito, ma non si può dire lo stesso su immigrazione e sovranità nazionale e soprattutto sul tono globale impresso alla campagna da un David Cameron in grigio, incapace com’è di adottare con entusiasmo una narrativa positiva sull’adesione britannica all’Ue. Tocca al Labour party aiutarlo. L’ex premier Gordon Brown ha promesso di scendere nell’arena con decisione. È più credibile dell’attuale leader, neppur troppo vagamente euroscettico, Jeremy Corbyn, è meno compromesso di Tony Blair che agli occhi della sinistra, in Iraq, ha perduto pezzi importanti di credibilità. Gordon Brown fu l’uomo chiave per garantire il “no” all’indipendenza della Scozia, resta da vedere se saprà diventarlo per assicurare il “si” all’Europa.?