Il Sole 24 Ore, 13 giugno 2016
La difficile arte di pagare le tasse con l’arte
Il fisco si inchina alla cultura. Siamo in tempi di dichiarazione dei redditi e va ricordato che le pretese dell’Erario non sempre vanno esaudite in moneta sonante. Possono andar bene anche quadri, reperti archeologici, statue, immobili, carte geografiche, spartiti musicali, manoscritti, carteggi, incunaboli, stampe, fotografie, pellicole cinematografiche. Purché abbiano un rilevante interesse culturale.
Non è una novità. La normativa che chiede al fisco di rinunciare ai soldi e “accontentarsi” di beni storici e artistici ha più di trent’anni. È stata, infatti, la legge 512 del 1982 a introdurre questa possibilità, che, però, è stata utilizzata poco e male. I casi di scambio si possono contare sulle dita di una mano. L’ultima proposta andata in porto – su sette presentate – è stata quella relativa alla tela di Alberto Burri “Bianco e nero”, stimata circa 100mila euro. L’operazione è stata perfezionata nel 2010 e il quadro è ora esposto presso la Galleria nazionale dell’Umbria.
E questo la dice lunga sul funzionamento della commissione interministeriale Beni culturali-Economia che deve dare il via libera, dopo un’articolata istruttoria, alla compensazione delle tasse attraverso le opere d’arte. Durante questi ultimi trent’anni, infatti, la commissione si è riunita a singhiozzo e per lunghi periodi è stata inattiva, complice le continue riorganizzazioni del ministero dei Beni culturali. Dal 2010, dopo aver deliberato sull’opera di Burri, non si è riunita per quattro anni. Ha ripreso a funzionare a ottobre 2014, quando l’attuale ministro della cultura, Dario Franceschini, l’ha ricostituita.
Da quel momento, la commissione ha ricevuto 16 nuove proposte e altre otto le ha tirate fuori dai cassetti, dove giacevano in attesa di risposta. La metà delle richieste avanzate dai contribuenti ha passato il vaglio, per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro di beni proposti al fisco per azzerare i debiti (si veda la scheda). E altre quattro domande sono al momento in istruttoria. A riprova che l’intuizione di trent’anni fa non è caduta nel dimenticatoio.
Anche questa volta, però, c’è stato un intoppo. Come ha scritto lo storico dell’arte Tomaso Montanari in una recente lettera con cui ha comunicato a Franceschini le dimissioni dalla commissione perché riteneva il lavoro inutile, anche le dodici proposte che hanno ricevuto il via libera non sono potute andare avanti perché nel bilancio dell’Economia c’erano solo poco più di 31mila euro per far fronte ai due milioni di minori entrate determinate dal fatto che i contribuenti pagherebbero non con i soldi ma con le opere d’arte.
La situazione di stallo – assicurano al ministero – è stata però superata. I soldi per ripianare i conti dell’Erario sono stati trovati e ora si sta procedendo con la predisposizione dei decreti con i quali comunicare agli interessati l’esito positivo della loro richiesta e il valore accordato all’opera.
L’iter prevede, infatti, che si presenti la domanda alla soprintendenza, la quale istruisce la pratica, effettua una valutazione della congruità del valore del bene proposto dal contribuente e gira il fascicolo a Roma, alla direzione generale di competenza, che predispone una propria relazione e sottopone il tutto alla commissione interministeriale. Quest’ultima tira le fila del procedimento, esprimendo un parere sia sul “prezzo” dell’opera da convertire in tasse sia sulla convenienza e opportunità di acquisire al patrimonio statale un nuovo bene culturale.
Se il parere è positivo, la direzione generale prepara un decreto a firma del ministro dei Beni culturali, di concerto con quello dell’Economia, con il quale illustra al contribuente l’esito della richiesta e il valore accordato al bene. Il contribuente ha due mesi per accettare.
La legge 512 (più volte modificata) stabilisce che con le opere d’arte possano essere pagate l’imposta di successione e tutti i tributi di competenza statale. C’è, però, una differenza di procedimento: infatti, mentre nel caso dell’imposta di successione, la richiesta di farvi fronte con le opere d’arte interrompe il termine di pagamento, nel caso delle imposte dirette, la domanda da parte del contribuente non sospende il versamento di quanto chiesto dal fisco. Un motivo in più per velocizzare le procedure.