13 giugno 2016
Attacco terroristico in un club di Orlando (Florida): muoiono cinquanta persone • Ancora scontri tra tifoserie in Francia • A Milano esplode una casa • La Difesa vende le sue ville • Va pensione una dipendente comunale che non ha mai fatto un giorno di assenza per malattia • È la fine del semaforo?
Orlando Nella notte di sabato 11 giugno, in Florida, nel club Pulse un uomo armato è entrato e ha fatto una strage: 50 morti, 53 feriti. È l’attacco più grave dopo l’11 settembre, più devastante di quella del 2 dicembre 2015 (16 morti) a San Bernardino, in California. Alle due di mattina Omar Mir Saddiq Mateen, 29 anni, cittadino americano di famiglia afghana, residente a Port St Lucie (210 chilometri da Orlando), si presenta davanti al locale, nella zona downtown di Orlando, in West Kaley street. Il Pulse, aperto nel 2004, è frequentato soprattutto dalla comunità gay. In quel momento dentro ci sono 300 persone, il servizio di sicurezza, dato l’orario, è ridotto. Omar Mir Saddiq Mateen è armato con un fucile d’assalto modello Ar-15, semiautomatico, più una pistola e, sembra, diverse granate. Comincia a sparare già dall’esterno, ma solo dopo aver aver avvertito il 911 annunciando una strage «nel nome dell’Islam». Supera la resistenza della sicurezza ed entra correndo e sparando. Tanti ragazzi, con la musica ancora molto alta, non si accorgono subito di quel che accade. La strage continua, molti fuggono dal locale per le stradine intorno. A questo punto la ricostruzione dei fatti non è ancora del tutto chiara. Il terrorista avrebbe radunato qualche decina di persone, tenendole in ostaggio, pronto a usarle come schermo contro la polizia. Intanto una cinquantina di clienti è riuscita a barricarsi nel bagno. Solo alle cinque di mattina l’ufficiale ordina l’irruzione. Si muove un blindato, coperto da due granate stordenti. Dietro gli «swat», le forze speciali. La sparatoria è furiosa. Omar riesce a colpire alla testa un agente, ma la pallottola si infrange contro l’elmetto verde, senza danni. Subito dopo il terrorista viene ucciso. Si aprono le porte del bagno: i poliziotti portano fuori gli ostaggi. Amaq, l’agenzia dello stato islamico, ha rivendica l’operazione dicendo: «Omar è uno dei nostri» (Sarcina, Cds). [Sull’argomento leggi anche il Fatto del Giorno]
Mateen Omar Mir Saddiq Mateen era stato tenuto sotto osservazione dell Fbi nel 2013 e 2014: si pensava fosse vicino all’estremismo. La sorveglianza si era conclusa con un nulla di fatto. Nato a New York, poi trasferitosi insieme ai genitori in Florida, a Fort Pierce, ha lavorato come guardia privata. Nel 2009 si sposa con una ragazza uzbeka conosciuta online, hanno un figlio, però il matrimonio dura poco, perché picchia la moglie: nel 2011 divorziano. Frequenta la moschea ma non è religioso. Il padre Mir, scrive il Washington Post, non ha mai nascosto di pensarla come i talebani. «I nostri fratelli in Waziristan, i nostri fratelli guerrieri nel movimento talebano si stanno sollevando», è uno dei testi postati su Youtube assieme ad un bizzarro messaggio dove, in divisa, ordina l’arresto di dirigenti politici afghani. Questi, subito dopo la notizia della strage, ha provato a giustificare l’operazione del figlio come una reazione a un episodio personale: aveva visto due uomini che si baciavano. Omar Mir Saddiq Mateen era stato indagato per i suoi possibili contatti con Moner Abusalah, un altro cittadino americano, anche lui di Fort Pierce, morto come kamikaze in Siria nel maggio 2014 e noto per alcuni filmati dove invoca la morte per gli omosessuali. Il militante, prima della sua fine alla guida di un camion bomba, era tornato per un periodo in patria per una missione di proselitismo (Olimpio, Cds).
Padre Ancora sul padre di Omar Mir Saddiq Mateen: ò proprietario di una ong, la Durand Jirgua. Si è “auto-candidato” alla presidenza dell’Afghanistan. È noto anche perché ospite frequente nei talkshow di una tv locale della Florida rivolta alla comunità afgana (Rampini, Rep).
Obama Alla Casa Bianca fino a giovedì le bandiere saranno a mezz’asta in segno di lutto per i fatti avvenuti al Pulse. Obama ha commentato: «Sappiamo abbastanza per dire che è stato un atto di terrore e di odio», e ha richiamato ai «valori che ci rendono americani». Una sola certezza: «Era una persona piena di odio, questo lo sappiamo». Obama ha ricordato che questa è «la peggiore strage nella storia dell’America» e ha colpito al cuore una comunità che negli Stati Uniti, in questi ultimi anni, ha finalmente conquistato diritti a lungo negati. Ancora una volta ha sottolineato la necessità di un maggiore controllo sulle armi. Trump ha twittato, mentre ancora Obama stava parlando: «Il presidente ha intenzione di menzionare le parole terrorismo islamico radicale? Se non lo farà, dovrebbe dimettersi immediatamente!». Già in mattinata aveva ribadito la sua linea: «Voglio durezza e vigilanza». Hillary Clinton: «Non c’è posto per le armi da guerra sulle nostre strade» (Gandolfi, Cds).
Tifosi Si moltiplicano gli scontri tra tifoserie agli Europei di calcio: dopo la guerriglia a Marsiglia, ieri nuovi tafferugli a Lille, mentre a Parigi un tifoso è riuscito a invadere il campo per festeggiare insieme ai giocatori il gol della Croazia. Dopo aver devastato il centro di Marsiglia, gli ultras russi sono riusciti a portare dentro al Vélodrome addirittura dei razzi. I controlli dentro gli stadi spettano all’Uefa, che ieri ha dato un ultimatum a Russia e Inghilterra, minacciando di squalificare le squadre in caso di nuovi incidenti. L’Uefa accusa gruppi di tifosi russi di aver attaccato gli inglesi, intonando canti razzisti e lanciando fumogeni. La battaglia di Marsiglia sarebbe cominciata da una prima rissa fra ultrà del Psg accorsi a dar man forte ai russi e marsigliesi contro gli inglesi. In strada c’erano solo 1.200 poliziotti e i fermi sono stati solo 10. Il governo francese, concentrato sulla minaccia terroristica, ha sottovalutato la gestione degli hooligans. Il ministro dell’Interno ha deciso ieri di vietare la distribuzione di alcol nelle zone considerate più pericolose. Una misura tardiva e paradossale, visto che uno degli sponsor di Euro 2016 è la birra Heineken (Ginori, Rep).
Metano Ieri mattina a Milano, in via Brioschi 65, c’è stata un’esplosione in un palazzo che ha ucciso 3 persone e provocato 12 feriti tra cui 2 bambine gravi. Ora 61 famiglie sono sfollate per il crollo del palazzo. Probabilmente al terzo e ultimo piano, l’appartamento di Riccardo Maglianesi e Chiara Magnamassa, originari delle Marche e morti sotto le macerie, si è riempito di metano per una fuga di gas. Qualcosa, anche solo un interruttore, deve aver fatto da innesco e alle 8,56 l’esplosione è stata spaventosa. Morta anche la vicina di casa, Micaela Masella, di 43, insegnante di danza, sbalzata sull’impalcatura che circondava l’edificio (erano in cosro lavori di ristrutturazione alle facciate) (Bianchini, Rep).
Ville Il Ministero della Difesa vende tre dimore storiche: il villino Campos a Roma, villa Nike a Napoli e villa Banti a Firenze. Dopo gli stabili, le caserme, gli alloggi di servizio già messi sul mercato, si passa dunque alle case di pregio. Lo Stato vende per recuperare fondi e soprattutto per risparmiare le spese di manutenzione. L’obiettivo dichiarato dal ministro Roberta Pinotti parlava di ricavi dall’intero patrimonio pari a circa un miliardo di euro, circa 200 milioni sono già entrati. La vendita delle ville storiche potrebbe far entrare nelle casse circa 20 milioni di euro, oltre a consentire il recupero degli altissimi costi annuali. Villino Campos, sul Lungotevere, è grande «circa 1.000 metri quadri comprende un giardino di circa 800 metri quadri, ha 3 piani con atrio, salone di rappresentanza, studio, sala riunioni, sala bar, due soggiorni, due sale da pranzo, sei camere, due cucine, otto bagni». E poi «due lavanderie, una sala preparazione rinfreschi, due cantine». Villa Nike, oltre 1.300 metri quadrati, così divisi: «tre saloni, la biblioteca, le camere, i bagni e la cucina industriale al piano terra», un secondo piano con affaccio sul composto da «salone, nove camere, tre guardaroba, sei bagni, una sauna e due ripostigli». E poi piscina, parco con viale alberato, autorimessa. Senza contare gli interni con marmi pregiati e mosaici. Villa Banti, «a ridosso delle antiche mura cittadine», vicina alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze. Anche in questo caso ci sono tre piani per oltre 700 metri quadri, «saloni, otto camere, otto bagni, giardino, garage». La Difesa vuole dismettere, oltre ad alcune caserme, anche 3.000 appartamenti a Torino, Firenze, Milano, Bologna, Viterbo, Venezia (Sarzanini, Cds).
Pensione È andata in pensione una signora di nome Tina Marotti, 60 anni, dipendente degli uffici comunale di Spotorno, dove ha prestato servizio prima come bibliotecaria e poi nella segreteria generale. In 41 anni e 10 mesi di servizio non ha mai preso un giorno di malattia ed è andata al lavoro anche con la febbre: «Però mi sono presa la maternità». Si dice fortunata: «Non ho mai avuto problemi seri di salute. Cosa vuole che sia un po’ di febbre? Odio lasciare le cose in sospeso o delegare. Anche adesso nel mio ufficio è tutto a posto, in attesa del mio successore» (Pelosi, Sta).
Semaforo/1 Carlo Ratti, direttore dell’Mit Senseable City labs, dice che in futuro, con l’uso delle auto che si guidano da sole i semafori non serviranno più. Sulla base degli studi di Ratti e degli esperimenti che ha portato avanti a Boston, all’incrocio tra la Columbus e la Massachusetts Avenue, e a Singapore, le macchine intelligenti, cioè dotate di sensori che permettono una comunicazione continua tra i mezzi, potrebbero ridurre sia il traffico che la tipica concentrazione di polveri sottili facendone a meno. Invece in 12 incroci di Guiyang, in Cina, un esperimento condotto da Ntt Docomo, colosso telefonico giapponese, insieme all’Institute of Software Chinese Academy of Sciences, ha dimostrato che grazie all’adeguamento al traffico, in tempo reale, dei semafori, si è registrata una riduzione del tempo di passaggio di circa il 10%, con punte del 51% (Sideri, Cds).
Semaforo/2 Il primo tipo di semaforo, apparso nel 1868 a Londra: un segnale simile a quelli ferroviari, costituito da una lanterna a gas rotativa che alternava una luce rossa a una verde. Il primo semaforo a illuminazione elettrica venne installato a Cleveland, all’angolo fra la 105ª strada Est e la Euclid Avenue e venne messo in funzione il 5 agosto 1914. Disponeva di due sole luci, una rossa e l’altra verde. Il primo semaforo a tre colori sarà installato nel 1920 a New York (ibidem).
(a cura di Daria Egidi)