il Fatto Quotidiano, 12 giugno 2016
È uno straniero rinchiuso a Regina Coeli il primo detenuto schedato con il Dna
La Banca dati nazionale del dna è ufficialmente operativa. Il primo prelievo del campione biologico è stato effettuato due giorni fa, nel carcere romano di Regina Coeli e, a fine giornata, le schedature in tutti i penitenziari italiani ammontavano già a 138. Nella lotta alla criminalità organizzata e al terrorismo, da questo momento in poi, lo Stato ha un’arma in più.
E il primo a dover dare il suo contributo, per implementare l’archiviazione di questi dati, è stato un detenuto straniero rinchiuso nel carcere di Regina Coeli: personale specializzato del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap) ha raccolto un campione della sua mucosa, poi destinato alla banca dati nazionale istituita presso il Dipartimento di pubblica sicurezza. Il tutto – ha assicurato il Dap – è avvenuto e avverrà “nel rispetto della dignità, del decoro e della riservatezza di chi vi è sottoposto”. Successivamente sarà mandato alla Banca dati nazionale istituita presso il Dipartimento di pubblica sicurezza.
Non tutti i detenuti sono obbligati a fornire il campione. La legge prevede che il prelievo avvenga per i detenuti che hanno commesso reati dolosi, per i quali sia stato disposto un arresto in flagranza o, quanto meno, tale tipo di arresto fosse previsto dalla legge. Campioni di dna saranno prelevati anche a coloro che siano stati sottoposti a fermo di indiziato di delitto, abbiano usufruito di una misura alternativa alla detenzione – dopo sentenza passata in giudicato – e sempre per delitti di natura non colposa.
Evasori e “colletti bianchi” non hanno nulla da temere, a meno che non abbiano commesso reati violenti, poiché sono esclusi dalla raccolta i dati di chi ha commesso truffe, corruzioni, illeciti societari e tributari.
Se nel corso dei processi, poi, si dovesse pervenire a un’assoluzione piena – sempre passata in giudicato, con la certezza quindi che il detenuto non abbia commesso il fatto reato, o il fatto non costituisce reato, o infine non abbia proprio commesso il fatto – il Dap provvederà a cancellare il profilo del dna nella banca dati e distruggere i campioni biologici.
Passiamo ora all’utilizzo dei dati raccolti nella baca del Dna: potranno usufruirne l’autorità giudiziaria e i loro investigatori al solo fine dell’identificazione personale (anche di presunti criminali o persone scomparse). Previsto anche l’utilizzo dei dati nelle eventuali collaborazioni con polizie di altri Stati.
Sarà il Garante per la privacy a sorvegliare sulla banca e sulla correttezza della procedura, che prevede la distruzione dei campioni biologici dopo vent’anni dal loro prelievo, e quarant’anni per la cancellazione del dato dalla banca.
Dopo la legge istitutiva, datata 2009, da venerdì, il giorno stesso in cui sono entrati in vigore i regolamenti attuativi, la banca data è diventata quindi operativa: il capo del Dap, Santi Consolo, per il momento, ha fornito le prime direttive provvisorie.