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 2016  giugno 08 Mercoledì calendario

Se un bund a dieci anni vale 5 miserissimi centesimi

Cinque miseri centesimi. Tanto, anzi sarebbe meglio dire poco, rendeva un Bund a dieci anni ieri. Si tratta di un minimo storico per il titolo di Stato tedesco il cui tasso è precipitato anche al di sotto dei 7 centesimi raggiunti nell’aprile del 2015 e che qualche mese fa si pensava fosse un livello difficile anche da eguagliare. 
Invece il Bund punta di nuovo quota zero, ora come 14 mesi fa, anche se forse con meno clamore. Un decennale tedesco dai rendimenti negativi sarebbe in effetti soltanto una pura notazione statistica: l’abbattimento di una soglia poco più che psicologica visto che, come calcolavano ieri gli analisti di Pictet, già il 70% del debito che la Germania ha sul mercato con scadenza compresa fra 2 e 30 anni ha il segno meno. Il che equivale a dire, in termini pratici, che un investitore deve «pagare» di propria tasca per prestare il denaro a Berlino.
Il 43% dei titoli tedeschi ha addirittura rendimento inferiore a -0,40%, cioè non è più acquistabile dalla Banca centrale europea (Bce) nell’ambito delle operazioni popolarmente definite quantitative easing. Una circostanza questa che aiuta in parte a spiegare perché i tassi tedeschi stiano scendendo sempre di più, dato che l’istituto guidato da Mario Draghi è tenuto ad acquistare in dosi massicce Bund: a maggio, secondo i dati pubblicati due giorni fa dalla stessa Eurotower, ne ha rastrellati per un valore di ben 19,6 miliardi di euro, portando a 191 miliardi l’ammontare complessivo dall’inizio del piano.
Il fatto che una bella fetta dei titoli ancora in circolazione viaggi al di sotto della deposit facility (-0,40% appunto) non fa altro che accentuare la scarsità dei Bund in circolazione che possono finire nei forzieri Bce e quindi anche la pressione sui rendimenti. Se poi si pensa che a maggio l’istituto centrale ha continuato a premere sull’acceleratore (eccedendo addirittura dell’1,6% la quota che di base dovrebbe comprare del debito tedesco, come spiega UniCredit) si può comprendere meglio l’inabissamento dei tassi del Bund.
L’azione della Bce non è però sufficiente di per sé a spiegare gli ultimi movimenti: in fondo Draghi era ben attivo anche un anno fa, quando nel giro di poche settimane il decennale tedesco si impennò da sette centesimi fino quasi a un punto percentuale. Quel balzo però era legato soprattutto ad attese di un ritorno rapido dell’inflazione che poi si sono rivelate molto azzardate, prova ne sia che l’Eurozona è di nuovo in fase di deflazione e la Banca centrale ha dovuto rafforzare quel «qe» che, fra l’altro, da oggi prevede anche l’acquisto di titolicorporate.
L’aggravante, se così si può definire, sta secondo alcuni analisti nella tensione a livello politico che attanaglia l’Europa, dove nella seconda metà di giugno si concentreranno, oltre al secondo turno delle elezioni amministrative italiane, l’incertissimo voto in Spagna e soprattutto lo «spettro» del referendum britannico sulla permanenza del Paese nell’Unione europea. «Nessun operatore vuole restare corto sul Bund alla vigilia di questa scadenza», spiega Christoph Rieger di Commerzbank con un ragionamento che vale forse più in generale che per la giornata di ieri, visto che anche i titoli della «periferia» europea sono stati acquistati e lo spread del BTp si è mantenuto invariato a 129 punti.
L’ultima spinta all’ingiù ai rendimenti tedeschi l’ha in effetti data due giorni fa Janet Yellen, spegnendo una volta per tutte le residue attese di un rialzo dei tassi già fra una settimana da parte della Federal Reserve che lei guida. La conseguente riduzione del Treasury decennale(ieri all’1,70%) ha aggiunto ulteriore pressione al Bund, che all’andamento del titolo di Stato americano è in determinate circostanze come quelle attuali positivamente correlato. Anche per questi motivi, chi si chiede adesso, come un anno fa, se anche il Bund decennale potrà avere un rendimento negativo farà forse meglio a guardare nel breve termine più a Londra e Washington che alle vicende economiche dell’area euro.