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 2016  giugno 11 Sabato calendario

Nel bosco di bambù di Alessandria

Non finirà mai nei menù dei panda in qualche zoo, ma per il resto tutto è ammesso. Il bambù ha 1500 applicazioni possibili: arredi, parquet, tessuti, borse, ecoplastica, carta, tisane, energy drink e persino biomassa. È il business del momento, in piena fase di decollo. E a giorni il Nord-ovest avrà il suo più grande campo di bambù: s’inaugura a Sezzadio, nella Pianura Padana, in un fazzoletto di terra fertile tra i fiumi Tanaro e Bormida, nell’Alessandrino. «Sono 20 ettari e le piante saranno oltre 20 mila: ma è solo il primo step, l’intenzione è ingrandirlo fino a farne l’appezzamento più grande d’Europa» spiega, stivali ai piedi e mani nella terra, Ivan Beltrame, 46 anni, entusiasmo da agricoltore in erba nonostante, in realtà, provenga da tutt’altro settore, quello delle vendite. È di Castello d’Annone, nell’Astigiano, e se gli chiedi perché a un certo punto della vita ha voluto investire nel bambù, ti risponde: «Perché ho 4 figli da mantenere». Goliardico, ma con un fondo di verità: coltivare bambù è particolarmente redditizio, i ricavi corrispondono a circa il doppio della spesa. E la manutenzione è minima: bastano fertilizzanti, acqua e manodopera, per il raccolto in primavera. Quelli di Sezzadio, poi, non sono bambù normali, ma giganti: «In genere arrivano fino a 6 metri, questi invece raggiungeranno i 25 metri», a raccontarlo è l’altro socio, Bader Abdouhi, 29 anni, di origini marocchine ma radicato a Calamandrana. È un calciatore della Nicese, campionato d’Eccellenza, e gestiva un bar prima di scoprire le piante che ora lo tengono occupato a tempo pieno. La terza coppia di braccia tornate all’agricoltura è quella della tecnica torinese Monica Nota, 40 anni. Insieme hanno creato la holding Genesi Life, con la quale partecipano all’investimento della Genesi One, srl che ha comprato i terreni con circa 15 soci in tutta Italia (da Perugia a Bergamo, da Bari a Milano). «Ci vorranno 3 anni prima che le piante entrino a regime» continua Beltrame, mentre scarica i vasi arrivati dal vivaio Only Moso, 10 ettari a Faenza. C’è davvero mezzo Stivale coinvolto in questo angolo dell’Alessandrino. Il primo raccolto è atteso nella primavera del 2019: «Sarà una sorta di vendemmia dei germogli». Coglierli è quasi d’obbligo, e anche piuttosto in fretta: il rischio altrimenti, essendo un infestante, «è che il bambù cresca a ritmi impressionanti: fino a 1 metro al giorno, tanto da notarlo a d’occhio nudo. E poi in autunno c’è il taglio dei colmi». Le piante, crescendo, si intrecciano tra loro, a creare una foresta. Anzi, un «bambuseto», si chiama così. E l’aria ringrazia: «Brucia anidride carbonica: un ettaro di bambuseto produce tanto ossigeno quanto 20 ettari di bosco». I tre soci ne sono incantati, dicono che l’America ne ha già scoperto le grandi doti elencano le applicazioni nella bioedilizia. Lo chiamano «l’acciaio vegetale» perché è resistentissimo. «Ma lo si può utilizzare davvero per qualsiasi esigenza: al posto del rovere nei parquet e del teak nei yacht, con le foglie si preparano tisane, the, e la polvere di bambù serve per forgiare contenitori in bioplastica».