Corriere della Sera, 11 giugno 2016
Il testa a testa tra Fassino e Appendino
Non ci sono più certezze, neppure sul numero di scudetti della Juventus. Il primo confronto televisivo tra i due aspiranti sindaco di Torino doveva essere all’aperto, in piazza San Carlo, in mezzo alla gente. Chiara Appendino ci stava, alla produzione di Sky, che organizzava, l’idea piaceva molto. Piero Fassino non era d’accordo. Il duello è stato a lungo in forse. Poi la sfidante ha accettato la sfida al chiuso, nella cornice spettrale dello Spazio 5 al Lingotto. Le regole di ingaggio erano state dichiarate fin dall’esito del voto di domenica scorsa. Il sindaco uscente si riprometteva di essere più aggressivo. La giovane manager pentastellata era intenzionata a non deflettere da un linea morbida, fedele alle buone maniere da madamina torinese che le hanno dato fin qui un buon ritorno, non solo di immagine. Ci si aspettava quindi un Fassino all’attacco, pronto a far pesare la sua maggiore esperienza negli scontri diretti, e la rivale sulla difensiva, attenta a incassare con stile. Come non detto. Pronti, via, e la mite Appendino tira fuori le unghie, rifilando un colpo basso a Fassino, uomo che ha vissuto la Torino e la Fiat del Novecento. «Il turismo non basta, la città deve tornare alla sua vocazione industriale perché altrimenti la qualità della vita continuerà a scendere, bisogna fare in modo che le persone non si sentano sole come avviene ora».
Fassino ribatte subito, insistendo sulla sua assenza di progetto. «Sei inadatta a governare» è il suo contropiede. «Nei cinque anni in consiglio comunale hai sempre attaccato senza fare mai proposte» dice senza guardarla ma rivolgendosi all’avversaria accanto a lui. «Quando mi chiamavi Giovanna d’Arco della pubblica morale» è la replica «stavo chiedendo trasparenza sulle finanze delle fondazioni culturali. Facevo vera opposizione, e ne sono orgogliosa».
Grisaglia e tailleur, vestiti sobri per entrambi, nessuna sorpresa. I tacchi molto alti della candidata dei 5 Stelle sembrano una scelta dettata dalla necessità, vista la differenza di statura con l’avversario. Il botta e risposta è finalmente vivace, dopo i soporiferi confronti tra i candidati al primo turno. All’improvviso si è diffusa in entrambi i campi la sensazione che Torino sia contendibile, e quindi non è più tempo per il fioretto.
Le differenze di vedute sono evidenti. A Torino i candidati sovrapponibili non sono di casa. Per il sindaco l’esperienza delle Olimpiadi invernali del 2006 «fu una scommessa vinta, una grande occasione di sviluppo». Appendino replica che non è tutto a posto, le aree dismesse e oggi abbandonate «sono un grande problema».
Sull’annosa questione Tav, pareri che più opposti non si può, favorevole Fassino, «le infrastrutture servono allo sviluppo», contraria la candidata M5S, «non serve, e poi mancano le risorse».
Lo scontro più duro è sulla povertà. Il conduttore del dibattito, Gianluca Semprini, cita un rapporto della Caritas dicendo che in città di poveri ce ne sono centomila. Fassino si impunta: «Non è vero che ce ne sono così tanti». Appendino è lesta: «Trovo brutto che il sindaco neghi che ci sono i poveri». «Non ho detto questo» è la controreplica. L’ex segretario dei Ds chiede all’avversaria come intende governare con un assessore ai Lavori pubblici in pectore convinto sostenitore dell’opzione zero, teorico della decrescita felice. «Costruire senza qualità non ha senso» risponde Appendino.
Gli appelli finali riflettono i temi delle due campagne elettorali. Fassino rivendica i meriti della sua gestione, citando il riconoscimento dell’Unione europea che ha lodato i progressi fatti da Torino nella connessione e nella fruibilità di Internet, ma senza nominarli sembra rivolgersi agli abitanti delle periferie, dove si deciderà la partita. «Votatemi per una città più solidale, accogliente e giusta». Appendino chiede di essere giudicata per la sua squadra di assessori, e ribadisce la sua visione di una città «bisognosa di cambiamento e più aperta al merito». Per i telespettatori di Sky ha vinto lei, giudicata più convincente dal 66 per cento contro il 34 di Fassino.
Ma forse quel che resterà di questo primo confronto è l’unica risposta che entrambi i candidati non hanno saputo dare. «Quanti sono gli scudetti vinti dalla Juventus?» chiede Semprini facendo riferimento all’annosa questione dei due titoli mancanti causa Giraudo&Moggi. «Non sono una secchiona» risponde in evidente imbarazzo Appendino, ex dipendente della Juventus Football club S.p.a. Si ricorda di quella esperienza e cita le sue visite nella sala dei trofei. «Tutti gli scudetti sono buoni» conclude salomonicamente, senza dare il numero esatto. Fassino se la cava meglio, ma di poco. «Ha più di trenta scudetti». Fuochino. I contendenti si sono più volte definiti ferventi tifosi juventini. Urge ripasso.