Corriere della Sera, 11 giugno 2016
Alla fine di una civiltà con Luis Antonio de Villena
Shakespeare consumava marijuana? Sartre, mescalina; e diceva: «La vita è una passione inutile». Al contrario, a Luis Antonio de Villena (Madrid, 1951) la vita con passione e sogno (su cui, spesso, interviene il destino) serve per creare un caleidoscopio di immagini, aiutandosi con fotografie e dipinti. Da qui il titolo del suo volume di versi e prose liriche, Imágenes en fuga de esplendor y tristeza (Visor, pp. 242, € 14): ritratti letterari e intimi, piaceri proibiti (ricordate Luis Cernuda?).
Come in un flashback, sfilano personaggi (anche famosi), vengono richiamati episodi veri o possibili di interpretazione. Ricordi – domanda il poeta – chi erano, anche quando si baciavano «come buoni puma»?; sobbalzando, talvolta, come quando ci si sveglia, durante il volo, a causa delle turbolenze che scuotono l’aereo.
Ecco il principe russo; il giovane samurai che si muove a passo di danza come un dandy; la poetessa e maga inglese Kathleen Raine, «anziana, misteriosa e forte» amica di Rosa Chacel e di Rafael Martínez Nadal (intimo di García Lorca), con cui parlare in francese di Platone e Plotino. Su una rivista il poeta, undicenne, incrocia Marilyn, vittima dei barbiturici: ma è così bella che la parola «suicidio» acquista eleganza.
Assieme a Tino, Miguel, Jaime, Valentín, Iván ed altri, sfilano Edgar Lee Masters; Ponzio Pilato (come l’amico Piero); Pu Yi, l’ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci, costretto a conciliare in sé mondi e tempi opposti (ma, alla fine, «siamo tutti l’ultimo imperatore», dice Luis Antonio); Sara Montiel, amante di molti repubblicani, León Felipe compreso, bella come il sole e capace di far innamorare generazioni di ragazzi che frequentavano le sale cinematografiche. Ed ancora: Benito Luna, col quale il poeta divide i giorni più come complice che come amico, parlando di Pessoa e Crowley, dei poemi di Cernuda, Pound ed Anna Wickham. Sulla spiaggia, Benito, disteso su un telo azzurro, ricorda Rimbaud, I canti di Maldoror di Lautréamont e le lune delle vergini impure; poi scompare. Avvertiti ambasciata e consolato, il padre arriva a Lima, va in giro a cercarlo assieme alla polizia peruviana, infine, si rassegna: «Luis, lo abbiamo perduto».
In un pomeriggio del 1982, sulla scena del teatro di carta di de Villena ( nella foto ) appare Borges, «dal sorriso perpetuo». Chiede che qualcuno legga alcuni passi di un suo vecchio racconto; alla fine dice: «Non c’è male, vero? Caramba! Da chi l’ho copiato?».
Ci sono anche Tennessee Williams, conosciuto nel ’73 a Tangeri («Stanco e vivo, depresso ed euforico»); Anna Achmatova, incontrata nel ’65 («Una vecchia cuoca affaticata»), Vicente Aleixandre («Ricevo poche visite. Alcuni temono i morti, ma solo noi poeti sappiamo parlare con loro»). Poteva mancare la Musa perdida ? Beppo, 80 anni, bazzica il Café Gijón, ritrovo dei letterati di Madrid e di quanti vengono da fuori (ci sono andato nel ’77 con Luis Jiménez Martos: aveva appena scoperto la tomba di Juan Valera e ci aveva scritto un libro).
Di Beppo si sa poco. Si vocifera che abbia sposato un principe tunisino che dipingeva acquerelli. De Villena la riconoscerà nella foto, in tenuta bohémienne, di un libro dedicato a Kiki de Montparnasse e agli artisti della Rive gauche parigina: era amica di Modigliani.
Da lontano qualcuno recita versi del poeta greco Kavafis («Tutto fiorisce per un dio sconosciuto, mi consola la bellezza di Callimaco»). Non c’è poesia senza musicalità. A 65 anni, Luis Antonio sente di essere «alla fine di una civiltà», anzi (con la «v» che, nel Rinascimento, sostituisce la «u» nelle iscrizioni), l’ «vltimvs romanorvm».