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 2016  giugno 07 Martedì calendario

Parte il più spettacolare esperimento scientifico: un’antenna per onde gravitazionali dai bracci lunghi milioni di chilometri in orbita attorno al Sole

È il momento d’oro per la fisica delle onde gravitazionali. Pochi mesi fa è arrivata la clamorosa rivelazione delle onde prodotte dallo scontro di due buchi neri captate dalle antenne di Ligo in America. Oggi, arriva un annuncio che la comunità scientifica attendeva con ansia: il completo successo di Lisa Pathfinder, la missione spaziale che spiana la strada a quello che è forse il più spettacolare esperimento scientifico in progetto, un’antenna per onde gravitazionali dai bracci lunghi milioni di chilometri, in orbita attorno al Sole, come i pianeti: Lisa.
Non è fantascienza, è un progetto reale, che sta sviluppando l’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Il responsabile della missione Lisa Pathfinder, Stefano Vitale, dell’Università di Trento, misura le parole: «Il risultato è un passo avanti notevole, alcuni ordini di grandezza, nella capacità di metter delle masse di prova in caduta libera», ma poi non nasconde l’entusiasmo: «Quando abbiamo visto i risultati, non credevamo ai nostri occhi. La missione ha mostrato che questo è il futuro per osservare l’universo».
Il progetto e il nome
Andiamo con ordine. Prima di tutto Lisa in realtà oggi si chiama eLisa. Sta per Antenna Spaziale Interferometrica Evoluta. Lisa è il vecchio nome del progetto, quando era europeo-americano. Gli americani si sono sfilati, e il progetto è stato riconsiderato dalla sola Agenzia spaziale europea, aggiungendo la «e» al nome. Ma si fa fatica a staccarsi dai vecchi nomi, e per gli amici è sempre Lisa, pronunciato all’Italiana, come Lisa dagli occhi blu (Ligo invece si pronuncia «Laigo»). Oggi, che le onde gravitazionali sono al centro dell’interesse della scienza, si riparla del rientro sia degli americani che dei cinesi, e il nome finale ancora non è stato fissato.
I tre satelliti e il laser
L’idea di Lisa è terribilmente semplice: tre satelliti che fluttuano liberi nello spazio e laser potenti che misurano la distanza fra loro. Quando passa un’onda gravitazionale, questa distanza cambia, oscilla, perché questo è un’onda gravitazionale: una minuta modifica dello spazio che lo stira e lo contrae. I laser misurano le minute oscillazioni nelle distanze fra i satelliti, e in questo modo «vedono» l’onda gravitazionale. Un’antenna gravitazionale funziona meglio se ha i bracci più lunghi. Bene: facciamoli lunghi milioni di chilometri. Sulla Terra non ci sta, e neppure in orbita intorno alla Terra. Bene: la mettiamo in orbita intorno al Sole.
Ovviamente farlo è complicato. Servono laser che puntano un piccolo satellite a un milione di chilometri di distanza. Bisogna impacchettare tutta la tecnologia necessaria e spedirla laggiù, in orbita intorno al Sole, con la ragionevole sicurezza che tutto funzioni da solo, senza possibilità di andare a calibrare o rimettere a posto le cose: là neanche gli Shuttle ci arrivano. E sopratutto bisogna schermare il satellite da tutte le sorgenti di movimento spurie, come polvere, vento solare, radiazione, e quant’altro, che lo fanno sobbalzare.
L’esperimento
Il modo per correggere questi disturbi è ingegnoso, ed è il cuore dell’esperimento: ogni satellite contiene all’interno una cavità ben schermata, all’interno della quale fluttua (nello spazio le cose fluttuano, non cadono) un cubo di metallo di un paio di chilogrammi. Attorno al cubo stanno sensori che ne percepiscono la posizione e governano delicati propulsori all’esterno del satellite, che muovono il satellite in modo che il cubo rimanga nel centro. Il cubo fluttua indisturbato perché il satellite lo protegge; il satellite usa la posizione del cubo come riferimento per cancellare ogni forza spuria che tenda a spostarlo. Tutto questo, con delicatezza micrometrica. A milioni di chilometri dalla Terra. E a milioni di chilometri da un satellite fratello dove fluttua un altro cubo simile. I laser devono misurare oscillazioni della distanza fra i due cubi con la precisione di un miliardesimo di un millesimo di millimetro.
La simulazione
Sembra un progetto folle, e prima di dare via libera a Lisa, l’Esa ha chiesto di vedere questa tecnologia in funzione. Il team di Lisa Pathfinder, un paio di migliaia di scienziati di sette Paesi guidati da Stefano Vitale e Karsten Danzmann ha mostrato che si può fare. Per questo è stata montata la missione Lisa Pathfinder. «Pathfinder» significa esploratore. Un solo satellite invece di tre; spedito per vedere se le componenti chiave del sistema funzionano davvero.
Il satellite è stato lanciato il 3 dicembre scorso, ha raggiunto la sua orbita intorno al Sole, nel punto chiamato punto di Lagrange L1, il punto di equilibrio fra il Sole e la Terra, dove non si casca né verso il Sole né verso la Terra. Dentro il satellite stava un braccio di Lisa in miniatura: due cubi di metallo a distanza di mezzo metro, invece che un milione di chilometri. (I due cubi sono di oro-platino e per quanto ne so ora sono rimasti là. Se qualcuno vuole andare a recuperare quattro chili di oro-platino, penso che possa andarli a prendere: sono nel punto Lagrange L1 fra la Terra e il Sole).
L’obiettivo era mostrare che è possibile schermare i cubi, misurare la distanza fra loro con un piccolo laser e verificare che non si muovono, alla fantastica precisione di un miliardesimo di millesimo di millimetro. Dalla qualità del risultato dipendeva il destino di Lisa. Oggi l’annuncio: obiettivo centrato in pieno. «È la luce verde per Lisa» dice raggiante Stefano Vitale, che ha passato trent’anni della sua vita inseguendo questo obiettivo.
Il lancio nel 2029
Lisa è il progetto che da sempre mi fa sognare. Sembrava troppo difficile, oggi è diventato possibile. C’è già una data preliminare prevista per il lancio: il 2029. Non è ancora certa, perché non c’è ancora l’ok definitivo dell’Esa. Io lo aspetto: se non lo facciamo, perdiamo un sogno. È il più grande esperimento mai fatto dall’umanità. La più vasta struttura mai costruita, oltre 100 volte più estesa che la Muraglia cinese. Due sterminate linee di luce che si allungano nello spazio siderale, quasi ad abbracciarlo, per sentirne le vibrazioni minute, che ci porteranno notizie dell’universo lontano. Ci mostreranno cose dell’Universo che ancora non sappiamo. Un nuovo fantastico strumento per vedere. Sulle orme di quel giorno fatidico in cui Galileo alzò il piccolo cannocchiale verso le stelle, e ci aprì l’Universo.