Libero, 13 giugno 2016
Giovani renziane crescono. Intervista ad Anna Ascani, talento politico e faccia tosta
«Mangio una cosa e arrivo». Giacca gialla, pantaloni neri. Man mano che Anna Ascani, classe 1987, stella emergente del Pd, risponde, su un divanetto di Montecitorio, alle domande, capisci perché Matteo Renzi punta su di lei. E la manda, sempre più spesso, in tv. Facendo arrabbiare, anche sei lei nega, molte colleghe. È determinata, ma non aggressiva. È preparata, si vede che fa politica da tempo, nonostante l’età. Ma non dà l’impressione di ripetere la lezioncina o di fare la maestrina.
Chiara Appendino e Virginia Raggi, giovani donne grilline, sono le star di queste Amministrative. Le invidia?
«Ho la fortuna a 28 anni di fare qualcosa che mi piace, in un mondo che solo dieci anni fa era estremamente maschile. Pensi che quando ho detto a mia nonna che volevo candidarmi, lei non si capacitava. Per dire come è radicata questa cultura. No, non le invidio. Penso sia un buon segnale per tutti che da più parti le donne si approprino dello spazio pubblico».
Hillary Clinton corre per la Casa Bianca. Il Pd è pronto per un segretario o premier donna?
«Penso di sì. È molto recente l’ingresso delle donne nei palazzi della politica. In passato ci sono stati esempi. Penso a Nilde Iotti, Tina Anselmi. Ma erano una minoranza. Ora non siamo alla parità, ma la percentuale è molto aumentata. Poi non è che si diventa segretario da un giorno all’altro. Ma, facendo esperienza, ci si arriva».
E nel Pd c’è una donna che secondo lei potrebbe fare il leader?
«Ci sono tante donne che ricoprono ruoli importanti. Penso ai nostri ministri. Poi è chiaro che Renzi è un leader molto forte, quindi è difficile da battere. Ma per chiunque, donna o uomo. Ma chissà. Può capitare».
Madia, Boschi potrebbero?
«Finché nel Pd c’è Renzi è difficile contendergli la leaderhsip. Poi vedremo. Il ministro Pinotti, per esempio, è meno in vista di Marianna o di Maria Elena, ma sta facendo molto bene. Maria Elena ha fatto un lavoro molto impegnativo sulla riforma costituzionale ed è riuscita a portarlo fino in fondo tra grandi difficoltà. Marianna Madia anche. Ha messo mano alla macchina della pubblica amministrazione e sta vincendo molte resistenze».
In questi due anni le è stato più di ostacolo l’età o l’essere donna?
«All’inizio l’età. Quando siamo arrivati, la situazione era devastante. Nessuno ci ha spiegato come funzionava il Parlamento. Non sapevamo nemmeno dov’erano le commissioni, perché tutti erano presi dal problema politico generale e non avevano tempo di spiegare. Il fatto di essere donna si sente meno, perché questa volta siamo veramente tante».
È stato difficile farsi considerare dai colleghi maschi?
«Molto più per l’età che per il genere. Chi ha una storia alle spalle ti guarda come se non fossi al suo livello. Ma poi l’autorevolezza la si guadagna sul campo, in base a quello che fai».
Si dice che molte sue colleghe siano scocciate perché la mandano molto in tv.
«Ma no. I complimenti più belli li ho ricevuti da colleghe più grandi di me. Poi in politica un po’ di rivalità c’è sempre: tra uomo e donna, tra giovani e vecchi, tra coetanei».
A quale leader politico donna le piacerebbe somigliare?
«Aung San Suu Kyi. Ovviamente spero di non dovermi trovare nella sua situazione. Ma è l’esempio di una donna che ha saputo rialzare il suo Paese e non si è fermata di fronte a difficoltà vere».
La sua massima ambizione?
«Quando facevo le medie la professoressa chiamò i miei perché in un tema avevo scritto che sarei stata la prima presidente della Repubblica. Mi disse: “Ma non pensi che ce ne sarà una prima di te?”. Temi a parte, sono già felice così. Non avrei mai immaginato di fare la parlamentare a 25 anni. Poi vediamo. Le carriere politiche sono sempre un mistero».
Torniamo alla realtà. Un anno fa, dopo altre Amministrative, disse che Renzi non poteva fare il premier e il segretario nello stesso tempo. Lo ripete ora?
«Avevo detto che il partito ha bisogno di cura. Oggi parla di lanciafiamme… Io penso che Renzi possa fare segretario e premier, però ci vuole più cura nei confronti del partito. Soprattutto nei territori, dove in molti casi la classe dirigente è rimasta quella pre-Renzi. E i cittadini questo lo vedono».
Gli under 25 hanno preferito il M5S. Perché il Pd non li convince?
«Il Renzi degli inizi aveva catturato i consensi di quella generazione, dando una speranza vera di cambiamento. Un po’ conta che nei territori si è visto poco cambiamento. Poi quando le prospettive lavorative sono poche e hai paura di stare peggio dei tuoi genitori, è più facile votare una forza di protesta che una di governo».
Facciamo qualche previsione: chi vince a Milano, a Torino, a Bologna e a Roma?
«A Milano penso che Sala possa farcela con l’aiuto di Pisapia: dobbiamo recuperare quelli che non sono andati a votare il Pd, mentre avevano votato Pisapia. Anche se va riconosciuto che il centrodestra ha fatto una buona scelta. Trovo improbabile che i bolognesi possano scegliere un sindaco leghista, quindi scommetto su Merola. A Torino il risultato dell’Appendino mi ha sorpreso più di quello della Raggi. Lei stessa è diversa».
In che senso?
«È meno recitata, più politica. Però credo che Fassino abbia amministrato bene e per questo i torinesi lo confermeranno».
Resta Roma.
«Ed è un’incognita. Il M5S pensa di aver già vinto, ma non è scontato. Capisco il voto di protesta. Roma ha subito tanto mal governo. Però Giachetti è la figura giusta: è concreto, ha già governato. Non è solo slogan. Se passa questo messaggio, si può vincere».
Lei ha iniziato a 18 anni, candidandosi al consiglio comunale di Città di Castello. Cosa spinge una 18enne a candidarsi?
«In realtà è stata una scelta di ribellione. Ero in giro in motorino con degli amici. Poi, tornata a casa, ho trovato mio padre con degli amici che discutevano di fare una lista civica. Uno di questi disse: “Tua figlia sarebbe perfetta”. E mio padre: “Non ci pensare nemmeno”».
Tuo padre ha fatto politica nella Dc, giusto?
«Ha fatto il vicesindaco, ma ha smesso nel 1992. L’avevano contattato per fare questa lista civica. E così quando lui disse di no, io, per ribellarmi, dissi: “Va bene, ci sto”».
Adesso tuo padre è contento?
«Sì, ma è sempre un po’ preoccupato. Conosce la politica, sa che può dare grandi soddisfazioni, ma è anche un mondo fatto di scorrettezze. Se ne può uscire delusi o disillusi».
Poi scrive una lettera a Enrico Letta per impegnarsi nelle primarie del 2007. Perché sceglie il “grigio” Letta e non Veltroni?
«Non ero iscritta a nessun partito. Non condividevo quello che c’era dietro Veltroni, l’idea che dietro a uno che interpretava il rinnovamento, ci fossero tutti quei partiti a cui non mi ero voluta iscrivere».
Sente ogni tanto Letta?
«Sì».
Renzi ha sbagliato con lui?
«Le dinamiche politiche, quando si intrecciano a quelle personali, sono sempre difficili da commentare. Credo si sia creata una situazione che non dipendeva solo da Renzi o da Letta. Enrico in questo Paese ha fatto cose importanti. Adesso credo si stia divertendo molto a fare il professore. Ma magari fra dieci anni potrebbe tornare in Italia. Dipende da lui».
Un difetto e un pregio dei due.
«Il pregio di Matteo Renzi è la velocità. È in grado di interpretare quello che accade e di esser sempre avanti agli altri. Però questo, a volte, è un difetto, perché rischia, quando curva, di non portarsi dietro tutti. Il pregio di Enrico è di essere un uomo che approfondisce, studia. Il difetto è che non ha sempre la stessa capacità di leadership».
Ho letto che si è laureata in “Accountability”, ossia la capacità di rendere conto agli elettori, così che possano valutarti. Che valutazione emerge dal voto di domenica?
«Napoli è sorprendente. Dopo cinque anni, se l’accountability funzionasse, gli elettori avrebbero dovuto chiedere conto a De Magistris di cosa ha fatto. Invece non credo che la spinta del voto sia stata questa. Se vado a Napoli non trovo una città migliorata rispetto a cinque anni fa. A Roma, invece, questo principio lo paghiamo».
Prima di entrare a Montecitorio, sognava di insegnare filosofia nel suo liceo. La vita ha preso un altro corso o in futuro le piacerebbe?
«Chissà. La mia passione, oltre la politica, resta la filosofia. Ma dovrei aspettare il prossimo concorso».
In tv si è confrontata con leghisti e con grillini. Chi sono più tosti?
«Salvini parla alla pancia, ma citando cose concrete. E poi molti leghisti hanno fatto gli amministratori. I grillini sono solo slogan, spesso non hanno la conoscenza minima di quello che succede. Sono più tosti i leghisti».
Alle Politiche il ballottaggio sarà con il M5S o con il centrodestra?
«Se il centrodestra riesce a fare quello che ha fatto a Milano, scegliendo Parisi, torneremo a esser un Paese normale, in cui c’è un centrodestra e un centrosinistra. Penso che il nostro avversario sarà di centrodestra».
Lei e Di Maio siete stati selezionati dalla rivista Forbes tra i 30 politici under 30 più influenti in Europa. Le piacerebbe candidarsi premier contro Di Maio?
«Io mi auguro che Di Maio prenda la percentuale che debba avere un candidato anti-sistema in una situazione normale – il10 o 15%- e l’esperienza si chiuda così. Poi mi auguro che studino un po’ di più. Andare avanti solo con il blog di Beppe Grillo e il richiamo all’onestà è un po’ poco».
È a favore o contro la maternità surrogata?
«Sono contraria. Mi ritrovo pienamente d’accordo con la risoluzione Finocchiaro votata in Senato. Dovremo spenderci perché a livello internazionale si trovi il modo per far rispettare di più la dignità delle donne».