la Repubblica, 8 giugno 2016
È tornato in galera Rossano Cochis, il vice di Vallanzasca
A dimostrazione che gli anziani non sono più quelli di una volta, ieri è stato arrestato per estorsione Rossano Cochis. Il codino da cavallo è scomparso, le spalle larghe e lo sguardo da «mollami che è meglio» no, sono gli stessi di quando “Nanu”, ex parà della bassa bresciana, era un “durista”, un rapinatore del mucchio selvaggio che fu la Banda della Comasina, legata al nome di Renato Vallanzasca, detto il bel René. Tra rapine in banca, sequestri di persona, evasioni ha partecipato a una lunga stagione nera. Con morti ammazzati nelle banche e in strada.
L’accusa gli arriva dopo 37 anni di carcere e a quasi settant’anni d’età. L’hanno preso in una via del pieno centro, a pochi passi dal Duomo, dove lui, fingendo di essere un avvocato – non gli sono mai mancati la parlantina sciolta e il gusto della battuta – alle tre del pomeriggio provava a chiudere in un bar un “lavoro”, un cosiddetto recupero crediti, iniziato in un altro bar, in viale Monza, con frasi come «So dove abita tua sorella».
Se la storia di questo reato è ancora da capire, visto che resta in ombra il ruolo della società immobiliare che ha assoldato in qualità di “consulenti” ben due ex detenuti, su Cochis non ci sono grandi segreti. Apparteneva infatti all’ultima malavita esibizionista, che a Milano aveva al massimo grado Francis Turatello, detto Faccia d’Angelo, il re delle bische, dei locali notturni e della prostituzione (e non solo), ammazzato nell’81 nel carcere sardo di Badu ‘e Carros da un commando capeggiato da Pasquale Barra detto ‘o Animale.
Allora anche Cochis ci teneva a farsi riconoscere come bandito, come se il delinquente potesse essere un mestiere alla luce del sole. Ed era uno che, per capire meglio lo stile, appena evaso dal carcere di La Spezia era andato con il bel René a liberare Pinella, Antonio Colia, nel carcere di Lodi. Una donna a fingere un colloquio e gli altri con le armi in pugno. Era il 1976. Ma ora, 2016? Ora che tutto è cambiato?
Come altri della Comasina, Cochis sembra rimasto con la testa un eterno giovane dei ‘70. Lo stesso era accaduto a Vallanzasca. Sul suo pesante passato a volte scherzava: «Ai sequestrati chiedevamo: “Vuoi un sequestro di seria A, B, o C? C stai incatenato e prendi le botte sino al rilascio, B puoi girare e chiedere che cosa mangiare, A ti portiamo anche la cocaina e due squillo». Nonostante gli ergastoli, era stato riammesso al lavoro esterno ma, nel giugno 2014, ha perso ogni beneficio dopo l’arresto – lo si ricorderà – in un supermercato di viale Umbria con l’accusa di aver rubato delle mutande e altri oggetti. E Colia Pinella? Sempre due anni fa, ma a marzo, a 67 anni era salito su una potente moto, senza casco aveva “sfrizionato”, e lui, che aveva sparato e rischiato la pelle per le pallottole, era purtroppo morto sul colpo contro un palo, con la sua compagna.
Il fatto è anche che oggi le moto vanno a 300, le strade e i negozi sono diventati un set per le telecamere anticrimine, le indagini non si fanno più con gli estenuanti interrogatori nella notte, ma con le macchine fotografiche e le microspie. Insieme con il ciarliero Cochis, l’ispettore Negro e i detective del commissariato Greco- Turro – diretto da quella Giorgia Iafrate che da neo commissario si ritrovò nella notte in cui Ruby Rubacuori venne fatta uscire dalla questura come se fosse la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak – hanno arrestato per estorsione anche Tino Spera, 62 anni, cerignolano che non apre bocca con «gli sbirri» da decenni. Cochis ha provato a dire che lui no, non c’era, poi gli hanno mostrato la fotografia. Vedendola, non s’è dimenticato una battuta triste: «Io non c’entro, ma chissà mia mamma. Le avevo promesso di mettere la testa a posto». Eterni ragazzi, questi duri della Comasina.