la Repubblica, 5 giugno 2016
Almanacco delle stramberie elettorali
Capre democrat al guinzaglio, ruspe giocattolo con Salvini, funivie metropolitane a cinque stelle, pergamene calabresi in onore di Denis Verdini, “fine tessitore e illuminato politico”.
Cosa non si vede, cosa non si fa per raschiare il fondo bituminoso del barile elettorale!
Beppe Sala ha cantato alla radio “Bandiera rossa” e visto che c’era ha rivelato di essersi pure fumato uno spinello. Belen è scesa in campo con Parisi, ma poi non era mica tanto vero. Giachetti ha cucinato la pastasciutta in diretta social. Adinolfi ha promesso di perdere 40 chili in due mesi. Fassino ha esibito la cagnetta Nina, trovatella adottata nel 2009. In caso di vittoria, De Magistris si tingerà i capelli di azzurro. In caso di sconfitta, Beppe Grillo si darà fuoco. Coraggio, però: se Dio vuole è finita.
Ma la testa rimane lo stesso piena di stralunatissimi ricordi e personaggi, una specie di Isola dei famosi con l’aggravante dei destini collettivi affidati a un torneo dalle incerte regole, fra lotteria, megalomania, ipocrisia e ordalia. Soubrette, omonimi, impostori, musulmani, parenti, testimonial, grevi e teneri gaffeur. Efe Bal che dispensa ragionevoli valutazioni civiche. L’immancabile nonno di Marchini che gli insegnò ad occultare la Ferrari per non dar nell’occhio. I discendenti di Alessandro VI che protestano per il nomignolo affibbiato a “Borgia” Meloni, pure detta “Pancetta nera”. Le orecchie che spuntano dai capelli di Virginia Raggi, «potrei dire – ha spiegato lei – per sentirci meglio». E l’estrema zampata di Berlusconi: la pensione alle mamme.
Con questa storia che la politica è fatta anche di sogni, un candidato di Bologna del Partito comunista dei lavoratori ha proclamato con grande serietà in un dibattito televisivo che il suo programma è – sarebbe di portare i pensionati e i bambini poveri in vacanza a Portofino e i ricconi di lì, viceversa, trasferirli ai lavori sociali nella sua città. A Napoli un omone candidato verdiniano si è fatto ritrarre nei manifesti in doppia immagine con il politico defunto, di cui era il tuttofare, inaugurando una sorta di spiritismo elettorale e di garanzia.
Vero è che l’Italia resta il paese della commedia e del melodramma, per cui non solo Irene Pivetti ritorna, ma si concede di definire l’evento simile a una “reunion dei Pooh”. Fatto sta che nel pieno di una profonda crisi di legittimità e di rappresentanza di quello che un tempo si designava ceto politico, mai come in questi due tre mesi la campagna elettorale è finita per configurarsi come un flusso di studiata bizzarria, autentico delirio e indispensabile intrattenimento.
Fra tanto materiale, umano e non solo, tali fattispecie hanno trovato una mirabile sintesi nella figura del senatore Antonio Razzi, personaggio sintomo per eccellenza, che fin dall’inverno scorso si era prenotato una candidatura a sindaco di Roma. Ebbene, prima che con “sofferta decisione” rinunciasse all’ambizioso traguardo, Razzi ha fatto in tempo a lanciare, contro il flagello dei topi, che pure nell’Urbe non mancano certo, quella che con il dovuto arbitrio si può classificare come la più formidabile e straniante trovata della presente e desolata stagione progettuale: «Ho già preso contatto per far arrivare a Roma qualcosa come 500 mila gatti asiatici (presumibilmente nordcoreani, ndr) da dislocare nei punti nevralgici della città».
E tuttavia, nel frattempo, Marchini proponeva l’istituzione di cimiteri per animali domestici; Bertolaso si trasferiva a dormire in certi bed and breakfast di borgata; La Russa proponeva a Berlusconi una scommessa da 50 mila euro; Valente faceva video-jogging con Iggy Pop in sottofondo; Sala dimenticava di autocertificare una casa di vacanza in Svizzera; Meloni piombava come una furia su miserabili mercatini rom procedendo al sequestro delle merci; e di Giachetti, sia pure con qualche pudore, venivano divulgati alcuni frammenti poetici dalla raccolta “Tramezzino”: “Cerco il ritmo per un sogno vero/ costretto in una misura/ che non mi contiene più”.
Certo, parecchio attiene anche alla responsabilità dei giornalisti e dei media. Vedi ad esempio il titolo filastrocca: “La moldava di Schettino tifa Fassino”. Ma la sconnessione civile non è mai apparsa così vicina all’euforia, e il senso del limite assomiglia a un orizzonte abbastanza perduto.