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 2016  giugno 11 Sabato calendario

Con Brexit ci rimette tutta l’Ue ma Francia, Svezia e Germania di più

«Con l’uscita di Londra l’integrità dell’intera Ue sarà messa in discussione e a soffrirne sarà soprattutto l’anello debole della catena: i Paesi della periferia e il loro debito, che per il momento si salva grazie agli acquisti della Bce».
Ragionamenti come il precedente non sono per fortuna molto frequenti, ma li abbiamo sentiti da quando il tema del referendum britannico tiene banco. Anche per questo motivo, a meno di due settimane dal voto che ieri tanto ha spaventato i listini azionari del Continente, vale la pena di ricordare quanto hanno sostenuto gli analisti di S&P Global Ratings, che con il loro Brexit Sensitivity Index hanno in parte sovvertito le classifiche del rischio e di sicuro messo da parte molti preconcetti. 
Certo, l’indicatore elaborato dall’agenzia di rating non ha preso in considerazione il fattore politico, né l’annosa questione del debito che ancora attanaglia alcuni Stati come il nostro. Ha però misurato la sensibilità alla Brexit (che ricordiamolo, è ancora un’eventualità, non una certezza) a 20 Paesi considerando parametri strettamente economici e finanziari come le esportazioni di beni e servizi verso il Regno Unito, i flussi migratori bidirezionali, le controversie con le controparti britanniche nel settore finanziario e gli investimenti diretti stranieri nella Gran Bretagna: analizzando cioè le possibili ricadute sull’economia reale, che poi è ciò che realmente conta. 
Il fatto che la Repubblica d’Irlanda si trovi in testa a questa speciale classifica non è certo una sorpresa: non fosse altro perché è l’unico Paese che materialmente confina con il Regno Unito condividendo una frontiera lunga 499 chilometri. Logico quindi che lo scambio migratorio sia significativo (la percentuale degli irlandesi residenti in Gran Bretagna e viceversa raggiunge il 17,2%) e anche che l’interscambio di export e di investimenti rende Dublino di gran lunga la più vulnerabile in caso di vittoria dei «sì» al referendum del 23 giugno con un fattore 3,5 (su 4) rispetto alla mediana di 0,8 registrata nelle aree considerate. 
Il bello però arriva scorrendo la graduatoria di S&P verso il basso. Troviamo infatti prima tre Paesi come Malta, Lussemburgo e Cipro accomunati, oltre ché dall’estensione geografica ridotta, anche dall’essere piccoli (o grandi nel caso del Lussemburgo) centri di servizi finanziari con connessioni storiche con la Gran Bretagna. Il fattore finanza condiziona anche la Svizzera, appena ai piedi del podio, i cui legami con una piazza regina nel mondo come Londra sono difficili da ignorare. Anche perché potrebbe mancare l’usuale protezione del franco, il cui ruolo di «valuta rifugio» appare piuttosto sbiadito negli ultimi tempi. 
Belgio e Olanda sono invece i Paesi continentali relativamente più esposti alla Brexit con un grado di rischio doppio rispetto alla media per via di un legame molto accentuato con il Regno Unito in termini di export di beni e servizi e di investimenti. Con la loro solidità presunta precedono però il primo dei Paesi periferici, cioè la Spagna, che alla Gran Bretagna è esposta in modo rilevante in termini di flussi finanziari (si pensi ai grandi gruppi bancari iberici che hanno inevitabilmente succursali nella City) e di investimenti. 
Per trovare l’Italia occorre invece scivolare fino in fondo alla classifica in una posizione, la penultima, (soltanto l’Austria ci segue) che per una volta può essere un vanto e non un’onta. Più a rischio di noi, nella graduatoria di S&P, sono per esempio Francia, Svezia e addirittura Germania, proprio perché i nostri legami con il Regno Unito in termini economici e finanziari non sono poi così vincolanti. 
Questo non significa certo che la vittoria dei «sì» nel referendum popolare del prossimo 23 giugno non possa avere un effetto destabilizzante nel breve termine sui mercati, ma se ragionando in un’ottica più di ampio raggio i BTpe gli altri asset targati Italia si possono ritenere in una posizione tutto sommato tranquillizzante non lo si deve evidentemente soltanto allo scudo di Draghi.