il Fatto Quotidiano, 5 giugno 2016
Quanto è costata questa campagna elettorale?
Quella che si è appena chiusa è stata una campagna elettorale dal basso profilo: poche cene, meno manifesti, molto web (e tanto photoshop). Ma non sono scomparsi i cari vecchi pullman e nemmeno i camion-vela e i faccioni 6×3. Eppure, le prime cifre dichiarate dalla maggioranza dei candidati in corsa sembrano lontanissime da quelle con cui si chiuse la scorsa tornata amministrativa: quella, per intenderci, che a Roma vide Gianni Alemanno sfiorare il tetto massimo della raccolta fondi consentita, con 1 milione e 700 mila euro di uscite messe a bilancio. Non che ci voglia molto, a salire con gli zeri: un maxi-cartellone affisso per un paio di settimane in Corso Buenos Aires a Milano può superare i 25 mila euro, al netto della scontistica applicata a chi acquista un pacchetto di inserzioni. Niente offerte, il preventivo è ufficiale, per chi vuole occupare uno spazio sui mezzi dell’Atac, l’azienda del trasporto pubblico di Roma: un mese di campagna “all inclusive” costa 145 mila euro. Non sarà quindi che le spese dichiarate oggi siano destinate a lievitare domani? Per avere i dati definitivi bisognerà aspettare settembre, quando scadrà il termine di tre mesi entro cui i candidati sono obbligati a pubblicare il rendiconto. Solo allora conosceremo cifre e volti dei finanziatori, sempre che abbiano versato più di 5 mila euro, la soglia sopra cui la trasparenza è obbligatoria.
Milano, l’asse Sala-Expo e i 650mila euro di Parisi
Il primato delle spese elettorali, a Milano e nell’Italia intera, va a Giuseppe Sala, candidato del centrosinistra: aveva dichiarato 1 milione di budget, ora stima di investire 800 mila euro, di cui 600 mila già spesi e 540 mila già raccolti. Al budget del candidato si aggiungono i soldi dei partiti che lo sostengono. Il Pd dichiara 200 mila euro. SinistraxMilano ne mette 52 mila. La civica di Beppe Sala, NoiMilano, 51 mila. Italia dei Valori, 41 mila.
Il candidato del centrodestra, Stefano Parisi, dichiara di aver raccolto 650 mila euro e di averne spesi finora 450 mila: 124 mila in manifesti, 153 per agenzie, 74 mila in manifestazioni, 26 mila per i collaboratori, 73 mila in spese varie. I partiti che lo sostengono ci hanno aggiunto: 205 mila, la lista Parisi; 454 mila, Forza Italia; 100 mila, la Lega; 360 mila, Milano Popolare, la lista di Maurizio Lupi; 14 mila, Fratelli d’Italia; 4 mila, i Pensionati. Cinque anni fa, l’allora Pdl aveva investito ben 3 milioni di euro e la Lega 350 mila. Gli altri candidati sindaco: Basilio Rizzo, 25 mila euro. Marco Cappato e i Radicali, 30 mila; Nicolò Mardegan, 20 mila euro, da sommare al budget del candidato sindaco di 45 mila euro. I 5Stelle, che nel 2011 avevano speso solo 7 mila euro, quest’anno, con il candidato Gianluca Corrado, ne prevedono 25 mila. I supporter di Parisi hanno aperto una polemica con Sala, accusato di impiegare nella campagna elettorale uomini e strutture che hanno lavorato per Expo: dal suo portavoce, Roberto Arditti, già direttore comunicazione e relazioni esterne dell’evento, alla Sec di Fiorenzo Tagliabue, la società di comunicazione che ha lavorato prima per l’Esposizione e ora per l’elezione di Sala. “Fa campagna coi soldi di Expo”, denunciano.
Roma, “cassa” Marchini e l’incognita Paypal
La sfida in Campidoglio, a stare alle auto-dichiarazioni, la vince Alfio Marchini: circa 600 mila euro, in buona parte autofinanziati. Lo spoglio dei voti dirà se un tale impegno economico sarà servito almeno a superare il 9,5% raccolto alle Amministrative 2013, per le quali ha certificato 700 mila euro di spese. Anche stavolta l’imprenditore, ora appoggiato da Berlusconi e Storace, ha puntato su una campagna tradizionale (e costosa): affissioni 6×3 e autobus.
Quanto agli altri candidati, Virginia Raggi sul suo sito rendiconta in tempo reale uscite per 144.428 euro. Per lei niente cartelloni, ma a differenza delle scorse Comunali stavolta anche l’M5S è ricorso ai manifesti sugli autobus oltre che ai consueti spot on line. Di sicuro la Raggi è la regina del crowdfunding, con 116.038 euro ricevuti da 5.274 donatori tramite versamenti online.
Un sistema di raccolta fondi poco apprezzato da Giorgia Meloni, che rivendica di essere l’unica ad avere agito a norma di legge, ovvero con un conto corrente intestato al mandatario elettorale. “Gli altri – spiega – usano metodi opachi intestandolo a fantomatici comitati o il sistema poco trasparente del paypal”. Finora la Meloni ha dichiarato di spendere circa 120 mila euro a fronte dei 280 mila ipotizzati per l’intera campagna (eventuale ballottaggio compreso).
Roberto Giachetti, infine, finora ha rendicontato 60 mila euro a partire dalla campagna per le primarie. Dal suo comitato precisano che si potrà fare un conteggio definitivo solo a fine campagna. Di sicuro il candidato Pd ha raccolto circa 15 mila euro tramite una piattaforma web, dove è possibile vedere l’elenco dei donatori: c’è chi sceglie di rimanere anonimo, ci sono militanti dem e anche una scuola in estrema periferia. Giachetti però ha usufruito anche di fondi erogati dal partito: le ultime dichiarazioni depositate alla Camera parlano, per il Pd Lazio, di 163 mila euro disponibili.
Fanalino di coda è Stefano Fassina, che si aggiudica la palma della trasparenza: sul suo sito è disponibile l’intero elenco di sostenitori e spese con relativa causale. Per il deputato di Sinistra Italiana finora 55.373 euro spesi, a fronte di altrettanti incassati tra donazioni di singole persone, aziende, partiti che lo sostengono e un contributo personale di circa 15 mila euro.
Torino, Fassino 9 a 1 M5s vende colombe
Qui la differenza dei budget è schiacciante. Il sindaco uscente Piero Fassino, candidato del Pd, spende nove volte quello che investe la sua principale avversaria, Chiara Appendino, M5S: 370.500 euro il primo (ma per ora ne ha spesi meno), quasi 40 mila la seconda. “Abbiamo fatto una programmazione delle spese e la stiamo seguendo – spiega Gioacchino Cuntrò, tesoriere del Pd torinese e presidente del comitato elettorale di Fassino –. Il consuntivo non sono ancora in grado di darlo, ma siamo sotto: abbiamo razionalizzato e abbiamo annullato la festa di chiusura per il maltempo”. Nel bilancio fatto prima dell’inizio della campagna sono stati previsti circa 227mila euro per i materiali di propaganda e 53mila euro per la stampa di materiali e manifesti, oltre a 45mila euro di extra. I soldi arrivano dai contributi stanziati dai candidati, dal partito e dalle cene di autofinanziamento “da 50 o 100 euro”. Alle cene i 5Stelle hanno preferito panettoni, uova di cioccolato e colombe. Dalla vendita hanno raccolto circa 40 mila euro: “1.300 panettoni a Natale, 500 uova e 300 colombe a Pasqua – spiegano dal comitato Appendino –. Poi sono arrivati soldi dall’asta di opere d’arte, tra cui i due disegni offerti da Dario Fo”. Il M5S ha stampato manifesti e volantini per 20 mila euro circa, a cui si aggiungono 4 mila euro di pubblicità web. Meno di lei ha speso il candidato di “Torino in Comune” Giorgio Airaudo, che aveva preventivato una spesa di 36mila euro circa: “Quei soldi avevamo raccolto e quelli abbiamo speso”, spiega. I fondi sono arrivati da contributi dei sostenitori, “il più alto è stato di 300 euro”, dice. Si aggira sui 40 mila euro la spesa di Osvaldo Napoli, in corsa per Forza Italia: “Li ho messi di tasca mia e abbiamo organizzato una cena di finanziamento per raggranellarne ancora un po’”. Sfora il centrista Roberto Rosso: aveva messo in conto 47 mila euro, ma sono quasi triplicati: “Dobbiamo saldare ancora le ultime fatture – spiega Mario Ferrero, il suo mandatario –. Siamo sui 120 mila euro”.
Napoli, Lettieri fa da sé San Francisco tifa “Gigi”
Con il suo reddito da un milione di euro, l’imprenditore Gianni Lettieri, candidato del centrodestra, stanzia 250 mila euro. Si tratta quasi interamente di fondi personali, solo una piccola parte è frutto di crowdfunding. Il budget copre le spese della campagna del sindaco e delle tre civiche collegate (i partiti che lo appoggiano utilizzano altri fondi). Più articolato il finanziamento del candidato sindaco Luigi de Magistris, che ha messo in conto spese 120 mila euro. Una somma raccolta a tappe, prima e dopo l’ufficializzazione della discesa in campo, comunque scontata da tempo. Una considerevole parte dei fondi è stata costruita attraverso le tessere di adesione all’associazione ‘Dema’, creata da de Magistris l’anno scorso e animata dal suo spin doctor, il fratello Claudio: 10 euro a tessera, 50 euro per i soci sostenitori, circa 2.000 gli iscritti. Un’altra parte dei ricavi arriva dal libro scritto a più mani, Voci sulla città, che racconta i 5 anni della giunta De Magistris. Poi ci sono le cene, tante, da 500 euro a coperto. Una si è svolta a San Francisco in un ristorante italoamericano, “Locanda Positano”. Simpatizzanti paisà per il sindaco arancione. Più o meno sulle stesse cifre, la campagna elettorale della candidata sindaco Pd, Valeria Valente: 140 mila euro ottenuti da un finanziamento del Pd nazionale e da due cene a Napoli alla presenza di esponenti del governo Renzi. Il comitato elettorale renderà noti i nomi e l’entità dei finanziamenti solo dopo le elezioni. Infine il candidato M55 Matteo Brambilla: non sforerà i 10 mila euro.
(A cura di Gianni Barbacetto, Andrea Giambartolomei, Vincenzo Iurillo, Andrea Managò, Paola Zanca)