La Stampa, 8 giugno 2016
I numeri dicono che l’unico vero vincitore di queste amministrative è l’astensionismo (fatta eccezione per Roma)
Prime analisi sui flussi elettorali. E prime sorprese. Se cresce l’astensionismo, tranne che a Roma, qual è lo schieramento più danneggiato? E chi ruba voti a chi? In estrema sintesi, secondo l’istituto Cattaneo di Bologna, che ha analizzato sette città, ma non Roma e Milano, il centro-destra perde circa 7 punti percentuali rispetto al 2011, ma recupera parzialmente nel confronto con il 2013; il centro-sinistra nel suo complesso perde circa 9 punti percentuali rispetto al 2011, ma cresce leggermente in confronto al 2013; il Movimento 5 Stelle cresce rispetto al 2011, mentre perde circa 4 punti percentuali rispetto alle Politiche del 2013.
È una lettura difficile, l’analisi di questo turno elettorale, perché molto sfaccettata. Effetti collaterali del tripolarismo. Le percentuali, ad esempio, dicono che il M5S è andato benissimo nella Capitale e a Torino, non così in altre città. Quanto basta, a far cantar vittoria a Beppe Grillo che incalza subito Renzi: «Vive nel suo magico mondo. Ieri ha dichiarato “al primo turno abbiamo portato a casa mille sindaci”...». Invece, calcola Grillo: «I candidati piddini che hanno vinto al primo turno sono 18 (non mille), diciotto (non mille)». Subito la replica del presidente del Pd Matteo Orfini: «Fare il calcolo dei voti non è semplicissimo. Quel che è certo è che rispetto al 2013 il M5S perde mentre il centrosinistra cresce».
I numeri assoluti raccontano che l’astensionismo ha colpito duro anche tra i grillini, che hanno perso 24.055 voti a Roma (rispetto alle Politiche 2013, -5,51%), 69.032 voti a Milano (-56,85%), 75.332 voti a Napoli (-68,13%), 15.500 voti a Bologna (-35,52%) e 20.469 voti a Torino (-15,97%). Se il raffronto è con le Europee del 2014, i grillini crescono dove sono stati azzeccati i candidati come a Torino (+8,2%), a Bologna (+1,3%) e soprattutto a Roma (+10,5%), ma altrove perdono. Succede a Milano (-3,9%), Napoli (-16,7%) e Cagliari (-17,5%).
L’istituto Demopolis ha analizzato le variazioni elettorali a Roma e a Milano limitatamente ai due maggiori partiti. Nella Capitale, con poco più del 17%, il Pd perde oltre 250 mila voti rispetto alle Politiche del 2013; il Movimento 5 Stelle lo doppia, con il 35%, pur perdendo come detto 24 mila voti rispetto al febbraio 2013.
È evidente che l’elettorato è in movimento. A Bologna, secondo il Cattaneo, il Pd perde pezzi a beneficio del M5S (il 3,6%) e del centrodestra (2,1%); ma a loro volta M5S e centrodestra perdono consensi.
A Napoli non meraviglia che il 6,2% dell’elettorato grillino abbia scelto De Magistris, un pigliatutto che ha rubato anche al Pd (5,4%), alla sinistra (4,3%) e al centrodestra (2,3%). A Torino, secondo il centro studi Cise-Luiss animato dal politologo Roberto D’Alimonte, «interessante è scoprire che la perdita di 95.000 voti da parte del candidato sindaco del Pd si accompagna a un cambiamento significativo della sua base elettorale». La chiamano una «mutazione genetica» perché hanno scoperto che Fassino conquista nuovi voti dal centrodestra ma ne perde ancor di più a favore del M5S e dell’astensionismo: su 100 elettori di Fassino del 2011, lo hanno seguito nel 2016 soltanto 42; ben 32 di loro avrebbero votato per la Appendino (M5S); 14 si sarebbero astenuti. «Il dato è che un elettore su tre del centrosinistra del 2011 ha votato per il M5S». Tant’è che oggi l’elettorato di Fassino sarebbe composto solo al 65% di ex elettori di centrosinistra e al 26% da ex del centrodestra.
Anche secondo l’Istituto Cattaneo, del voto torinese colpisce soprattutto l’astensionismo: il M5S ha perso una quota del 5,3%, il Pdl lo 7,4%, il Pd l’1,4%. A Torino, però, confermando l’analisi del Cise, la candidata M5S ha intercettato un 4,7% per cento di voti che nel 2013 avevano votato Pd; nulla nel senso inverso. Il sindaco uscente Piero Fassino avrebbe invece attirato un flusso di voti dal centro (5,6%) e dal centrodestra (1,2%).