La Stampa, 9 giugno 2016
Barbe lunghe e tatuaggi: chi sono i nuovi camorristi del clan Barbudos
Barba lunga e folta stile miliziani dell’Isis, oltre al corpo ricoperto di tatuaggi tra cui spicca l’acronimo Acab, eloquente accusa alle forze dell’ordine: All Cops are Bastards, tradotto alla lettera tutti i poliziotti sono bastardi.
Ma è la barba che si impone su tutto, fino a dare il nome, barbudos, alla giovane banda camorrista in guerra con le altre per la supremazia nel mercato della droga.
Quella di Napoli, più che una faida tra clan è una guerra tra gangster urbani. Giovani, giovanissimi, camorristi di terza o quarta generazione che, senza rispettare le regole non scritte dei vecchi boss, sparano all’impazzata a qualsiasi ora del giorno e della notte. La paranza dei bambini la chiamano, considerata la giovane età dei criminali.
Il boss del barbudos, Raffaele Cepparulo, 24 anni, è stato ucciso l’altro ieri in un regolamento di conti in cui ha pagato con la vita la fedeltà ad Antonio Genidoni, uno dei big del rione Sanità arrestato come mandante della strage di via delle Fontanelle, nell’aprile scorso. Cepparulo si trovava in una bisca clandestina insieme ad un altro barbudos, anch’egli ucciso, Ciro Colonna, incensurato ma noto per la sua frequentazione con esponenti della camorra. Il ricorso a giovani ufficialmente incensurati da parte della camorra è peraltro molto diffuso, soprattutto nei casi di trasposto di armi.
Per sfuggire alla guerra tra bande il boss dei barbudos, vicino al clan Genidoni-Esposito-Spina (da tempo in lotta con i Vastarella) si era rifugiato nel quartiere Ponticelli, ma è stato facilmente individuato. Le indagini dei carabinieri del Reparto operativo di Napoli, agli ordini del colonnello Alfonso Pannone, coordinate dal pm anticamorra Antonella Fratello, scavano nel mondo della guerra tra questi gangster urbani. Che si uccidono tra di loro oppure seminano il panico tra la gente sparando contro abitazioni o passanti (la cosiddetta «stesa»).
Lo spaccio di cocaina ed eroina restano la fonte principale di guadagno della camorra. Dall’inizio dell’anno fino all’altro ieri i carabinieri ne hanno sequestrate quasi 2 tonnellate. Recuperate anche 37 armi lunghe (prevalentemente Kalashnikov), 100 pistole e quasi 4 mila munizioni. Le vittime della camorra sono 17 mentre gli arresti sono 198. Al centro della rivalità sanguinaria spiccano i barbudos che affilano le armi anche su Facebook, dove postano foto che diventano un chiaro veicolo di proclami criminali. A partire proprio dal boss appena ucciso: Cepparulo ha pubblicato la sua fotografia mentre bacia sulla bocca un altro barbudos, a sigillare il patto di «tenere sempre la bocca chiusa». Emblematica anche la foto che lo ritrae a petto nudo con il tatuaggio con la scritta inneggiante ad Antonio Genidoni, un altro tatuaggio con la scritta Ciro ‘o spanuolo, il fratellastro di Genidoni ucciso proprio alla Sanità lo scorso anno e che ha dato il via alla faida di camorra tra i “Barbudos” appunto e i Vastarella. Altri giovani camorristi inneggiano sempre attraverso i social media con slogan del genere: «Se capiterà la galera, la faremo a testa alta». Tatuati all’inverosimile scelgono slogan che inneggiano alla «Camorra per la vita» o ricordano compagni caduti in agguati con bande rivali.
Il «battesimo» criminale dei barbudos risale a un anno fa. Cepparulo ed altri tre giovani camorristi vennero arrestati, super armati, mentre stavano per mettere in atto un agguato alla Sanità. Fermavano tutte le Panda, in attesa di quella su cui viaggiava un giovane di un clan rivale. L’omicidio venne sventato e finirono in prigione. Ma le porte del carcere si aprirono dopo appena sei mesi per decorrenza dei termini. Lunedì il drammatico epilogo per il leader dei quattro barbudos.