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 2016  giugno 13 Lunedì calendario

Il ritorno degli hooligans inglesi, come gli anni ’80

L’Inghilterra si ritrova costretta a chiedersi se stanno tornando gli Anni Ottanta e non è una moda, sono i peggiori incubi della loro storia calcistica.
A ogni grande torneo c’è una rissa e puntualmente l’Inghilterra ci si tuffa dentro. Sempre. E il fatto che a Marsiglia i russi avessero preparato l’imboscata non cambia l’evidenza. I britannici banditi dagli stadi in patria, quelli che riescono a stringere alleanze con le frange violente di mezzo mondo, quelli che non evitano mai lo scontro, anzi lo vanno a cercare, resistono. Non si estinguono.

La banda di ubriachi

I messaggi che circolavano a Marsiglia erano chiari: «Evitate il Porto vecchio». La banda di ubriachi è subito corsa là. Guidata dalle stesse motivazioni che sfociavano negli assalti di un’epoca fa. Oggi è più complicato trattarli come emarginati, rigurgito di un passato ormai sepolto. Sembrano piuttosto degli zombie dell’«English desease», il titolo del filone a tema hooligan prodotto negli ultimi 20 anni dall’Inghilterra. Film, testi sociologici, romanzi, serie tv: tutto per raccontare una deriva che a tratti sembrava chissà come una controcultura. È così che si è diffusa, poi soffocata da leggi dure, ma pure da una maggioranza schifata. Una maggioranza che di recente è come minimo distratta.
Le gang sono tornate a scuola, gli hooligan non sono rientrati negli stadi ma hanno scoperto di riuscire a fare danni in abbondanza pure fuori. Adesso la polizia non ha l’ordine di trattarli come animali, scelgono strategie più redditizie, non accettano provocazioni, tentano di tranquillizzarli e quindi l’asse tra tifoso generico e ultrà scatenato, che per un certo periodo ha retto contro le forze dell’ordine, è scongiurato. I sintomi da tenere sotto controllo non sono gli stessi, però esistono.
Tracce di rivolta
Marsiglia non arriva dopo un 2016 quieto. Tracce di rivolta hanno macchiato partite di ogni livello: dall’ultima di Premier League, con la sassaiola dei fedelissimi del West Ham al bus del Manchester United ai playoff di League One con i soliti noti del Milwall impegnati a devastare angoli di stadio. Casi isolati, neutralizzati eppure in crescita.
I cattivi ragazzi non sono più tanto reietti. Sono schedati e il rigore delle norme di sicurezza li tiene lontano dal centro del gioco, eppure non provano ad opporsi a questa realtà. Sanno che basta darsi appuntamento alla fermata della metropolitana, o al Porto Vecchio, per avere soddisfazione.

Giungla d’asfalto

Un gruppetto di reduci del confronto a spranghe tra russi e inglesi ha scandito davanti alla telecamera: «We don’t run», il motto degli scatenati al seguito del Manchester United nel periodo buio. «Non si scappa dagli agguati», è un vecchio urlo della giungla d’asfalto sputato fuori dall’ultima crisi. I frustrati si cibano dell’insoddisfazione collettiva, si nascondono nel malessere generale, sfruttano la vaga e assurda ipotesi che il loro bisogno di guerriglia sia sfogo sociale. E fino a un paio di anni fa l’idea non avrebbe trovato alcun seguito in Gran Bretagna. Nell’ultimo Scozia-Inghilterra, giocato a Glasgow, ci sono stati 27 arresti. Nella stessa partita giocata nel 1999 si è arrivati a 230: i numeri non sono certo gli stessi e neanche i rischi, solo che la forbice non può dare troppe certezze. Dal silenzio si è passati a un brusio a intermittenza che inquieta. E non è gente che cerca di determinare una qualche territorialità con le botte, non hanno ideali e sono contenti di connettersi alla feccia del resto del continente. Stringere alleanze oltre confine era una carta che nei rudi Ottanta non stava sul tavolo. Ora le canaglie si danno appuntamento via Facebook, decidono chi sta con chi e chi deve menare chi. Ogni Paese ha isolato i propri sballati, però loro si sono ritrovati e questo Europeo dimostra come siano fragili gli equilibri. E labili gli esili.