Il Fatto Quotidiano, 11 giugno 2016
Roma 2024, dal Messaggero al Corsera i quotidiani amano i giochi
Da lunedì un insolito spirito olimpico anima alcuni giornali e qualche trasmissione tv: l’importante, in questo caso, non è partecipare, come voleva il barone de Coubertin, ma organizzare. Interviste, articoli ed editoriali nell’ultima settimana hanno trasformato la candidatura di Roma ai Giochi del 2024 in una sorta di ordalia sul destino della città: se Raggi diventa sindaco, come dice Renzi, addio Olimpiadi. Nell’urna Grillo non ti vede, la fiaccola olimpica sì. Per capirci, vi sottoponiamo pezzi di un drammatico editoriale di Virman Cusenza, direttore del Messaggero, pubblicato giovedì: “Ben più che un ballottaggio. Roma sta per affrontare un passaggio cruciale della sua storia. In ballo non c’è solo l’ardua scelta del sindaco, ma uno spartiacque della visione che si ha della Capitale (…) Tutto questo è incarnato in un solo tema: la scelta sulla candidatura ai Giochi del 2024”. Qualcuno voleva votare per i bus, gli asili, i rifiuti, le tasse? Niente da fare. Conclusione epica: “Scriveva a fine 800 lo statista Ricasoli al patriota Torelli che ‘l’Italia senza Roma è un corpo morto’. E intendeva senza il prestigio di Roma. Ecco il senso del referendum che ci attende”.
A parte i toni, il riferimento al referendum non è peregrino: i Radicali oggi cominciano a raccogliere le firme (ne servono 28mila) per quello cittadino, a cui Il Messaggero è contrario. D’altronde, a via del Tritone i romani hanno già votato: “Il 56% è favorevole alle Olimpiadi”, titolava giovedì sulla base di un sondaggio Swg. Per i duri di comprendonio, Il Messaggero di ieri raccontava quale terra di latte e miele sarebbe Roma se avesse le Olimpiadi: 48mila posti di lavoro, 3 miliardi di benefici, oltre a tutta una seria di “beni intangibili tipo l’orgoglio di organizzare i Giochi”. Ovviamente la cosa non ha nulla a che fare con la scelta del giornale romano, ma en passant giova ricordare che le aziende del suo editore, Francesco Gaetano Caltagirone, otterrebbero soddisfazioni più tangibili dell’orgoglio da Roma2024.
Nel progetto, per dire, c’è il completamento della Vela, il palazzo dello sport progettato da Calatrava che sorge sui terreni dell’Università di Tor Vergata (per inciso l’ateneo che fornisce i numeri sui benefici economici dei Giochi): i lavori due anni prima dei mondiali di Nuoto del 2009 (presidente del Comitato organizzatore Giovanni Malagò, oggi a capo del Comitato olimpico). Le Vele dovevano costare 60 milioni: ora per finirle ne servono 300. I cantieri sono di Vianini, azienda della holding Caltagirone, che ha pure un’antica convenzione come concessionario di Tor Vergata che è citata nel decreto del governo Berlusconi per Roma 2009: interessante perché lì vicino dovrebbe sorgere il Villaggio Olimpico, da riconvertire poi in alloggi per studenti e housing sociale.
Vabbè, coincidenze. Tanto più che Malagò – ieri sul Corriere dello Sport – ci assicurava che stavolta è diverso: la città diventerà una meraviglia coi Giochi. Più lavoro, più ricchezza, nuove palestre nelle scuole, il parco acquatico della Magliana (i tecnici dicono che è irrealizzabile, ma farebbe tanto bene alla Fiera di Roma), un piano per i trasporti pubblici meraviglioso (che comprende la Metro C, Vianini è tra i costruttori). E comunque tutto “già votato e definito”: che volete?
Pure Luca Cordero di Montezemolo, presidente del Comitato organizzatore Roma 2024, intervistato giovedì dal Corriere della Sera, ha tranquillizzato tutti. Il nostro aveva la stessa carica pure a Italia 90: “Sprechi? Chi li denuncia ha ragione, ma noi non c’entriamo: eravamo il Comitato organizzatore”. Dei danni non ha colpa, ma le promesse se le intesta: l’ex presidente Ferrari, con ottimi agganci in Rcs, non ultimo l’amico azionista Della Valle, prevede 180mila posti di lavoro in più, mica i 48mila del Messaggero.
Mercoledì, sempre sul Corsera, il suo amico Maurizio Beretta, ex Confindustria, oggi a capo di Lega Calcio e comunicazione Unicredit, metteva a verbale: “È un’occasione d’oro come è stato Expo per Milano”. Un successone. E un referendum per chiedere ai romani? Come no, anzi di più: “Non solo a Roma, è un progetto di valenza nazionale”. In realtà, è di valenza mondiale: forse tocca all’Onu.