Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 05 Domenica calendario

David Trezeguet parla degli Europei e del calcio che vince la paura

Nella colorata fusione etnica della Francia campione del mondo e d’Europa fra il 1998 e il 2000, David Trezeguet portava la nota sudamericana, con la sua forte argentinità. A vent’anni aveva già vinto il Mondiale e l’Europeo, firmato con il crudele golden gol che condannò l’Italia: roba da predestinato. La firma con la Juventus, un mese dopo, lo consacrò come uno dei più grandi centravanti del mondo e uno degli stranieri più amati nella storia del club bianconero, dove continua a lavorare. Ma tutto è iniziato in Francia, 18 anni fa, con quella nazionale che da “Bleus, Blanc, Rouge” divenne “Black, Blanc, Beurs” mescolando razze, etnie e storie in un’alchimia mai più ritrovata e che oggi, in questa Europa senza bussola e con tanti mal di pancia contro gli immigrati, sembra passato remoto da libri di storia.
Trezeguet, quale ricordo conserva di quel 12 luglio 1998 e del 3-0 contro il Brasile? 
La vittoria della coppa del Mondo è stato il premio più bello della mia vita, anche perché raggiunto nel mio Paese, la Francia, che si era preparata con partecipazione all’evento e che si strinse attorno alla squadra con affetto. Fu un’esperienza unica perché, oltre al lato sportivo, trionfò un lato umano che non conoscevamo: i Bleus unirono i Francesi. E con la Francia ai piedi dell’algerino Zidane abbiamo lanciato un messaggio importante: la diversità è un valore. Saper ascoltare culture diverse, esperienze di vita lontane dalla tua fa crescere le persone e le rende migliori. 
Poi è venuto il trionfo all’Europeo del 2000, con il suo golden gol che fece piangere l’Italia… 
Andammo a quella manifestazione con il desiderio di fare finalmente la doppietta Mondiale-Europeo e ci riuscimmo contro l’Italia, con il mio golden gol e così, quando alla fine di quell’estate arrivai alla Juventus, i tifosi mi percepirono come colui che aveva fatto perdere l’Europeo all’Italia di Zoff. Poi, però, con il lavoro, la dedizione alla maglia bianconera, i tanti gol sono diventato un beniamino della tifoseria.
E, ora, che Europeo sarà? Quanto è forte la sua Francia? 
La Francia, quando organizza manifestazioni in casa, si trasforma e vince: così è successo all’Europeo del 1984 con la classe di Platini e poi nel 1998. Ora una nuova prova. Ci sono fra i Blues grandi individualità, a partire da Pogba e soprattutto c’è un allenatore, Didier Deschamps, che conosce bene l’ambiente e ha grande esperienza.
La Francia riuscirà, come nel 1998, a trasformare un Paese in affanno? 
I problemi sociali sono all’ordine del giorno in Francia. Ci sono rigurgiti razziali, la gente nelle piazze contro la riforma del lavoro, la grande paura per possibili attentati, il problema degli immigrati. Ma credo che il governo stia organizzando al meglio la sicurezza attorno a stadi e campi di allenamento e che riusciremo a vincere le paure. L’Europeo sarà una festa dello sport, che sa vincere paure e populismo. Lo sport non è l’unica soluzione ma, come ci ha insegnato il Mondiale 1998, è di grande aiuto, sa unire i popoli.
Quali sono le squadre che possono arrivare in finale? 
Il Belgio ha un ottimo collettivo con tanti giovani e desiderosi di fare bene, di mettersi in mostra; la Francia è una seria candidata ad arrivare in fondo, e ci sono le eterne Spagna e Germania.
Come vede l’Italia di Conte? 
L’Italia, che è alla ricerca di se stessa, è per tradizione sempre una squadra da temere e può contare su una base fortissima, che si conosce a memoria – e cioè tutta la linea difensiva juventina composta da Buffon, Barzagli, Chiellini e Bonucci – e su giovani di valore, potenzialmente interessanti come Florenzi, Candreva, Zaza, El Shaarawy. Quindi, se si aggiunge una qualche sorpresa, forse l’Inghilterra, il Portogallo o la Svezia, assisteremo a una rassegna molto interessante.
Sarà un torneo capace di lanciare messaggi di pace e dialogo? 
Non possiamo nasconderci: la Francia e l’Europa, in generale, stanno attraversando una fase storica complicata ma credo che lo sport, linguaggio capito da tutti, sappia creare unione, riesca a offrire un clima pacifico di cui potranno godere tutti i tifosi che verranno in Francia.
Trezeguet, dopo tre scudetti (compreso quello revocato nel 2004-05), due supercoppe, un campionato di B e decine di gol al fianco di Alessandro Del Piero, e di tre Palloni d’oro (Zidane, Cannavaro e Nedved), appese le scarpette al chiodo, è presidente delle Juventus Legends e ambasciatore del club bianconero nel mondo. Perché c’è così tanto affetto attorno a questa iniziativa? 
Con le Legends portiamo nel mondo i valori della Juve e la sua storia ma, più in generale, è il calcio ad entusiasmare. Questo mio nuovo lavoro mi affascina perché la gioia che vedo negli occhi dei più giovani mi riempie di felicità. I bambini sono il futuro del mondo: a loro dobbiamo insegnare, attraverso lo sport, beni fondamentali come l’accoglienza e il rispetto dell’altro.
Quello che il 20enne David Trezeguet respirava in quella Francia del 1998, campione del mondo, modello di integrazione ed ebbra di felicità per giorni.