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 2016  giugno 12 Domenica calendario

Renzi e Scalfari parlano del referendum

Inizia con un «in bocca al lupo» a Silvio Berlusconi il dialogo tra il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, e il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Sul palco di Repubblica delle Idee all’Auditorium di Roma, rispondono alle domande di Claudio Tito. “Verso gli Stati Uniti d’Europa”, è il tema del confronto, anche se poi si arriva all’attualità politica, con Renzi che annuncia la sua disponibilità a firmare una legge che limiti a due i mandati per il capo del governo italiano. Prima di iniziare si scherza sulle regole d’ingaggio: «Ci diamo del tu o del lei?», chiede con il sorriso Eugenio Scalfari. «Dipende da lei, direttore», risponde Renzi. E si opta per il “tu”.
Serve ancora la proposta di un ministro unico dell’economia europeo?
Scalfari: Sul ministro del Tesoro unico dell’Eurozona raccolsi una proposta di Mario Draghi e la rilanciai due o tre volte sul giornale. A un certo punto Matteo la fece propria, lo disse pubblicamente, il che mi stupì molto e non mi aspettavo andasse oltre. Ma qualche giorno dopo diffuse un documento con il quale descriveva le proposte per il rafforzamento generale dell’Europa, e l’idea del ministro unico era al punto numero tre. Ditemi voi se è diventato scalfariano, ho pensato io. Dopo tutto quello che è accaduto in Francia e in Belgio, ho pensato che fosse necessaria una polizia federale, come l’Fbi negli Stati Uniti, con un ministro dell’Interno dell’Ue che ne sia a capo. Sei d’accordo?
Renzi: Io credo negli Stati Uniti d’Europa, Eugenio, ma il punto chiave è la tempistica. Sarebbe certo interessante avere un sistema di Interni e Difesa sempre più forte e unito, ma su questo punto sono pessimista. Dal 1954 a oggi l’Europa ha sempre sprecato le occasioni per andare avanti su sicurezza e difesa. Ora, con il referendum, dopo tanti anni chiudiamo il percorso di riforme e potremo guardare negli occhi i colleghi europei. Il dramma è che l’Europa deve cambiare se stessa e con molti paesi che rifiutano di mettere in comune le banche dati noi facciamo una proposta più concreta: prima di partire dalle istituzioni, dal ministro dell’Interno e dall’Fbi Ue che in prospettiva sono interessanti, partiamo dalle politiche. I terroristi erano nati nelle periferie europee e di qui allora la proposta italiana di investire un euro in cultura l’Italia.
Per ogni euro speso in sicurezza. In Europa mi guardano come un matto, ma una scuola in periferia è importante come una camionetta dell’esercito in strada.
Chi blocca davvero le proposte di riforma in Europa? La Germania? La Francia? Consideriamo poi che tra dieci giorni c’è il referendum decisivo sulla Brexit.
Scalfari: Un’uscita purtroppo abbastanza probabile del Regno Unito avrà ripercussioni politicamente immediate. A quel punto la protagonista diventa la Germania, da un lato, e l’Italia dall’altro. Gli Stati Uniti hanno sempre avuto due interlocutori in Europa, ma la Gran Bretagna può uscire e allora la Germania avrà bisogno di un alleato e di un interlocutore, Renzi: Non sono così certo che il referendum andrà male perché i sondaggi inglesi sono meno affidabili dei nostri. Speriamo vada bene. In caso contrario nell’immediato ci saranno turbolenze finanziare e sarà un disastro per gli inglesi. Sul medio e lungo periodo, invece, non ho una visione apocalittica, per l’Italia e per l’Europa non sarà un dramma. In Germania si vota nel 2017 e la Merkel si avvia a candidarsi ed è avanti nei sondaggi, con la Germania che resta leader. La prima volta che nel 2014, a Ypres, ho detto “Cara Angela, la tua politica economica è sbagliata”, ero solo come un cane, lo dico sempre a Hollande, “mi piacerebbe che la Francia avesse più coraggio su questi temi”. L’unico che prese parola fu il valoroso compagno Muscat, premier di Malta. Credo che la Germania abbia bisogno di non essere lasciata egemone in Europa altrimenti fa male all’Europa e a se stessa. In politica economica Obama è da sempre al nostro fianco, ma l’Europa deve essere scardinata dall’interno e la vera questione è riuscire a usare il 2017 come occasione per superare l’austerity Le tappe sono la bilaterale con la Germania del 30 agosto a Maranello, l’appuntamento chiave del referendum a ottobre e il 25 marzo 2017, quando a Roma si festeggiano i 60 anni dell’Europa. Se l’Italia riuscirà a essere autorevole e credibile il discorso sul rapporto tra Italia e Germania del direttore Scalfari diventa interessante. Ci giochiamo la capacità di sorpassare il modello completamente sbagliato dell’austerità che ha fatto danni pazzeschi. Basta la crisi economica a spiegare l’avanzata dei populisti? Scalfari: Questo è difficile dirlo, noi per fortuna abbiamo Salvini che non tocca palla. Ma toccano palla i Cinquestelle che in alcuni comuni sono abbastanza forti. E secondo me loro sono l’aspetto, non dico positivo, degli indifferenti, degli astenuti. C’è una massa di astenuti e poi c’è una massa di Cinquestelle. Sono come astenuti che vanno a votare: vogliono semplicemente smontare quello che c’è, come gli astenuti.
Renzi: Il punto è che c’è bisogno di un’Europa che funzioni. I populisti vogliono scassare Bruxelles perché l’Europa non funziona, altrimenti crederebbero anche loro al grande disegno che ci ha dato 70 anni di pace. È possibile che negli ultimi mesi i discorsi più belli sull’Europa li abbiano fatti un cittadino argentino, Papa Francesco, e uno americano, ovvero Obama? Eppure quando i paesi dell’Est che sono stati salvati dall’Europa si permettono di dare lezione di morale a noi ignorando che se c’è un bambino che sta morendo in mare i valori europei e italiani ci impongono di salvarlo. Delle loro critiche non mi importa. Il populismo è anche non avere valori. Sui Cinquestelle ho una visione diversa, mi sono permesso di dire che la lettura nazionale dei dati delle elezioni locali è profondamente sbagliata, e non perché sono andato male a Roma e Napoli. Però anche se provo a mettere insieme i voti nazionali dico che in questo momento a livello nazionale il ballottaggio sarebbe tra Pd e centrodestra. Poi se vince Virginia Raggi è un problema dei romani se si dice no alle Olimpiadi, al completamento della Metro C, è un voto che riguarda i romani. Non credo che i giovani rifiutino la politica, ma se non prendiamo il loro voto la colpa non è loro, è nostra, mia per primo se non siamo bravi e gli consentiamo di innamorarsi di idee populiste e antieurpopee.
Se il referendum costituzionale non passa, oltre a far cadere il governo, cosa succede?
Scalfari: Come giornalista scrivevo che era una vergogna che Renzi comandasse da solo, ma recentemente su questo punto sono diventato “renziano”: con le complessità che ci sono attualmente e in una società globale, il capo del governo in tutti i paesi importanti comanda da solo. Sono favorevole al fatto che tu voglia cambiare la Costituzione e abolire il Senato, sono favorevole a un sistema monocamerale. Ma con l’Italicum questa Camera è in parte nominata. Per questo sono per votare No al referendum. Voterei Sì qualora la legge elettorale venisse cambiata e ho proposto che il premio di maggioranza scatti se un partito prende il 50% più un voto, quella che allora venne definita la “legge truffa”. Se tu cambi la legge elettorale io voto Sì al referendum, altrimenti non ti voto perché la legge elettorale così com’è ti rende padrone del campo. Diventi padrone per 15 anni e questo non va bene.
Renzi: Mi fa piacere discuterne tranquillamente, con toni pacati, ma se qualcuno mi dice che voglio governare l’Italia per 15 anni lo querelo. Se andiamo verso un sistema di responsabilità allora penso che dobbiamo fare al massimo due mandati: sarei pronto a firmare qualsiasi legge in questo senso. Chi governa si logora, checché ne pensi la buonanima di Andreotti, basta politica tutta la vita, non faccio il rottamatore a caso. Anch’io avrei voluto una legge elettorale diversa, ma la legge è uscita da sei passaggi parlamentari durante i quali ha dovuto trovare una difficilissima maggioranza. Avevo lanciato proposta di mettere i sindaci al Senato, me l’hanno bocciata prima del Consiglio dei ministri, altro che padrone del campo. Siamo arrivati a una riforma saggia e di buonsenso che non tocca poteri del presidente del Consiglio. Se va a finire che restano Camera e Senato con due leggi elettorali e un elettorato diversi, hai due maggioranze diverse e devi fare le larghe intese e gli inciuci mentre per una vita mi avete detto che non devo fare larghe intese e inciuci con Verdini. Se perdo vado a casa, vuol dire che la politica non fa per me, ma soprattutto se vince il No l’Italia diventa ingovernabile, ci saranno sempre larghe intese e inciuci e se si bloccano le riforme nell’Unione europea non ci fila più nessuno. Certo, poi c’è il rischio che con la nuova legge vincano la destra o i Cinquestelle, ma io sono un sostenitore dell’alternanza, voglio un sistema in cui il Pd fa il Pd e se vince governa, sennò fa opposizione. Altro che Partito della nazione. Naturalmente ci sono dei limiti in questa riforma, ma considerando da dove si era partiti è un passo avanti pazzesco. E la legge elettorale si fa con le maggioranze che si trovano. Partiamo dal Porcellum bocciato dalla Corte costituzionale e diventato Consultellum, un proporzionale puro che con un sistema tripolare porta necessariamente a fare accordi. Per questo mettiamo il ballottaggio, che consente di fare un governo come in Francia. La soglia del 40% è il punto di caduta che abbiamo trovato, ma se vai al ballottaggio poi passi con il 50 più uno. Nel 2013 tra Bersani, Grillo e Berlusconi nessuno avrebbe avuto il premio di maggioranza e saremmo andati al ballottaggio tra Bersani e Berlusconi, e lo avrebbe vinto Bersani. Quindi considero il ballottaggio un passo avanti straordinario. Quanto ai nominati, se vinciamo noi, speriamo, prendiamo 340 deputati, di questi al massimo 100 sono nominati. Gli altri sono eletti con le preferenze, meno di quanto avvenne con i collegi uninominali. Ricordiamoci quando D’Alema ci mandò Di Pietro al Mugello. Forse abbiamo alzato troppo il tono della discussione sul referendum, io per primo. Se sei chiamato da Napolitano a fare riforme e perdi, come minimo devi andarti a nascondere a casa. Ma se possiamo riportare la discussione sul merito, il no provoca ingovernabilità. La riforma costituzionale dura 30 anni, la legge elettorale due o tre.
Scalfari: La Dc non arrivò mai al 50% più uno, ma con la proporzionale pura governò il Paese per 30 anni, poi a un certo punto dovette fare accordo con socialisti di Nenni.
Renzi: C’è un punto su cui marco una distanza profonda, la Dc: siamo al 70esimo anniversario della Repubblica e abbiamo avuto 63 governi. Con un sistema proporzionale non c’è stabilità, un governo dura come un gatto in autostrada.