il Fatto Quotidiano, 5 giugno 2016
Franceschini si è dimenticato delle biblioteche statali
Forse la battuta che Mario Tronti, filosofo e tra i padri dell’operaismo italiano, oggi senatore del Pd per volere di Pier Luigi Bersani, dedicò alla “politica della cultura” di Walter Veltroni, risuonerà in questi giorni alle orecchie di Dario Franceschini: il programma pare essere, diceva, “musei aperti anche di notte e biblioteche chiuse anche di giorno”.
È il 27 maggio quando al ministero dei Beni culturali ci sono cinque dimissioni. Un membro del Consiglio superiore e tutti e quattro i componenti del Comitato scientifico per le biblioteche e gli istituti culturali. Giovanni Solimine, ordinario di Biblioteconomia alla Sapienza di Roma. Mauro Guerrini, ordinario di Biblioteconomia a Firenze. Il direttore della Biblioteca nazionale di Firenze, Luca Bellingeri. L’archeologo Paolo Matthiae e Gino Roncaglia, filosofo e saggista. Nonostante il ministro abbia chiesto (anche con una lettera su Repubblica) che ritirassero le dimissioni, oggi sono ancora effettive.
Una reazione che arriva con la pubblicazione del bando di concorso per l’assunzione di 500 funzionari nei Beni culturali. Solo il 5 per cento è destinato a coprire i vuoti d’organico delle biblioteche statali, che in Italia sono 47, da quelle Nazionali di Roma e Firenze alla reale di Torino fino a quella dei Girolamini di Napoli. “La distribuzione è stata fatta con criteri aritmetici – spiega al Fatto Giovanni Solimine – e sono stati considerati i dati dell’organico del ministero del 2015. Numeri vecchi”.
Il dato nasce dalla schedatura delle figure professionali dipendenti dal ministero: archeologi, storici dell’arte, bibliotecari. Così risulta servano almeno 25 bibliotecari. Il 35% di chi è identificato come bibliotecario, però, non lavora nelle biblioteche, ma in altri uffici. “Non volevamo fossero privilegiate le esigenze delle biblioteche – dice Solimine – la sofferenza c’è ovunque. Volevamo solo che si considerasse il reale fabbisogno. Ma le biblioteche non hanno la stessa risonanza dei musei”. Non sono adatte agli spot.
Il Consiglio superiore aveva anche presentato una mozione per segnalare i problemi delle strutture e suggerirne le soluzioni: dall’assenza di piani organizzativi alla carenza di organico, dall’irrazionale distribuzione del personale (una delle maggiori biblioteche italiane, l’Alessandrina di Roma, ha appena cinque funzionari, direttore compreso) all’assenza di figure tecniche (un solo restauratore alle Nazionali di Roma e Firenze, nessuno a Napoli, 15 informatici distribuiti fra tutte). E l’invecchiamento del personale.
Secondo un’indagine, solo il 2,7% ha meno di 50 anni, più di sei su dieci ne hanno 60 e più, cioè andranno in pensione nei prossimi 5 anni. “Il personale – dice Solimine – è stanco, frustrato, senza prospettive. Gli orari di apertura si riducono sempre più, non si acquistano libri, la qualità del servizio scende. E c’è un calo continuo dell’utenza”. Dati Mibact: i lettori annui sono circa 1,4 milioni (erano 2,5 nel 1996). Le opere consultate sono passate da 3,5 milioni a 1,7. Si sono dimezzati i prestiti.
“Senza organico qualificato queste strutture non funzionano – spiega Mauro Guerrini, dimissionario e ordinario a Firenze – La sfida dell’era digitale ha bisogno di menti fresche e giovani. Dovremmo poter essere competitivi. La digitalizzazione è invece a macchia di leopardo”. Guerrini sogna i cosiddetti open linked data: cataloghi, testi e volumi raggiungibili da ogni dispositivo. “Se si googlano Garibaldi o Leopardi devono venire fuori anche i cataloghi delle opere che li riguardano”. L’idea è creare un’infrastruttura che, come in Germania, faccia incontrare analogico e digitale. “Si dice che ormai è tutto sul web. Ma qualcuno ce lo ha messo. Per questo c’è bisogno di organizzare e offrire servizi innovativi, con giovani e personale qualificato. E di un progetto. Altrimenti si rischiano privatizzazioni e chiusure”. E se è vero che nell’ultimo anno sono quasi raddoppiati i fondi (la statale di Roma riceverà circa 5 milioni di euro per il 2016, Firenze almeno 3), saranno assorbiti tutti dalle spese di funzionamento e manutenzione. Niente tutela, né catalogazione, né acquisto di materiale librario. Il confronto è impietoso. La biblioteca centrale di Parigi riceve 250 milioni all’anno e ha più dipendenti di tutte le 46 italiane messe assieme. Quella di Londra ne riceve circa 150.
“Il concorso è solo l’ultimo anello di 2 anni in cui siamo stati da un lato trattati bene, dall’altro un po’ messi da parte– spiega Guerrini – È lo staff del ministro che decide, ma sarebbe stato più coerente discuterne insieme. È vero che siamo un organo consultivo, ma allora perché nominarci se nessuno ci ascolta?”